Il 25 luglio si è tenuta la terzultima riunione del consiglio direttivo della BCE sotto la presidenza di Mario Draghi. A distanza di sette mesi dalla sospensione degli acquisti netti mensili (sono però proseguiti i reinvestimenti di cedole e somme in scadenza), la banca centrale ha lasciato intendere che a settembre potrebbe effettuare un nuovo taglio del tasso sulla deposit facility (oggi già a -0.40%), introducendo però un meccanismo che contenga le penalizzazioni per le banche con riserve in eccesso. Ha inoltre fatto riferimento all’ipotesi si riprendere il quantitative easing.

Il tutto era già atteso da operatori di mercato (e sperato da politici) intossicati di liquidità, per i quali la politica monetaria non è mai abbastanza espansiva.

Durante la conferenza stampa, un giornalista ha rivolto a Draghi questa domanda:

Se quattro anni di QE e 2,6 trilioni non hanno funzionato e non hanno raggiunto l'obiettivo, in che modo più QE potrebbe essere d'aiuto e cosa sarebbe diverso?

Questa la risposta del presidente della BCE:

Prima di tutto, ha funzionato. Ha funzionato perché ha aumentato l'inflazione da dove era nel 2014. Allo stesso tempo, si sono materializzati una varietà di rischi. Ciò che la politica monetaria ha fatto è in realtà aver contrastato l'influenza, l'effetto che questa materializzazione di vari rischi avrebbe potuto avere sull'attività economica e sull'inflazione. Per quanto riguarda l'attività economica, si può dire che ha davvero funzionato, nel senso che siamo passati dalla massiccia disoccupazione a una condizione che la maggior parte delle persone definirebbe, certamente in alcuni paesi, come una piena occupazione. Ogni volta che ci riuniamo, abbiamo il numero di posti di lavoro creati che continuano ad aumentare. Ora siamo a 11 milioni in un periodo di cinque, sei anni. Mai così tanti posti di lavoro sono stati creati in questa parte del mondo in un arco di tempo così lungo. Noi definiamo le condizioni affinché le pressioni sui costi siano trasferite in pressioni sui prezzi. Ora, questo pass-through sta impiegando più tempo del previsto ed è per questo che dobbiamo continuare a essere persistenti e pazienti. A proposito, questo rallentamento del pass-through non è qualcosa che stiamo sperimentando solo nell'area dell'euro, come sapete. È piuttosto diffuso, ma ciò non esenta la politica monetaria dall’eseguire il suo compito e fare ciò che è necessario per raggiungere il suo obiettivo. E lasciatemi ripetere qui: è la politica fiscale che sarà presto chiamata ad agire.”

Come è noto, l’obiettivo di inflazione della BCE consiste in una crescita dei prezzi al consumo al di sotto ma prossima al 2% annuo nel medio termine. Una definizione, soprattutto nel riferimento al medio termine, che lascia abbastanza margini di discrezionalità.

Sta di fatto che quando a giugno le aspettative della crescita dei prezzi al consumo a 5 anni tra 5 anni sono arrivate attorno a 1.10%, le pressioni di mercato affinché la BCE riprendesse a stampare a pieno ritmo sono via via aumentate, e prossimamente pare proprio che i tossici di cui sopra saranno accontentati.

Il dato di fatto è che è bastato alleggerire la pressione del piede sull’acceleratore monetario per vedere queste aspettative scendere. Magari non è l’unica causa, ma un qualche indizio di dipendenza da droga monetaria a mio parere c’è.

Ad ogni modo, sul finale Draghi ha chiamato in causa anche la politica fiscale, probabilmente pensando soprattutto alla Germania.

Sui rischi che si sono materializzati, Draghi non ha approfondito, probabilmente perché voleva essere rassicurante. C’è però un rischio che deriva direttamente dalla politica monetaria espansiva e che Draghi si è ben guardato dal trattare, ossia il rigonfiamento sui prezzi degli asset finanziari e la compressione artificiale dei premi per il rischio.

Non si spiegherebbero altrimenti le decine di migliaia di miliardi di titoli obbligazionari a tassi negativi o rasoterra, anche quando emessi da soggetti dai bilanci tutt’altro che solidi. Tutto questo ha creato un contesto nel quale solo la permanenza di tassi rasoterra può evitare default a catena di dimensioni massicce.

Più il tempo passa, però, più deve aumentare la dose di stimoli per evitare che tutto imploda, rendendo al tempo stesso potenzialmente più dannosa la deflagrazione, dato che basta una correzione sempre più piccola per avere un effetto sempre più grande a causa dell’aumento della leva complessiva.

L’incidente prima o poi ci sarà, e non dubito che si darà la colpa al mercato, alla speculazione e all’avidità. Perché la politica monetaria avrà “funzionato”.

(Matteo Corsini)

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