Anni prima del "climate change", la guerra al DDT

3 giugno 2017

La decisione di Trump sul ritiro americano dagli accordi di Parigi sul clima è del tutto coerente con quanto promesso in campagna elettorale, ma ora che si profila realmente i soliti portavoce del progetto globalista reagiscono istericamente un po' ovunque.

Trump non ha neanche negato le "preoccupazioni per il clima" , ha solo detto che l'accordo è "pessimo" e va riformulato. Tuttavia, è chiaro che si tratta di un punto di rottura.

Un paio di giorni fa sul IlGiornale è apparso un articolo di Antonino Zichichi, con qualche nota molto pacata sul fatto che "Trump scientificamente non ha torto". Zichichi invita a non confondere inquinamento e emissione di anidride carbonica, ricordando inoltre, con grande cautela, che le variazioni del clima difficilmente sono imputabili all'aumento di anidride carbonica nell'atmosfera.

In realtà, le variazioni climatiche sulla Terra sono dovute principalmente all'attività solare. L'effetto serra, senza il quale la temperatura terrestre sarebbe più bassa, è dovuto ad una miscela di gas di cui il principale è il vapore acqueo. La quantità di anidride carbonica nell'atmosfera è molto piccola, al punto da costituire il 'collo di bottiglia' per la fotosintesi. Le emissioni di anidride carbonica dovute ad attività umane costituiscono una piccola percentuale dell'anidride emessa naturalmente dal pianeta. Un'eruzione vulcanica di una certa entità può emettere in breve tempo molta più anidride carbonica di quanto normalmente accada in un anno.

Il punto del "climate change" non è il clima, non è il pianeta, non è la salute: il punto è il controllo sulle attività produttive. Lo spostamento del controllo da individui, comunità e nazioni verso un governo globale. In più, il solito velato messaggio anti-umano, implicando che l'uomo sia nocivo al pianeta.

Pensate che la stessa gente che promuove gli "accordi per il clima" sia spinta da reale preoccupazione per il pianeta e per gli uomini? Pensate abbiano qualche remora a inquinare e distruggere, visto che sembrano così ansiosi di proteggere l'ambiente? No, sono gli stessi a cui non importa proprio nulla se l'ambiente viene distrutto, magari dalle guerre. Sono pronti a lanciare bombe nucleari, solo perché la Russia rifiuta di piegarsi alla loro volontà. Tra loro ci sono multinazionali che hanno portato distruzione un po' ovunque nel mondo.

A me sembra che tutto questo sia molto chiaro in ogni singola occasione in cui si sente parlare di "climate change". Basta anche solo considerare da vicino chi sono le persone nel mondo a promuovere la necessità di "ridurre le emissioni".

Invece, parlando con le persone, appare evidente che tanti ci credono realmente, anche persone molto intelligenti, istruite, con buona preparazione scientifica. Quando provo ad approfondire, a chiedere le ragioni su cui basano la loro posizione, le risposte sono vaghe, piene dei luoghi comuni della propaganda. Confondono inquinamento ed effetto-serra senza battere ciglio.  In realtà non sanno nulla.

Il meccanismo con cui la gente si lascia convincere è ben collaudato: la ripetizione prolungata delle notizie, da più parti, l'impressione che opinioni contrastanti siano state confutate, che ogni dubbio sia stato fugato. Si parla di "man-made climate change" da così tanto tempo che evidentemente deve essere vero (anche se prima, uh, si chiamava global warming, e anche negli accordi di Parigi si parla di aumento della temperatura, che però non sta avvenendo). Ci sono numeri sulle emissioni ovunque. Il clima cambia (come ha sempre fatto, da molto prima delle "emissioni"), così si finisce per associare le naturali fluttuazioni a quello che si sente dire incessantemente sul "climate change".

L'articolo di Zichichi contiene una frase inserita lì senza enfasi, forse pochi ci avranno fatto caso, sembra quasi innocua. In realtà quello che Zichichi cita è una bomba. Scrive Zichichi che in passato sono stati fatti molti errori sulla base di allarmi ambientalisti, e tra questi cita il caso del DDT. Zichichi riesce anche ad accennare al fatto che il bando del DDT ha causato milioni di morti evitabili. Uh?! Milioni di morti per un errore ambientalista... quanti saranno saltati sulla sedia leggendo?

Il DDT.... penso che a molti il nome dirà qualcosa. Ma suona come una cosa di tanto tempo fa... è ancora importante?

La campagna ambientalista contro il DDT ci riporta indietro agli anni '60 e '70. Costituisce il modello originale di scenario catastrofico ambientalista con annesso movimento di protesta, e ha tracciato lo schema per praticamente tutti i maggiori temi di questo tipo che hanno riempito i giornali da allora. E' una storia che credo tutti dovrebbero conoscere.

La racconto riassumendo il saggio di James P. Hogan dal titolo Salviamo le zanzare: la guerra al DDT.  Poi concludo con qualche commento mio. Il materiale di questo saggio di divulgazione è tratto principalmente da Ecological Sanity, di George Claus e Karen Bolander.

da Salviamo le zanzare: la guerra al DDT (James P. Hogan, 2004)

La malaria e il DDT

Il più letale singolo killer di esseri umani, lungo tutto il corso della storia, è la malaria. Prima degli anni ’40, venivano contratti annualmente 300 milioni di nuovi casi; 3 milioni delle persone colpite morivano. Ogni anno c’erano da 6 a 7 milioni di casi negli Stati Uniti, soprattutto nel Sud e in parte della California.

La malaria è causata da un genere di protozoo (la più semplice forma animale, a cellula singola) chiamato Plasmodium, di cui esistono quattro specie. [....] La varietà falciparum può uccidere fino al 40% di chi è colpito. Le vittime sono soprattutto i bambini sotto i cinque anni. Per quelli che sopravvivono, lo schema continua per diversi mesi, poi lascia spazio a periodi senza sintomi intervallati da ricadute che si ripresentano ad intervalli che variano tra un anno e dieci anni. Gli effetti possono essere debilitanti al punto da rendere inabile l’80% della forza-lavoro, con conseguenze quali l’incapacità di provvedere ai raccolti, rendendo quindi la popolazione vulnerabile a tutte le minacce legate alla malnutrizione e alla compromissione del sistema immunitario, come epatite, tubercolosi, dissenteria, febbre da tifo. La trasmissione da persona a persona ha luogo tramite l’ingestione di sangue infetto da parte delle femmine della zanzara anofele e la re-iniezione del Plasmadium in una nuova vittima.

Dal momento che, nel corso della storia, eliminare le zanzare non era mai stato possibile, i tentativi di limitare la diffusione della malattia erano diretti alla distruzione degli ambienti di riproduzione. I due metodi principali erano la bonifica delle paludi e degli acquitrini, sin dal tempo dei Romani, e l’inondazione dei laghi e dei terreni paludosi con materiale oleoso dalla primavera all’autunno, per impedire la respirazione alle larve delle zanzare.[...]

Nel 1939, Paul Mueller, un chimico che lavorava per la J. R. Geigy in Svizzera, sviluppò un composto, il dicloro-difenil-tricloroetano (DDT), combinando clorali con idrocarburi e fenoli; tale composto era economico, facile da produrre e usare, non tossico per i mammiferi e le piante, ma molto tossico al contatto per gli insetti e vari altri artropodi. Gli alleati riconobbero rapidamente il suo valore per gli usi di guerra e trovarono che era efficace al 100% come fumigante contro le zecche e le petecchie che trasmettono il tifo, causa di milioni di morti tra civili e militari in Europa nella prima guerra mondiale. All’inizio del 1944, un’epidemia incipiente di tifo a Napoli fu fermata con nessun effetto collaterale avverso, a parte qualche caso di lieve irritazione della pelle, dopo che con tecniche convenzionali si erano ottenuti solo risultati limitati. Un’epidemia conclamata a Dakar, nell’Africa Occidentale, fu fermata usando il DDT per eliminare le farfalle che la diffondevano; fu impiegato con grande successo contro la malaria in aree sull’oceano Pacifico, nell’Asia sud-orientale, e in Africa. Dopo la guerra, il DDT divenne ampiamente disponibile non solo per la riduzione delle malattie trasmesse dagli insetti, ma anche per un ampio spettro di infestanti agricoli, forestali e animali. I risultati in tutto il mondo sembravano confermare la promessa dell’insetticida perfetto.

Per combattere la malaria, era sufficiente spruzzare le pareti e il soffitto delle abitazioni una o due volte l’anno. Le zanzare della malaria vi sostavano quando erano inattive e il DDT penetrava attraverso le zampe. L’incidenza di malaria in India negli anni ’40 era di più di cento milioni di casi all’anno, con 2,5 milioni di morti. Nel 1962 queste cifre erano scese a 5 milioni e 150mila, mentre l’aspettativa di vita era salita da 32 a 47 anni. Un flacone da 1,5 once di soluzione di DDT copriva circa dieci metri quadrati di parete. Il costo per vita umana salvata risultava pari a circa venti centesimi di dollaro all’anno. Nello stesso periodo, la produzione di grano dell’India aumentò da meno di 25 a più di 100 milioni di tonnellate all’anno grazie alla combinazione di riduzione di insetti nocivi e di forza-lavoro più in salute. A Ceylon – l’attuale Sri Lanka – le cifre della malaria si ridussero da 3 milioni di casi e 12000 morti all’anno all’inizio degli anni ’50 ad un totale di 31 casi nel 1962, e 17 casi l’anno dopo, e nessun decesso. In Pakistan nel 1961 furono registrati 7 milioni di casi di malaria, che scesero a 9.500 nel 1967 dopo l’introduzione di un intenso programma di applicazione del DDT.

In Africa, in quello che è considerato il suo secondo più importante beneficio sanitario dopo la riduzione della malaria, il DDT si dimostrò efficace in un programma per il contenimento della mosca tse-tse, che trasmette il protozoo responsabile della terribile malattia del sonno e anche mortali malattie del bestiame. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanitaà, divennero disponibili 40 milioni di miglia quadrate di terra prima inabitabili per l’uomo a causa dell’infestazione da mosca tse-tse.

Un’altra seria minaccia per l'uomo, in certe zone dell’Africa e dell’America Centrale, è la mosca nera che trasmette i vermi parassiti della “cecità fluviale”. Prima dell’introduzione del DDT, più di 20mila persone erano cieche a causa di questa infestazione, con incidenze che arrivavano al 30% della popolazione di alcuni villaggi. Le larve delle mosche vivono nei torrenti e si era dimostrato impossibile tenerle sotto controllo, fino a quando, negli anni ’50, avvenne un fortunoso incidente nel bacino del fiume Volta: un mulo che trasportava DDT in polvere scivolò attraversando un torrente, facendo cadere il carico in acqua. Le larve delle mosche nere morirono fino a un miglio più in basso senza che ci fossero effetti negativi per le altre forme di vita acquatiche; di conseguenza fu attuato un programma di trattamento dei fiumi, riducendo notevolmente il numero di vittime di cecità fluviale. Non erano richieste né maschere né tute di protezione per gli operatori. In tutto questo periodo non fu riportato neanche un caso di malattia causata dal DDT tra i circa 130mila addetti al trattamento, né tra i milioni di persone le cui abitazioni furono trattate. S.W. Simmons, direttore del ramo tecnologico del Centro per le Malattie Trasmissibili del Servizio Sanitario Pubblico degli USA, affermò nel 1959:

Il valore del DDT per l’umanità è inestimabile. La maggior parte dei popoli del globo ne ha ricevuto benefici o direttamente con la protezione da malattie infettive e da insetti infestanti, o indirettamente con miglior nutrizione, cibo più sano e maggior resistenza alle malattie. La scoperta del DDT resterà per sempre un evento storico per la salute pubblica e l’agricoltura.

Inizia l'assalto: Silent Spring

Nel 1962, la naturalista e scrittrice Rachel Carson pubblicò un libro dal titolo Silent Spring (Primavera silenziosa). Era un’accusa eloquente ed appassionata contro quello che molti cominciavano a vedere come sconsiderato assalto chimico, in nome di un umanitarismo fuorviante, e come ricerca di profitti a spese dell’ambiente naturale. Il principale oggetto di quest’accusa era il DDT. Il tenore generale può forse essere espresso dai seguenti brani, tratti dal primo capitolo, “Una fiaba per domani”, che per l’esecuzione e l’effetto merita di essere definito geniale.

“Una volta c’era una città nel cuore dell’America in cui tutta la vita sembrava vivere in armonia con quello che le stava attorno. La città si trovava in mezzo ad una scacchiera di floride fattorie, con campi di grano e colline di orti in cui, in primavera, nuvole bianche di fioriture ondeggiavano sopra i campi verdi.”

Si dilunga poi nella descrizione del quadro idilliaco e conclude “Così era stato sin dai giorni di molti anni fa quando i primi coloni innalzarono le loro case, scavarono i pozzi e costruirono i fienili.” E quindi continua:

“Poi uno strano flagello cominciò a diffondersi nella zona e tutto cominciò a cambiare. Qualche incantesimo maligno si era insediato nella comunità: malanni misteriosi spazzavano via interi pollai; le mucche e le pecore si ammalavano e morivano. Ovunque c’era ombra di morte. I contadini parlavano di malattie diffuse nelle loro famiglie. In città i medici erano sempre più sconcertati dai nuovi tipi di malattie che comparivano tra i loro pazienti.

C’era una calma strana. Gli uccelli, ad esempio – dove erano andati? ... I pochi uccelli che si vedevano da qualche parte erano moribondi; tremavano violentemente e non potevano volare. Era una primavera senza voci. La mattina, un tempo brulicante con i cori dell’alba ... solo il silenzio regnava sopra i campi, i boschi e gli acquitrini.

I lati delle strade, una volta così piacevoli, ora erano fiancheggiati da vegetazione scura e avvizzita come fosse stata spazzata dal fuoco. Anche queste piante erano silenziose, abbandonate da ogni cosa vivente. Perfino i torrenti erano senza vita. I pescatori con le canne non vi andavano più, perché tutto il pesce era morto.

Nei canaletti sotto le grondaie e tra le assi dei tetti si vedevano ancora chiazze di una polvere bianca e granulosa; qualche settimana prima era caduta come neve sopra i tetti e i prati, i campi e i torrenti. Né la stregoneria, né l’azione di un nemico aveva bloccato la rinascita della vita in questo mondo disastrato: la gente stessa l’aveva fatto.”

J. Gordon Edwards era un professore emerito di entomologia alla San Jose State University in California, praticamente per tutta la vita membro onorario della Academy of Science della California.  Faceva parte sia della Audubon Society sia del Sierra Club [N.d.T.: società ambientaliste], che aveva pubblicato il suo libro Climber’s Guide to Glacier National Park. Aveva certamente tutte le credenziali per qualificarsi come sincero amante della natura e come scienziato preoccupato per la protezione degli esseri viventi. Nel 1992 egli scrisse riguardo a Silent Spring:

“... Ero entusiasta. Facevo parte di diverse organizzazioni di tipo ambientalista, non avevo alcun senso di rispetto verso l’industria o i grandi business, uno dei miei libri era stato pubblicato dal Sierra Club, e avevo scritto articoli per riviste ecologiste....  acquistai una copia del libro appena la potei trovare nei negozi.” “Mentre leggevo i primi capitoli, notai molte affermazioni che mi resi conto essere false; tuttavia, può succedere di chiudere gli occhi di fronte a cose del genere, quando sono prodotte dalla propria fazione...”

Ma, giunto a metà del libro, la sua sensazione era diventata che “Rachel Carson stesse realmente giocando in libertà con i fatti e deliberatamente scegliendo le parole per alcune frasi in modo tale da dare l’impressione di implicare certe cose senza effettivamente dirle.” Consultando i riferimenti citati nel libro, Edwards riscontrò che questi non fornivano supporto alle affermazioni riguardo ai danni causati dai pesticidi. Concluse: “Quando scienziati di prestigio cominciarono a pubblicare dure critiche ai suoi metodi e alle sue accuse, lentamente mi divenne chiaro che Rachel Carson non era interessata alla verità su questi temi, e che in realtà mi stavo facendo abbindolare, insieme a milioni di altri americani."

Milioni di altri americani, tuttavia, non possedevano le conoscenze in materia che possedeva Edwards, né leggevano le riviste su cui scienziati di spicco pubblicavano le loro critiche. Quello che vedevano era la frenesia sensazionalista dei giornali e dei media, la nascita di gruppi d’azione che scoprivano una crociata morale con potenzialità senza precedenti di raccolta fondi, e politici in competizione per visibilità pubblica come paladini della causa. Nel luglio 1969 la National Audubon Society distribuì diciassettemila opuscoli ai suoi soci, sollecitandoli a sostenere la posizione secondo la quale il DDT doveva essere bandito in tutti gli Stati Uniti e le esportazioni dovevano essere proibite. Nel febbraio 1971 il direttore del Sierra Club dichiarò: “Il Sierra Club vuole il bando dei pesticidi, non la loro riduzione, persino nei paesi tropicali dove il DDT tiene sotto controllo la malaria.”

L'offensiva si sviluppa

L’attacco contro il DDT si basava, essenzialmente, su tre accuse ad ampio spettro: (1) che interferisse con la riproduzione degli uccelli, causando massicce perdite tra le popolazioni aviarie; (2) che persistesse nell’ambiente e la sua concentrazione fosse maggiore nei livelli alti della catena alimentare; (3) che causasse il cancro. Mentre tutte queste affermazioni continuavano ad incontrare vigorosa opposizione all’interno della comunità scientifica, nell’immaginario popolare era dipinta una battaglia eroica dal basso che riguardava tutti.

L’immaginario e le pressioni politiche connesse ebbero effetti anche oltreoceano. Molti paesi che avevano partecipato con energia alla guerra contro la malaria ridussero o abbandonarono i loro piani. Nel 1967 l’Organizzazione Mondiale della Sanità modificoò l’obiettivo ufficiale da “eradicazione” mondiale a “controllo della malattia ove possibile”. In India, dove gli ufficiali sanitari ad un certo punto avevano creduto che la malaria fosse sul punto di essere eradicata, il numero di casi ritornò ad un milione nel 1972, e quadruplicò entro il 1974. Ceylon, che nel 1963 aveva portato l’incidenza a soli 17 casi senza morti, fermò il suo programma sulla base dei proclami e dell’opposizione pubblica in Occidente. Il numero di casi risalì a 308 nel 1965; 3.466 nel 1967; 17.000 a gennaio del 1968; 42.000 in febbraio, e da allora in poi, milioni.

Un fenomeno nuovo in mezzo a tutte le passioni istigate in questo contesto fu il progressivo affermarsi di gruppi di scienziati che prendevano posizioni apertamente partigiane su temi controversi. Quindi, in aggiunta alla trattazione di parte fornita da ampie porzioni della stampa, il pubblico era esposto anche ad affermazioni che provenivano da posizioni viste come scientificamente autorevoli, ma che rappresentavano la difesa di opinioni piuttosto che l’esposizione imparziale che ci si attendeva. La situazione era esacerbata dalla tendenza ad esprimere la disapprovazione professionale verso tali pratiche solo in riviste specialistiche a limitata circolazione, invece che sui media popolari.

Nel 1967 fu fondato l’Environmental Defense Fund (EDF). Tra i fondatori erano: Victor Yannacone, un avvocato di NewYork; Charles Wurster, allora professore associato di biologia alla State University di New York; George Woodwell, un botanico presso i Brookhaven National Laboratories di Long Island, e diversi altri scienziati con interessi ambientalisti. L’obiettivo dichiarato era “creare, tramite cause giudiziarie, un corpo di interpretazioni legali riguardo alla conservazione delle risorse naturali e alla riduzione delle situazioni ecologicamente pericolose.” Le corti di giustizia, quindi, avrebbero costituito il forum del dibattito ambientalista. Ciò significava che le procedure seguite nelle udienze legali, in cui ognuna delle parti presenta solo gli argomenti che offrono maggiore supporto alla propria causa, sarebbero state applicate per decidere su temi essenzialmente scientifici – anche se le conseguenze avessero avuto significative implicazioni sociali.

Però un dibattito scientifico può essere valutato appropriatamente solo dopo aver considerato tutti i dati pertinenti a disposizione. La verità di un’affermazione scientifica non è influenzata dall’abilità dialettica o dalle capacità di persuasione di un avvocato esperto.

Verso la fine degli anni Sessanta l’EDF avviò diverse azioni legali contro pratiche locali in varie zone, ad esempio nel 1967 presentò istanza nel Michigan occidentale per impedire a nove comuni di usare il DDT per trattare gli alberi contro una pericolosa malattia (grafiosi dell’olmo). Perlopiù queste azioni legali risultarono perdenti, tuttavia ebbero molto successo nel guadagnare visibilità e attrarre ampio sostegno, tramite la grancassa dei titoli dei giornali. C’erano scienziati che, inebriati dalla nuova sensazione di celebrità, si davano da fare in laboratorio per produrre risultati che confermassero le loro affermazioni, per esempio due studi pubblicati nel 1969 allo scopo di dimostrare che il DDT causa il cancro nei topi. Quando l’interesse pubblico scemava, chiamavano i giornalisti per organizzare conferenze stampa.

Nel 1971 un gruppo di organizzazioni ambientaliste guidate dell’EDF citarono in giudizio la Environmental Protection Agency, recentemente costituita (1970) e subentrata al Dipartimento per l’Agricoltura nel compito di regolamentare l’uso dei pesticidi, affinché bandisse la vendita e l’uso del DDT. In risposta ad un appello della Montrose Chemical Company, l’unico produttore di DDT rimasto negli Stati Uniti, e del Dipartimento per l’Agricoltura insieme a circa trenta fornitori di prodotti contenenti DDT, l’EPA nominò un comitato scientifico consultivo per esaminare e documentare la situazione. Le udienze cominciarono nell’agosto del 1971.

Le udienze dell’EPA del 1971

Una delle principali cause di ansietà tra il pubblico era l’affermazione che persino piccole quantità di residui di DDT potevano accumularsi nei tessuti corporei e col tempo potevano essere causa di cancro. Samuel Epstein, un testimone importante per l’EDF, testimoniò che il DDT si era dimostrato cancerogeno in esperimenti 'accuratamente progettati', e che a suo avviso nessun livello di esposizione poteva essere sicuro. La stampa popolare immediatamente raccolse e ripeté in lungo e in largo queste affermazioni, le quali furono citate anche nella colonna “Point of View” su Science. Tuttavia, nessuno della stampa diede spazio alle testimonianze di diversi altri esperti, tra cui Jesse Steinfield, allora a capo della Sanità degli USA, e John Higginson, direttore dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, i quali sostennero che il DDT non è cancerogeno per l’uomo. Science non acconsentì a pubblicare una lettera di W.H. Butler del British Medical Research Council, il quale aveva anch’egli testimoniato in senso opposto alle opinioni espresse da Epstein. Allora, indipendentemente dalle frasi sensazionalistiche e dalle dimensioni dei caratteri di stampa dei titoli dei giornali, che cosa possiamo dire riguardo ai fatti?

E’ stato incessantemente ripetuto dai media, e ancora può capitare di sentirlo affermare, il mantra per cui una singola molecola di un cancerogeno è in grado di avviare un tumore, quindi nessun livello di esposizione è sicuro. Quello che si può dire è semplicemente che questo va contro il principio della tossicologia, stabilito da lungo tempo, che riconosce una soglia di dosaggio sotto il quale gli effetti avversi diventano impercettibili, e asserire la loro esistenza diventa una questione di fede, non di scienza. Questo principio era riconosciuto sin dal sedicesimo secolo da Paracelso, che scrisse “è la dose che fa il veleno”. Se non fosse così, ci sarebbe da dubitare che un individuo possa mai sopravvivere fino alla maturità e perpetuare la specie, in quanto in dosi sufficienti e nelle condizioni adatte praticamente tutto può essere reso causa di cancro: esempi sono il miele, il tuorlo delle uova, il sale da tavola, e persino l’acqua. Naturalmente, ognuno è libero di dissentire. Ma quando un’opinione simile è presentata in modo tale da essere verosimilmente recepita come rappresentativa dell’opinione di esperti, il risultato è chiaramente fuorviante. Nelle parole di Claus e Bolander:

“Nessuno può mettere in dubbio il diritto di Epstein alle sue opinioni e ad esprimere valutazioni dissenzienti; ma le sue idee cessano di essere un semplice giudizio privato quando egli afferma o implica l’accordo dei suoi colleghi e parla a nome loro in un dibattito pubblico. In questo caso, i dubbi riguardo a se egli davvero rappresenti in modo appropriato la letteratura rilevante, e se davvero descriva accuratamente il consenso tra gli scienziati, diventano questioni da dibattere pubblicamente.”

Ma ora torniamo agli esperimenti 'ben progettati' che mostravano che il DDT è cancerogeno.

Sin dagli anni dell’introduzione del DDT, erano stati condotti studi intensivi sull’uomo e sugli animali per valutare la sua tossicitaà. Nel 1956, un gruppo di volontari ingerì DDT per periodi da dodici a diciotto mesi in dosi pari a 1750 volte la quantità media usata negli Stati Uniti: non si mostrò alcun effetto avverso né alla conclusione dell’esperimento né in ulteriori studi analoghi condotti cinque anni più tardi. Uno studio del 1964 sull’incidenza di diverse forme di cancro in tutte le regioni degli USA dal 1927 ai primi anni ’60 non mostrava alcuna correlazione con l’uso del DDT, né con la sua presenza nel cibo o nei tessuti corporei umani. Fornirono risultati simili gli studi su operai esposti per anni a dosi da 600 a 900 volte quelle della popolazione generica, su abitanti dei paesi tropicali che avevano generosamente cosparso ovunque il DDT, e sugli operai che lavoravano all’applicazione del DDT come spray o polvere. La FDA (Food and Drug Administration) aveva condotto lunghi studi su quindici gruppi di persone altamente esposte, ognuno dei quali consisteva in un centinaio di individui, ricercando in modo particolare gli effetti graduali o ritardati, ma non ne aveva riscontrato alcuno. Un altro articolo descriveva un esperimento sull’uso terapeutico del DDT, in cui la somministrazione di una dose quotidiana 7500 volte maggiore della media risultava non produrre alcun effetto avverso, ma risultava altamente efficace come trattamento per l’ittero congenito.

La reazione di Epstein fu quella di sminuire tutti questi studi come “irrilevanti” o “una parodia di dati scientifici”. L’irrilevanza era sostenuta con l'affermazione categorica che non ci fossero dati, da nessuna parte nella letteratura, su studi sull’inalazione cronica, una modalità significativa di esposizione dell’uomo. Claus e Bolander offrono una lista di riferimenti a precisamente studi di questo tipo, che coprivano il periodo dal 1945 al 1969, che erano proprio lì, nella letteratura. Una contraddizione diretta. Cos’altro si può dire? Il secondo giudizio sembra voglia dire che è una parodia di dati scientifici giudicare sicura una sostanza semplicemente perché non si riescono a trovare effetti cancerogeni tra gente pesantemente esposta dopo molti anni.

Questa disputa logorante lasciò solo sette articoli presumibilmente giudicati rilevanti, divisi in due categorie: 1) tre erano considerati da Epstein “altamente suggestivi” ma non corretti nel metodo o nell’analisi statistica, 2) i rimanenti quattro, “conclusivi”. Un articolo del primo gruppo riguardava la trota rainbow (eccezionalmente sensibile al DDT) che sviluppava cancri del fegato. Tuttavia, le dosi implicate, su un periodo di venti mesi, erano fino a 27000 volte quello che altri ricercatori avevano trovato essere letale, il che rende difficile capire come uno di questi pesci possa essere stato vivo del tutto, tanto meno sviluppare tumori di alcun tipo, quindi i risultati possono solo essere visti come sospetti. Il secondo gruppo comprendeva due studi dell’OMS che erano ancora in corso all’epoca, uno condotto in Francia e l’altro in Italia. Dal momento che erano ancora incompleti, l’appellativo “conclusivi” sembra fuori luogo. Tutto questo ci lascia con quattro articoli.

Cominciamo dai due del gruppo 1. Nel 1969, Tarján e Kemény, in Ungheria, inserendo bassi dosaggi nella dieta di successive generazioni consanguinee di un tipo di topi, riportarono un’incidenza di tumori più alta tra gli animali dell’esperimento rispetto a quelli del gruppo di controllo, incidenza che diventava statisticamente significativa nella terza e quarta generazione. Ma c’erano degli aspetti che lasciavano perplessi. Per prima cosa, i tumori erano inferiori sin dall'inizio nel gruppo di controllo, indicando qualche fattore nell’esperimento di cui non si era tenuto conto. Inoltre, mentre la varietà usata doveva essere immune dalla leucemia, la leucemia si verificò sia nel gruppo di controllo che in quello sperimentale. Infine, niente di paragonabile – né cancro di nessun tipo – era stato trovato da altri ricercatori che lavoravano con simili dosaggi. Una successiva inchiesta dell’OMS mostrò che tutte le stranezze potevano essere spiegate dalla sospetta contaminazione delle sostanze chimiche incluse nella dieta con aflatossine (tra i più potenti cancerogeni che si trovano in natura). Quindi si può essere d’accordo con il giudizio di Epstein che lo studio fosse difettoso nel metodo o nell’analisi. Ma con “altamente suggestivo”? Difficile.

L’articolo rimanente in questa categoria descriveva una precedente serie di esperimenti con i topi. La valutazione dei risultati era complicata dal fatto che più di due terzi degli animali del test erano andati persi per una ragione o per l’altra nel periodo di due anni degli esperimenti. Dei 75 sopravvissuti su 228, 4 svilupparono tumori al fegato, da confrontare con l’1% nel gruppo di controllo. E' questionabile che questo sia statisticamente significativo, dal momento che i 4 topi provenivano da differenti gruppi di test e non era indicata alcuna relazione tra dose ed effetto. D’altra parte, era riportato che alcuni dei topi che non mostravano necrosi al fegato avevano passato 12 settimane con dosi che altri ricercatori avevano trovato essere letali al 100%. Tentativi successivi di replicare i risultati fallirono.

Ci restano quindi due studi qualificati come 'ben progettati e ben eseguiti'. Epstein creò una sorta di sorpresa per la difesa introducendo  un esperimento interno alla FDA, eseguito tra il 1964 e il 1969, di cui nessuno aveva sentito parlare; lo descrisse come un ottimo lavoro e si dichiarò perplesso che i risultati non fossero mai stati pubblicati. L’esperimento riguardava due composti chimici, il DDT e il metossicloro, inseriti nel cibo di due varietà di topi consanguinei. Epstein trascurò tutti i risultati per i topi della varietà-A, la cui mortalità fu molto alta a causa di un’infezione batterica. ...  Comunque, se esaminiamo più a fondo, troviamo che prendendo le due varietà insieme ci furono più tumori tra il gruppo di controllo (maschi 66, femmine 82) che tra gli animali dell’esperimento (maschi 63, femmine 73). Per la sola varietà-B, fu riscontrato un lieve incremento per gli animali alimentati con DDT (maschi 42, femmine 50) rispetto al controllo (maschi 39, femmine 49). Tuttavia, questo vale solo per i tumori benigni. Se è permesso selezionare solo un sottogruppo dall’intero studio per trarre una conclusione, allora potremmo selezionare solo le femmine della varietà-B che svilupparono tumori maligni, in cui i numeri furono: controllo 10, DDT 3. Quindi, con un margine molto più ampio, lo stesso studio potrebbe essere visto come una dimostrazione altrettanto “conclusiva” che il DDT sia un anti-cancerogeno.

L’articolo finale era quello presentato come la prova definitiva, la fonte principale che da allora gli articoli sulla stampa hanno citato per bollare il DTT come cancerogeno: il Bionetics Report del 1969, qualche volta citato come l’articolo di Innes, dal primo dei suoi tredici autori. Questo lavoro era parte di uno studio ambizioso eseguito dai Bionetics Laboratories, una consociata delle Litton Industries, all’interno di un contratto con il National Cancer Institute, sugli effetti di 123 composti chimici in esperimenti di tipo “bioassays” su 20000 topi e periodi fino a 84 settimane. Nonostante la sicurezza mostrata da Epstein, i metodi e i risultati sono stati ampiamente criticati nella letteratura professionale.

... Forse la maggiore peculiarità, sottolineano Claus e Bolander, era che mentre gli autori dell’articolo riunirono tutti e cinque i gruppi di controllo insieme, con la giustificazione che non c’erano significative variazioni tra loro, i dati reali mostravano che c’erano ampie differenze. Per la varietà-X, per esempio, la percentuale di topi che avevano sviluppato tumori variava da 0 a 41.2% per i maschi e da 0 a 16.3% per le femmine. L’applicazione di regolari procedure statistiche rivela che per il gruppo con la più alta incidenza di tumori (maschi varietà-X, 41.4%), dato il grado di variabilità presente nelle cavie di controllo, il massimo di quei tumori che possono essere attribuiti al DDT è pari al 5,5%, valore che nessuna quantità di manipolazione potrebbe rendere significativo. Con le stesse procedure, per la varietà-Y si ottengono percentuali di tumori più alte tra le cavie di controllo che nel gruppo trattato con DDT.  ....

Un’invasione di uccelli

Una delle pestilenze più serie che possono capitare ai boschi è l’infestazione da farfalla Lymantria dispar (Bombice dispari). Le larve divorano tutto il fogliame degli alberi, specialmente delle querce, e se in grandi numeri possono spogliare intere aree, forzando altre forme di vita, rimaste senza cibo o habitat, a morire o migrare. Tutto ciò può essere spiacevole e persino pericoloso, come scoprirono gli abitanti del New Jersey settentrionale negli anni ’70 quando una moltitudine di crotali e di “teste di rame” invasero le aree suburbane. Nel 1961, l’anno prima della pubblicazione di Silent Spring, vaste aree della Pennsylvania erano trattate con DDT spray per eradicare questa peste. Lo Scranton Bird Club tenne accurati registri di dati ma non riportò neanche un singolo caso di avvelenamento di uccelli. La National Audubon Society non aveva nulla da ridire sulla correttezza di questo dato, cioè nessun danno per gli uccelli.

Tuttavia, Silent Spring stava per affermare che il robin era sull’orlo dell’estinzione, così come l’aquila; “Le rondini sono state duramente colpite.... Il cielo sulla nostra testa era pieno di rondini solo quattro anni fa. Adesso ne vediamo raramente.” Ecco qui un altro esempio di asserzione decisamente contraddetta dai fatti, in quanto l’anno seguente l’ornitologo Roger Tory Peterson descrisse il robin come “il primo uccello degli Stati Uniti” in termini di popolazione. Le cifre della Audubon Society sul conteggio annuale degli uccelli sostenevano l’affermazione di Peterson, riportando 8,41 robin per osservatore nel 1941 (pre-DDT) e 104,01 nel 1960, quindi un aumento di più di dodici volte durante gli anni in cui di massimo uso del DDT. Le cifre corrispondenti per l’aquila e le rondini erano aumenti rispettivamente di 2,57 volte (da 3,18 a 8,17 uccelli per osservatore) e di 1,25 volte. Questo andamento valeva in generale per la maggior parte delle specie elencate, mostrando 21 volte più “cowbird” (un passero americano), 38 volte più merli, e non meno di 131 volte più “grackle”. I gabbiani erano diventati così numerosi sulla costa orientale che la stessa Audubon Society ottenne il permesso di avvelenarne 30000 su Tern Island, Massachusetts, nel 1971. I tacchini selvaggi erano aumentati dal loro stato di rarità degli anni pre-DDT a tali cifre che i cacciatori ne prelevavano 130000 all’anno. Delle poche specie che effettivamente si ridussero, alcune, come i cigni, le oche e le anatre sono oggetto di caccia, mentre i “bluebird” sono noti per essere suscettibili agli inverni freddi.

Ironicamente, alcune delle zone in cui la popolazione aviaria sembrava prosperare meglio erano quelle soggette all’uso più intenso del DDT, come gli acquitrini trattati per limitare le zanzare. Sembra che parte del motivo  risieda nel fatto che il DDT è efficace anche nella riduzione di insetti che trasmettono malattie degli uccelli e che competono con questi per i semi e i frutti. Ma, forse ancora più importante, il DDT stimola l’induzione di enzimi del fegato che detossificano cancerogeni potenti come le aflatossine, che abbondano nella dieta degli uccelli.

Niente di tutto ciò impedì che ogni declino della popolazione aviaria, reale o immaginato, fosse immediatamente attribuito ai pesticidi. Una forte riduzione dei falchi orientali risultò essere dovuta agli alti livelli di mercurio nei pesci di cui si nutrivano e alle trappole per predatori sistemate attorno ai vivai di pesci; fu attribuita al DDT anche se nota sin dal 1942. I falchi dell’Alaska continuarono a cavarsela bene nonostante alti residui di DDT. I pellicani scuri della California aumentarono di quasi tre volte durante gli anni di uso massiccio del DDT, ma furono soggetti ad un brusco declino all’inizio degli anni ’70, due mesi dopo che una fuoriuscita di petrolio a Santa Barbara circondò la loro isola di riproduzione, Anacapa (questo fatto non è citato nei rapporti delle agenzie per la fauna selvatica, statale e federale). Nel 1969 la colonia era stata seriamente colpita da un’epidemia della malattia “Newcastle” derivata dai luoghi abitati dai pellicani lungo la costa messicana del Golfo della California (anche questo non citato). In seguito, fu riconosciuto che i ricercatori governativi dotati di elicottero avevano prelevato il 72% (!) delle uova intatte ad Anacapa per le analisi e avevano ucciso i pellicani nei nidi. Il DDT fu anche accusato di avere un ruolo nella riduzione del pellicano del Texas, anche se il declino era stato notato nel 1939 e attribuito ai pescatori e ai cacciatori.

Il grande declino del falco pellegrino sulla costa orientale era in larga misura dovuto allo zelo dei cacciatori di uova, che si sapeva aver depredato centinaia di nidi anno dopo anno, e poi avevano attribuito il derivante collasso di popolazione all’avanzamento della civilizzazione. Nel 1969, “biologi” che studiavano i falchi pellegrini a Colville in Alaska raccolsero ben un terzo delle uova della colonia e poi diligentemente riportarono che erano nati solo due terzi del numero atteso di falchi.

I gusci delle uova

All’epoca delle udienze del 1971, l’accusa principale, perpetuando la fantasia che fosse in atto una catastrofica riduzione della popolazione aviaria, era diventata che il DDT era la causa di questa riduzione non come risultato di tossicità immediata, bensì indirettamente, tramite danneggiamento al ciclo riproduttivo per l’assottigliamento dei gusci delle uova. Anche questo risale a Silent Spring, che afferma: “Per esempio, le quaglie nella cui dieta fu introdotto il DDT per tutta la stagione della riproduzione sopravvissero e produssero persino numeri normali di uova fertili. Ma poche delle uova si schiusero.” Il riferimento erano gli esperimenti eseguiti da James DeWitt del Fish and Wildlife Service, pubblicati sul Journal of Agricultural Food and Chemistry nel 1956. Fu data alle quaglie una concentrazione di DDT 3000 volte superiore a quella tipicamente riscontrata nel lor ambiente. L’80% delle uova del gruppo trattato si schiusero, in confronto all’83,9% del gruppo di controllo non trattato. Quindi l’affermazione di “poche” era chiaramente falsa e la differenza nei risultati non proprio significativa. Inoltre, il 92,8% delle uova degli uccelli trattati con DDT era fertile, mentre lo era l’89% di quelle del gruppo di controllo, il che rovescia l’impressione creata dal testo citato. Era anche omesso che lo studio di DeWitt era effettivamente eseguito su quaglie ma anche su fagiani. Nel caso dei fagiani, si schiusero l’80% delle uova degli uccelli trattati contro il 54,7% per il gruppo di controllo, e il 100% degli uccelli trattati sopravvisse, contro il 94,8% del gruppo di controllo.

Durante le udienze all’EPA furono citati molti studi successivi, che pretendevano di documentare un effetto (notevole declino nella popolazione aviaria) che non si stava verificando. Ognuno di questi studi è esaminato in Ecological Sanity.

Un esperimento del 1969 (Heath et al.) sui germani reali, eseguito presso il Patuxent Wildlife Center a Laurel, Maryland, riportò tra gli uccelli a cui veniva dato DDT e DDE (il principale residuo metabolico del DDT) una mortalità tra gli embrioni e i pulcini tra il 30 e il 50%. La prima cosa a colpire Claus e Bolander nella revisione dell’articolo fu un enorme intervallo di variazione tra i gruppi di controllo, a cui apparentemente nessun altro aveva trovato da obiettare. Ad esempio, il numero medio di uova deposte per esemplare adulto era 39,2 in un gruppo di controllo, mentre era 16.8 in un altro. Questa differenza era da sola molto più grande di qualsiasi delle differenze dichiarate “significative” con gli uccelli trattati. Il numero di pulcini vivi di 14 giorni negli stessi gruppi era 16,1 contro 6,0, la cui differenza di nuovo era molto più grande (69%) del deficit del 50% di anatroccoli per adulto riportato per gli uccelli con la dieta più ricca di DDT. Quando le variazioni tra i gruppi di controllo sono maggiori delle variazioni tra gli animali sperimentali e quelli di controllo, dovrebbe essere ovvio che è all’opera qualche fattore diverso dalla variabile sotto esame (un’infezione batterica, per esempio), che colpisce entrambi i gruppi. Claus e Bolander concludono:

“Sulla base di queste assurde differenze... l’intero studio diventa privo di significato e tutte le conclusioni presentate dagli autori devono essere rigettate.” “Come sia possibile che questo articolo sia stato accettato per la pubblicazione su Nature è inspiegabile, in quanto anche un esame rapido delle tabelle presentate avrebbe dovuto rendere immediatamente evidente ai revisori che i dati per le due serie di uccelli di controllo invalidavano l’intero esperimento.”

Ma pubblicato su Nature fu (n.227); a tutt’oggi, questo articolo rimane uno dei riferimenti più citati a supporto dell’affermazione per cui concentrazioni di DDT non letali possono essere considerate responsabili di declini nella popolazione selvatica.

Lo stesso numero di Nature (c’era forse qualche decisione editoriale su un messaggio da trasmettere?) conteneva un altro articolo citato alle udienze, scritto da Joel Bitman e dai suoi collaboratori, che descriveva esperimenti con la quaglia giapponese. Esso concludeva in base a misure dirette che il DDT e composti correlati inducono una riduzione del calcio del guscio delle uova e producono gusci più sottili. Come si arrivò a queste conclusioni?

I composti in esame furono inseriti nella dieta degli uccelli sperimentali in quantità nell’ordine di 100 volte superiori a quelle che si trovano nell’ambiente naturale. Come se non fosse abbastanza, gli sperimentatori introdussero anche uno “stress da calcio", nella forma di una dieta (data sia al gruppo di controllo che a due gruppi sperimentali) in cui il contenuto di calcio era ridotto dal normale 3% allo 0,56%. La domanda a cui i risultati dovevano rispondere era: “L’aggiunta di DDT ha incrementato la perdita di calcio nelle condizioni di stress?” Gli autori dell’esperimento affermarono che la riduzione di calcio aumentò.

I loro risultati, tuttavia, non mostrarono alcuna differenza significativa nel contenuto di calcio del sangue o delle ossa per i tre gruppi. Sembra strano che, se le riserve di calcio degli uccelli genitori non mostravano riduzione, ci dovesse essere una differenza significativa nei gusci delle uova. La differenza riportata era pari allo 0,07%: infatti, nel gruppo di controllo il contenuto di calcio misurato nel guscio delle uova era 2,03%, contro 1,95 e 1,96 dei gruppi di test. Matematicamente, l’affermazione che questa differenza sia significativa è corretta, tuttavia risulta che il metodo seguito fu quello di analizzare i gusci per misurare il loro contenuto di calcio, espresso però come percentuale del peso dell’uovo integro. I pesi dei gusci stessi non erano citati. ...  Perciò, non è possibile stabilire dai dati presentati se la percentuale di calcio dei gusci era ridotta o no, il che era l’obiettivo dell’esercizio.

Diventa ancora più interessante se si esamina la misura dello spessore dei gusci. Fu eseguita con un micrometro meccanico di tipo “screw” dopo aver rimosso le membrane del guscio. La riduzione riportata è da 69,5 x 10-4 pollici per i gruppi di controllo a 66,7 x 10-4 e 65,6 x 10-4 pollici per le uova dei due gruppi di uccelli testati, ed è descritta come “altamente significativa”. Bene, diamoci un’occhiata.

Convertendo queste cifre al sistema metrico con la stessa accuratezza (le tre cifre decimali) si ottiene una riduzione di spessore di 0,00711 e 0,00991 millimetri. Le ultime due cifre di ogni valore sono sotto la risoluzione di un microscopio light; eliminandole, si ottengono assottigliamenti di 7 e 10 micron (1 micron è circa metà delle dimensioni di un batterio ben sviluppato). I micrometri screw disponibili a quell’epoca non erano considerati in grado di risolvere con affidabilità differenze al di sotto dei 50 micron. Apparecchi più recenti graduati a 10 micron sono utili per misurare lo spessore di materiali come i fogli di metallo, ma per campioni comprimibili come la carta – o gusci di uova – la determinazione del “punto di fine” è una quantità soggettiva basata sulla sensibilità dell’osservatore, producendo variazioni tipiche da 10 a 30 micron. Prendendo a prestito la frase tanto amata dagli scrittori di libri di testo, è lasciato come esercizio al il lettore giudicare se questi metodi possono aver dato risultati che è giustificato definire altamente significativi.

Dappertutto e indistruttibile

L’accusa finale era che il DDT persista praticamente all’infinito, accumulandosi nell’ambiente. Di nuovo, quest’idea può essere rintracciata fino a Silent Spring e da allora era stata ripetuta fedelmente dai media. In risposta ad uno di questi proclami ampiamente circolati, J. Gordon Edwards inviò a dozzine di stazioni radio e TV una lista di oltre 150 articoli scientifici che documentavano la decomposizione del DDT da parte degli organismi viventi. Neanche una di queste stazioni fece mai riferimento a quel materiale o ritrattò quanto aveva contribuito a comunicare al pubblico.

Uno dei testimoni ascoltati alle udienze riguardo alla persistenza del DDT affermò, sotto interrogatorio, di non essere al corrente del lavoro dei suoi stessi colleghi di ricerca a Gulf Breeze, Florida, che avevano dimostrato nel 1969 che il 92% di tutto il DDT, DDD e DDE si decompone nell’acqua del mare entro trentadue giorni.

Il dottor George Woodwell, autore, insieme al fondatore dell’EDF Charles Wurster, di un articolo del 1967 sui residui del DDT misurati in un acquitrino salato sulla costa di Long Island, ammise che la cifra pubblicata era 13 volte troppo alta perché il punto selezionato per raccogliere i campioni di terreno si trovava proprio dove i container di spray pulivano i loro serbatoi. Quando gli fu chiesto se aveva mai pubblicato una ritrattazione, Woodwell rispose: “Non ho mai ritenuto che fosse necessario”. In realtà, egli aveva pubblicato lavori che mostravano che i precedenti risultati erano molto esagerati, ma gli avvocati dell’EDF gli avevano consigliato di non farne menzione.

Anche Wurster stesso testimoniò, riguardo agli esperimenti che aveva eseguito nel 1968, all’Istituto Oceanografico Woods Hole, sugli effetti del DDT sulle alghe marine. Questi esperimenti mostravano un marcata riduzione della fotosintesi, a tre quarti del normale e meno. All’epoca degli esperimenti egli aveva commentato che tutta la vita animale sulla Terra in ultima analisi dipende da questo processo, sollevando l’idea che cambiamenti a questo livello potessero avere ripercussioni sull’intera catena alimentare. Queste affermazioni causarono grande agitazione tra gli allarmisti ambientali, con il risultato che i media diffusero storie fantastiche sull’imminente distruzione della capacità della Terra di produrre ossigeno, storie che furono ripetute dal segretario generale delle Nazioni Unite, U.Thant.

Tuttavia, sorprendentemente il gruppo di Wurster non aveva mai misurato la quantità di DDT effettivamente assorbita dagli organismi, bensì aveva assunto tale assorbimento come un fatto, e quest’ipotesi portava con sé l’ulteriore ipotesi che la riduzione osservata nella fotosintesi risultasse da un’azione biochimica sul metabolismo delle alghe. Ma una più semplice interpretazione dei dati suggerisce che si sia trattato di un effetto puramente fisico causato dalle particelle di DDT sulle superfici esterne delle alghe che riducevano la luce disponibile. Il lavoro di altri rinforzò questa interpretazione (ad esempio, Mendel et al., 1970), mostrando che l’effetto non si registra con soluzioni filtrate del composto. ... Nonostante tutto il furore, quindi, tutto ciò che questi esperimenti realmente provavano è che la fotosintesi funziona meglio in acque più limpide.

Gli altri due temi sostanziali riguardo alla persistenza del DDT erano: a) esso era dappertutto, saltando fuori ovunque dalle giungle asiatiche all’Antartide, e b) una volta inserito nella catena alimentare animale, la sua concentrazione si amplifica progressivamente attraverso successivi livelli trofici, come ad esempio la catena alghe – pesci - pesci predatori - uccelli che si nutrono di pesci – uccelli predatori.

Gli esempi citati per illustrare il primo punto si rivelarono invariabilmente risultati artificiali dovuti alle tecniche di misura adottate, o risultati di errata identificazione. Uno dei principali strumenti usati nell’analisi dei pesticidi, introdotto nei primi anni ’60, era il cromotografo a gas ... Sebbene questa tecnica sia molto sensibile, è un fatto noto che sostanze totalmente differenti ma con simili proprietà di mobilità possono lasciare “impronte” simili, per cui l’esperienza nell’interpretazione è un imperativo. I ritrovamenti di “DDT” in Antartide tanto pubblicizzati, per esempio, risultarono essere dovuti alla contaminazione da parte di molecole nei tubi di connessione degli apparati. Campioni di terreno sigillati in recipienti di vetro dal 1911 diedero risultati che furono interpretati come cinque tipi di pesticidi che non esistettero fino a trent’anni più tardi. Una storia simile accadde con un gibbone della Birmania, conservato dal 1935.

Gli esempi forniti per “provare” l’ipotesi di amplificazione lungo la catena alimentare erano basati su dati selezionati. Le cifre considerate per la concentrazione di DDT erano prese nel cervello, dove sono al massimo, per i falchi, nei muscoli, dove sono al minimo, per i pesci, e nel grasso, dove sono intermedie, per le anatre. Il confronto di cifre per i tessuti muscolari di crostacei, pesci, anatre, falchi non mostra alcuna amplificazione.

I risultati degli scienziati e la normativa degli amministratori pubblici

Le udienze proseguirono per sette mesi, duranti i quali furono ascoltati 125 testimoni e furono scritte 9362 pagine di testimonianze. Il giudice delle udienze dell’EPA, Edmund Sweeney, fu imparziale nelle sue relazioni, il che sembrava facesse infuriare gli ambientalisti e attirò critiche dal New York Times e da Science, nonostante nessuna delle due pubblicazioni avesse inviato reporter a seguire i procedimenti. I consulenti scientifici avevano seguito anch’essi le testimonianze e furono unanimi  nel sostenere, nelle loro raccomandazioni (80 pagine), che i proclami non erano sostanziati e non c’era alcuna ragione per bandire il DDT. Sweeney rilasciò le sue conclusioni il 25 aprile 1972.  Esse includevano quanto segue:

  • Il DDT non presenta rischi cancerogeni per l’uomo.
  • Il DDT non presenta rischi mutageni o teratogeni per l’uomo...
  • Gli usi del DDT secondo le modalità qui censite non hanno un effetto deleterio su pesci d’acqua dolce, sugli organismi che vivono negli estuari, sugli uccelli selvatici o su altri animali selvatici...
  • Gli effetti avversi sugli animali benefici dovuti all’uso del DDT secondo le modalità qui censite non sono irragionevoli nel bilancio con i suoi benefici... C’è necessità di continuare l’uso del DDT per gli usi essenziali definiti ...

Durante le udienze dell’EPA l’Organizzazione Mondiale della Sanità rilasciò un comunicato che includeva:

Il miglioramento sanitario creato dalle campagne antimalariche ha rotto il circolo vizioso di povertà e malattia in molte aree, prevenendo l’inabilità e la morte... Non c’è alternativa economica al DDT e le ... conseguenze del ritiro del DDT sarebbero molto gravi... Il trascorso di sicurezza per l’uomo del DDT è veramente notevole.

Sei settimane dopo i pronunciamenti del giudice Sweeney, il 6 giugno 1972, il direttore dell’EPA, William Ruckleshaus, capovolse la decisione, rifiutò l’evidenza scientifica e ordinò il bando alla vendita e alla produzione del DDT. Ruckleshaus non aveva assistito a nessuna delle sessioni dei sette mesi di udienze e ammise che non aveva letto le trascrizioni. La decisione, disse, fu presa per ragioni politiche. I gruppi ambientalisti hanno vigorosamente organizzato dimostrazioni sin da allora per un bando completo di tutti gli usi, in tutte le nazioni.

Attualmente, più di due miliardi di persone, il 40% della popolazione mondiale, vivono in paesi malarici. Circa trecento milioni di persone sono infette, e si stima che qualcosa come 100 milioni di casi si verifichino ogni anno con milioni di morti, la maggior parte bambini. L’Africa è uno dei posti più colpiti, con circa l’85% dei casi mondiali. Più del 30% delle morti infantili in Africa è causato dalla malaria.

Forse la più caritatevole interpretazione della decisione del 1972 può essere che tale decisione fu intesa come dimostrazione, da parte di una neonata agenzia federale, nel suo primo test importante, di essere genuinamente un braccio disinteressato dell’esecutivo nazionale e non un lacché verso gli interessi corporativi finanziari o privati. Si può solo dire che, se la percezione pubblica deve avere precedenza sui fatti nella formulazione delle politiche, è un giorno triste per la scienza. I critici hanno visto la decisione come parte di una politica deliberata di controllo della popolazione, in un periodo in cui la sovrappopolazione globale era continuamente presentata come uno dei maggiori problemi di fronte al mondo.

Il libro Ecological Sanity, di George Claus e Karen Bolander, dedica quasi seicento pagine all’argomento di cui ho trattato brevemente solo alcuni dettagli selezionati. Gli autori sono molto meticolosi nella loro trattazione. Essi chiaramente hanno letto e studiato il materiale che in molti casi i testimoni esperti alle udienze dell’EPA sembrava non avessero capito. In diversi casi hanno rifatto i calcoli e ridisegnato grafici, mostrando che i dati indicavano il contrario di quanto sostenuto dagli autori degli articoli. In altre parole, raccomanderei questo libro come inestimabile fonte di riferimento per chiunque volesse seriamente comprendere i temi in gioco e come furono gestiti. Tuttavia, esso è fuori stampa. Dopo averne letto una revisione, sono riuscito a rintracciarne una copia in un negozio di libri usati nel New Jersey.

Silent Spring si può trovare in edizioni economiche in ogni libreria, ed è ristampato con regolarità.

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E così questa è la storia. Un composto che veniva massicciamente usato da decenni, che era stato anche ingerito e inalato in grandi quantità senza mai creare problemi all'uomo, fu bollato come sostanza pericolosissima sulla base di esperimenti di cavie e vetrini, interpretati appositamente per sostenere le tesi volute, senza che uno solo di loro non dico fosse incontrovertibile ma almeno resistesse ad una semplice analisi, a partire da un libro su fatti completamente inventati, fino ad essere completamente bandito, per la colpa di salvare troppa gente e costare troppo poco. Normali sostanze di uso casalingo sono, al confronto, veleni potentissimi.

Di questa storia, la gente in massa ha saputo solo le accuse. Credo più o meno tutti ricordino che il DTT "si amplifica salendo nella catena alimentare", "è stato trovato anche in Antartide", "faceva morire gli uccelli", "assottigliava i gusci delle uova". C'era qualcosa di vero? No.

Ora si chiede di ridurre le emissioni di innocua anidride carbonica, perché "modificano il clima e questo sarebbe una catastrofe per il pianeta". Anidride carbonica che è un prodotto delle reazioni energetiche su cui poggia buona parte del nostro standard di vita. Chiunque può andare a leggere, con un po' impegno, qualche trattazione scientifica ragionevole che esamina i proclami allarmisti. Sono decine di migliaia gli scienziati o esperti che hanno cercato di mettere in guardia dall'isteria da "climate change", tra la censura generale.

Allora, chi promuove l'allarmismo da "climate change" lo fa perché ha a cuore il pianeta e le prossime generazioni?!!

Il presidente americano neo-eletto dice che un accordo per cui gli Stati Uniti devono ridurre le emissioni e dare soldi ad altri paesi, che non devono ridurle, non gli sembra nell'interesse dei cittadini americani. I leader di quasi il mondo intero lo accusano furibondi. Così funziona.

 

 

 

 

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