(aprile 2016)

All'inizio l'establishment ha pensato che fosse una semplice chimera. Se proprio il fenomeno Trump non si fosse sgonfiato da solo, sembrava comunque qualcosa di cui potersi liberare facilmente. Qualche strillo sui media, qualche "Oddio avete sentito cosa dice?", un'alzata di spalle con sufficienza. Ma più veniva attaccato e schernito, più lui rispondeva a tono, più lui rifiutava di farsi intimidire e tornare sui suoi passi, e più lui guadagnava consensi. Chiunque provava ad attaccarlo, tra i giornalisti e gli altri candidati, ne usciva con le ossa rotte.

Ad un certo punto il problema è diventato serio. Il vantaggio nei sondaggi ha continuato a crescere. E' divenuto sempre più probabile che continuando così Trump avrebbe facilmente vinto la nomination.  E allora tutti i candidati, di tutti i partiti, tutti i media, di vari paesi, hanno fatto a gara per la stridulità nel denunciare Trump. "Razzista" è naturalmente la principale accusa, tra infinite altre. Per avere un'idea della situazione, si pensi che circa un mese fa Trump è apparso sulla copertina di The Economist descritto come la principale minaccia globale per il pianeta, o qualcosa del genere! Non sto a ricordare tutti gli episodi di questa allucinante campagna mediatica di demonizzazione, ma se ne sono sentite delle belle. L'establishment controlla entrambi i partiti e non ne vuole sapere di Trump, uomo fuori dal loro controllo, che si autofinanzia e non guarda in faccia a nessuno.

Insomma, è diventato chiaro che Trump, dopotutto, in qualche modo non deve essere così male, se viene attaccato ifino a questo punto. E la curiosità e l'appoggio dei libertari americani per lui sono esplosi.

Ma, al di là dell'apprezzamento per le risposte politically incorrect, per la sua indipendenza, per il rifiuto di farsi intimidire, ci sono ragioni per i libertari di sostenere Trump? Qui si è scatenata la bagarre. Il fatto è che molte delle cose che Trump dice non solo non sono in linea con i principi libertari, sono proprio in aperto contrasto. In particolare, le continue esternazioni in senso protezionistico, quelle favorevoli all'assistenza sanitaria pubblica e quelle favorevoli all'espansione dell'esercito sono  terribili*(vedi nota a fondo pagina).

(Invece tutto il clamore sul presunto "razzismo" è esclusivamente fumo sui media e non merita di essere preso in considerazione seriamente - ricordando che i media hanno accusato di razzismo persino Ron Paul, qui mi limito a dire che verosimilmente, per tutta la sua storia personale, Trump è il candidato meno razzista tra tutti quelli presenti, di entrambi i partiti).

Alex Jones, dopo il ritiro del patetico Rand Paul, ha abbracciato con entusiasmo il candidato Trump, pur riconoscendo che non sia "perfetto". Lew Rockwell non si è mai sbilanciato, ma è evidente che lo vede con favore, ricordando che proprio Rothbard vedeva il populismo in una luce non sfavorevole. Walter Block ha addirittura fondato il movimento "Libertarians for Trump". Sono in corso accesi dibattiti tra Block e Robert Wenzel, quest'ultimo ancora categorico nel suo rifiuto di concedere che Trump sia un candidato in qualche modo sostenibile dai libertari.

Ma l'opinione più interessante, per quanto mi riguarda, è sempre quella di Ron Paul. Questa volta non condivido appieno il suo atteggiamento. Ron Paul è rimasto imperterrito nella sua critica a Trump, affermando che non sia meglio dagli altri candidati (e lui non ne appoggia nessuno), inoltre dicendo di temerne l'autoritarismo. Non posso che capire Ron Paul, sapendo che tipo di persona è. Ron Paul, se esprime giudizi su un candidato, lo fa sulla base di quello che costui afferma, prendendo le sue parole con la massima serietà. E, senza  il minimo dubbio, è proprio così che si dovrebbe fare; Ron Paul è un uomo di impeccabili principi e di educazione di altri tempi.

Invece, per anche solo cominciare a contemplare l'idea di sostenere Trump, è necessario immaginare che alcune cose lui "le dica ma non le pensi sul serio". Certamente a guardarci bene non dice cose peggiori degli altri candidati, anzi, nel complesso migliori, certo è che spesso anche lui dice cose "inascoltabili". Però, è evidente che si tratta di una persona completamente diversa, e molto migliore, anche solo dal punto di vista umano, rispetto a qualsiasi degli altri candidati.

The Donald è veramente quello che appare. Questo in alcuni casi può non essere il massimo, però si tratta di un uomo sincero, di grandi capacità, convinto della necessità di quello che sta facendo. Nell'intraprendere questa campagna aveva solo da perderci. Dalla sua vita molto confortevole e felice, è passato a girare l'America in lungo e in largo, mentre i media lo insultano costantemente, oltretutto accusandolo per atti di violenza ai suoi comizi, causati in realtà da gruppi prezzolati verosimilmente organizzati dai suoi avversari.

Per questo penso che The Donald, al di là del giudizio sui programmi che presenta, meriti ammirazione e simpatia, per il coraggio, l'impegno e l'indipendenza. Inoltre, la campagna di Trump ha messo a nudo la natura dell'establishment, e questo è già un risultato importante.

Poi c'è Roger Stone. Roger Stone è la persona intervistata in questo articolo. Consulente politico e insider alla Casa Bianca per tutta la vita, ha recentemente scritto libri che raccontano i misfatti delle famiglie Bush e Clinton. E' impegnato in una sorta di guerra personale contro l'establishment di oggi. Non ha un ruolo ufficiale nella campagna di Trump, ma è chiaro che si tratta di una delle persone più importanti e più ascoltate da Trump. E' ora iscritto al Partito Libertario, e capisce perfettamente le idee e le ragioni del movimento che fa capo a Ron Paul. Ha detto ai libertari, quasi scusandosi per alcune esternazioni di Trump sulla politica estera, "certamente non è perfetto", implicando che comunque sia un uomo che merita di essere votato, e che probabilmente una volta eletto agirebbe in senso più vicino alla libertà di quanto appaia ora. Roger Stone si sta spendendo in maniera intensissima per Trump, ed è uno stratega prezioso e per nulla ingenuo. Ma in generale c'è tutta una "vecchia guardia" di commentatori seri e stimati, in passato spesso con ruoli importanti, e ora consapevoli che la situazione è ormai così brutta che non temono di esprimere opinioni fortemente controcorrente. Certamente sono favorevoli a Trump gli autori che qualche volta traduco, come Eric Margolis, Pat Buchanan, Paul Craig Roberts, ma anche tantissimi altri.

Per me non si tratta, come invece sostiene Walter Block, della miglior scelta rispetto alle alternative. Il minore dei mali non è mai una buona scelta. A me sembra che Trump rappresenti dopotutto una scelta positiva, certamente tutt'altro che perfetta, ma agli antipodi, non semplicemente meno peggio, rispetto a tutte le alternative. E, certamente, lui e Roger Stone stanno mettendo in scena una battaglia avvincente!

Nei paesi occidentali, fuori dagli Stati Uniti, a quanto mi risulta, non c'è proprio nessuno, tra i politici e i commentatori in vista, ad avere espresso qualche forma di apprezzamento per Trump. Ad esempio, ne hanno parlato molto male anche Boris Johnson e Silvio Berlusconi. Il trattamento riservato a Trump nei paesi occidentali (dopotutto, è quantomeno una persona che non ha mai fatto male a nessuno, a differenza della criminale sanguinaria Hillary, di cui tutti conoscono il ruolo almeno nel disastro della Libia) mostra quanto questi paesi siano supini e allineati ai comandi dell'establishment, che odia Trump.  L'unico ad aver espresso qualche forma di ammirazione per le capacità e il coraggio, tutto sommato innegabili, di Trump è stato Vladimir Putin. In America hanno cercato di sfruttare le parole di Putin come ulteriore critica a Trump, da cui ci si aspettava prendesse le distanze dal presidente russo demonizzato in America; e lui, senza la minima esitazione, mettendo in mostra un'umiltà inattesa, più o meno ha detto: "è un grande onore per me che un uomo come il presidente russo ecc ecc". Wow!

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*[Update 1/5/16: nel discorso di politica estera di questa settimana Trump ha detto chiaramente che intende rinforzare e ricostruire l'esercito, ma smettere di usarlo in senso aggressivo, mentre in precedenza aveva fatto affermazioni un po' contradditorie. Una difesa forte è un principio libertario.]

Update 9/5/16: Trump a volte esprime idee economiche di presa populista ma decisamente lontane dalla teoria economica solida, come supporto per leggi di "minimum wage" e "aumento delle tasse per i più ricchi".

Update 02/06/16: la scorsa settimana c'è stato uno scambio tra Alex Jones e Ron Paul, in cui Jones ha invitato Ron Paul ad esprimere una forma di appoggio di Trump, anche se non totale. Ron Paul ha ribadito il suo punto di vista, dicendo che apprezza Trump per l'importante risultato contro la political correctness, però non può appoggiarlo in quanto in politica estera ed economia si contraddice spesso e non è chiaro quello che pensa realmente. "That's why I'm so hesitant [to support him]", ha detto Ron Paul. In un'altra intervista, Ron Paul ha detto che potrebbe essere portato a rivedere la sua posizione se Trump si esprimesse a favore del libero mercato. La coerenza di Ron è veramente straordinaria! In questo momento perde seguito non appoggiando Trump, eppure continua imperterrito a non farlo, e lo farà solo in base a quanto dirà Trump. In ogni modo, sia Lew Rockwell sia altri siti genuinamente libertari, tra cui il Ron Paul Institute, continuamente criticano chi attacca Trump; non è esattamente un endorsement, però è comunque un riconoscmento.

 

 

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