Non essendo riuscito a raggiungere la poltrona di presidente della Consob, suppongo che continueremo a leggere i suoi articoli pubblicati sul Sole 24Ore alla domenica. Mi riferisco a Marcello Minenna, antiteutonico in servizio permanente e altrettanto in modo permanente fautore di forme più o meno finanziariamente sofisticate di porre parzialmente a carico di altri i debiti della Repubblica italiana (molti sono a mio parere null’altro che versioni finanziarie del gioco delle tre carte).

Minenna sostiene che, entrando nell’area dell’euro, i Paesi periferici abbiano subito una rivalutazione del cambio effettivo, mentre per la Germania è avvenuto il contrario. Il che è vero, ma è altrettanto vero che nessuno aveva la pistola puntata alla tempia per aderire all'unione monetaria.

Il problema è che agli italiani della moneta unica è stata presentata da chi governava solo la faccia della medaglia contenente i vantaggi. La faccia contenente i sacrifici necessari per godere di quei vantaggi sono stati omessi, come spesso accade. La storia delle promesse di paradiso terrestre ottenuto mediante ricorso al deficit, a cui continuamente la maggior parte degli italiani crede, conferma che il problema esiste.

Fatto sta che Minenna ha ben pensato di rendere lo “svantaggio” italiano ancora più evidente correggendo l’andamento del cambio non solo per l’andamento dei prezzi al consumo (come è fatto convenzionalmente), bensì considerando anche lo spread tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e tedeschi.

I tassi di cambio reali non sono più una metrica esaustiva e dovrebbero essere aggiustati per riflettere gli aspetti finanziari sopra descritti (costo e offerta del credito). Una buona proxy è offerta dagli spread tra i rendimenti dei titoli di Stato: gli spread esprimono infatti la diversa rischiosità dei paesi e, quindi, si riflettono sull’intera economia di una nazione, incluse le condizioni di finanziamento per il corporate. Rettificando opportunamente i cambi reali con lo spread, si ottiene un indicatore (una sorta di tasso di cambio reale finanziario) che fotografa bene lo scenario attuale. Dall’inizio della crisi questa metrica si è deprezzata per la Germania del 20%, per la Francia del 10%, mentre Italia e Spagna registrano rispettivamente un apprezzamento nell’ordine del 10% e del 20%. Difficile competere quando i divari sono così ampi, specie con una moneta comune.”

Per come la mette Minenna sembra che la responsabilità del debito pubblico sia da attribuire anche a chi non lo ha contratto. Se per comprare il debito italiano gli investitori richiedono un premio per il rischio elevato sarebbe bene chiedersi il perché. Minenna preferisce seguire un’altra via:

L’Eurozona non può convivere con squilibri così macroscopici. Servono soluzioni improntate alla condivisione dei rischi e ad un assetto federale, capaci di azzerare gli spread tra titoli governativi, omogeneizzare l’inflazione e ripristinare davvero un clima di concorrenza leale come previsto dai Trattati.”

Quindi, se il Paese X si indebita eccessivamente, il Paese Y che lo ha fatto di meno dovrebbe essere chiamato a essere solidale, per far sì che i tassi di interesse chiesti a X non siano superiori a quelli che deve pagare Y. Il tutto in nome della “concorrenza leale”.

A me pare evidente che non ci sia alcuna base per avanzare una pretesa del genere, né per incontrare assenso da parte altrui. D’altro canto, se si applicasse lo stesso ragionamento a livello di debitori privati, si arriverebbe alla pretesa di avere lo stesso tasso di interesse per tutti coloro che chiedono un prestito, a prescindere dalla loro capacità patrimoniale e reddituale di far fronte ai debiti.

Una assurdità, evidentemente. Forse non per Minenna.

(Matteo Corsini)

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