Il conto a carico di chi paga le tasse per mantenere artificialmente in vita Alitalia è destinato a crescere, come peraltro avviene ininterrottamente da decenni. L’ultima tappa in ordine di tempo è l’amministrazione straordinaria, con tanto di prestito ponte (un ponte che finisce in un burrone) di 600 milioni per evitare il blocco dell’operatività.

Meno di 10 anni, regnante Berlusconi, fa Alitalia era stata già divisa in bad e good company, e nel 2015 Renzi ci raccontava delle magnifiche prospettive di Alitalia, in questo confermando l’ipotesi che il vero erede di Silvio sia proprio lui.

Nel frattempo i dipendenti del gruppo hanno potuto usufruire di scivoli molto generosi per uscire, mentre quelli rimasti hanno continuato a credere (e probabilmente hanno avuto ragione) di lavorare per una società statale. Lo si capisce quando si vola con Alitalia, oppure si sentono le dichiarazioni di dipendenti e sindacalisti.

Uno dei tre commissari straordinari, Luigi Gubitosi, ha nei giorni scorsi detto cose che hanno del grottesco, come: “per trovare un partner dobbiamo essere appetibili, un’azienda efficiente, che vola e va bene.”

Qualcuno gli dica che non ha alcuna speranza di poter rimpiazzare Tom Cruise nei prossimi episodi di “Mission Impossible”. E credo che neppure chi scrive quei film, per quanto irrealistici, arriverebbe a impostare una trama sul salvataggio di Alitalia, con una compagnia che, dopo due ore di film, esce dalla terapia efficiente e competitiva.

Ma Gubitosi non ha detto solo cose grottesche. Ha anche giocato a fare l’esperto col senno di poi.

Per il 2016 erano stati fatti contratti per non pagare il carburante più di 68 dollari, peccato che il prezzo del petrolio è andato più in basso, a 48 dollari circa. Oggi questa differenza vale circa 128 milioni di euro ed è questa la prima cosa su cui stiamo lavorando… il potere del commissario è anche quello di poter sciogliere certi contratti. Siamo tre commissari, ma tendo a pensare che saremo dell’idea di scioglierli.”

Non è per nulla sbagliato cercare di coprire il rischio connesso all’andamento dei prezzi delle materie prime che si utilizzano. E un’operazione di copertura non la si deve giudicare ex post come un’operazione di trading. Semmai Gubitosi dovrebbe appurare se all’epoca quegli hedging sul prezzo del petrolio sono stati fatti a condizioni di mercato o a condizioni penalizzanti per la compagnia. E sciogliere oggi quei contratti non è privo di costi, perché il mark to market va comunque pagato per intero.

Alla fine Gubitosi arriva ad affermare che Alitalia “vola e continuerà a volare come ha sempre fatto. I voli sono estremamente regolari, l’obiettivo è che l’utente Alitalia non si accorga di nulla.”

Porsi l’obiettivo che l’utente Alitalia non si accorga di nulla è da un lato realistico, ma è anche in conflitto con l’obiettivo principale di avere una compagnia efficiente che attragga un compratore. L’utente dovrebbe accorgersi di un miglioramento. Ma mi rendo conto che questo sarebbe fuori dalla portata anche del migliore Tom Cruise in Mission Impossible.

(Matteo Corsini)

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