Sia cacciata via quella paura di Acheron
che importuna la vita dell'uomo dalle sue più profonde intimità,
pervade tutto con il nero della morte,
e nessun piacere lascia pulito e puro.

------ Lucrezio

di Butler Shaffer (da LewRockwell.com, 23/9/14)

Penso sia inevitabile che, quando una civiltà muore, i suoi abitanti subiscano una profonda trasformazione di carattere. Non avendo più aspettative sociali a fare da guida per il proprio comportamento, uomini e donne assumono i tratti dei morti viventi; corpi capaci di movimento automatico e robotico, ma senza alcuna direzione focalizzata e morale. Coloro per i quali l'identità personale era collegata a sistemi istituzionali, si trovano ora nell'incertezza riguardo alle proprie azioni, non avendo più sicurezze né sul loro fine né sulla loro adeguatezza. Come moltissimi dei rifugiati dalla guerra o dai campi di prigionia, rimangono a vagare senza scopo, senza riflessione.

Questo sembra essere lo stato delle società occidentali moderne, in particolare dell'America.

La nostra cultura è caduta sotto il dominio di umanoidi dal cervello di rettile che venerano la morte. Non sorprende che così tanti degli attuali film e serie televisive ripetano il tema della "notte dei morti viventi", in cui gli zombie danno il tormento a quartieri residenziali. Tatuaggi corporei, magliette stampate, cartoni animati e videogame, sono dominati dal lato oscuro, da espressioni di sentimenti anti-vita. Psicopatici, sia all'interno che all'esterno del governo, infliggono sofferenze e morte agli innocenti. Il "nero della morte" è da lungo tempo una metafora della reazione dell'umanità alla morte, che sia di individui o di culture. Nel suo libro The End of the World: A History, Otto Friedrich esplora questa connessione. La peste del quattordicesimo secolo che uccise decine di milioni di europei era nota come "la morte nera", proprio come la "Mano Nera" fu il nome adottato secoli dopo da ricattatori e terroristi politici. Il nero è ancora un segno di lutto.

Le squadre militari SWAT, così come gli agenti di polizia che hanno il compito di intimidire i partecipanti alle manifestazioni di protesta, vestono uniformi nere, le facce (quindi le identità) nascoste da caschi neri e occhiali scuri. Darth Vader di Guerre Stellari era parimenti vestito interamente di nero, con il viso nascosto alla vista. Egli operava dalla "Death Star", un satellite nero che fungeva da base per i malvagi del film. La vita si manifesta nella vivacità dei colori: i fiori ci attraggono perché celebrano la vita. I resti anneriti di una foresta o di un edificio distrutti dal fuoco non ci ispirano. Sarebbe senza scopo pubblicare foto a colori di città distrutte da bombardamenti di guerra: le foto in bianco e nero sono sufficienti ad illustrate il loro aspetto anti-vita.

Non è una coincidenza che la nostra moderna cultura zombie esprima, nell'arte e nel linguaggio, violenza, rabbia e distruttività. Molti concerti rock sono incentrati su livelli di rumore sempre crescenti, sono enfatizzati dal fuoco e i cantanti sono uomini e donne truccati e vestiti nel simbolismo della morte. La passione per la vita, che ha ispirato la musica di Beethoven, Wagner, Richard Strauss e altri compositori, è completamente persa nella furia concitata e rabbiosa di così tanta della musica moderna. Anche la musica popolare del jazz tradizionale e moderno manteneva una celebrazione della vita, non l'alienazione da essa. I Botticelli e i Michelangelo sono difficili da trovare nelle mostre di arte moderna.

Sarebbe facile addossare la colpa di tutte le variegate manifestazioni di vampirismo a cinema, show televisivi e musica rock. Le ragioni della nostra partecipazioni a questa marcia di morte si trovano però in regni molto più profondi: nello sprigionamento di energie oscure mobilitate da forze collettive. Tra queste c'è la nostra identificazione con, e dipendenza da, le istituzioni a cui permettiamo di dominare la nostra vita. Ho scritto a questo proposito nel mio libro Calculated Chaos, e non c'è bisogno di ripeterlo qui. Abbiamo imparato a pensare noi stessi come allegati di varie astrazioni - lo stato e varie corporation sono quelle dominanti oggi - e misuriamo la nostra salute e il nostro benessere in base a quanto crediamo che queste astrazioni stiano andando bene. Cerchiamo conferme al nostro pensiero nei sondaggi dell'opinione pubblica e nelle cifre del Dow-Jones.

Ma, per la loro stessa natura, le istituzioni e altre astrazioni non sono espressioni di vita. Come gli zombie e i robot, sono personificazioni dell'inanimato. La loro esistenza è dovuta solo al nostro pensiero e esse non muoiono a meno che non smettiamo di credere in loro. Non sono toccate dalle passioni che ci rendono esseri umani, non piangono, non sognano, non provano paura né esprimono emozioni quali gioia o rabbia, amore o odio, felicità o delusione; non provano tristezza o simpatia, preoccupazione o pena, non riconoscono bellezza o bruttezza; non possiedono senso dell'umorismo né l'abilità di indulgere in pura stupidità. Al posto della passione per la vita che spinge i viventi, queste agenzie hanno solo brama di potere. Non hanno valori che possano essere elencati o quantificati. La ricerca di lungo termine di "verità eterne" e di principi trascendenti che sprona gli uomini ha lasciato il passo, nel nostro mondo istituzionalizzato, a considerazioni più immediate sui risultati che soddisfano le ambizioni di potere o la ricchezza materiale.

Dal momento che le corporation e altre istituzioni ora dominano la società umana, non sorprende che i loro valori e immagini sterili e senza vita siano così prevalenti. Le corporation sono state dichiarate "persone" per volontà politica, ma non sono vive.  Quello che anima lo spirito umano, "libertà", "spontaneità", "spiritualità" e "emozioni", è considerato come entropia da controllare -  o distruggere - tramite la forza istituzionale. La pratica dell'aborto riflette questa dedizione alla guerra contro la vita.

A differenza degli individui - che sono, solo loro, i depositari del futuro dell'umanità - le istituzioni non si possono riprodurre; solo servili uomini e donne viventi possono farlo per loro. La gente che guida le corporation può creare società sussidiarie, ma l'arrivo di queste nuove astrazioni non è mai accolto con la stessa gioia che gli umani provano quando nasce un bambino. I genitori umani vedono un bambino come la vita che si riconferma, le corporation vedono le loro controllate come vedono gli esseri umani, cioè come risorse addizionali da sfruttare per espandere vantaggi materialistici.

Il rifiuto istituzionale verso la vita prende molte forme. Le scuole statali esistono non per aiutare i bambini ad esplorare e essere creativi all'interno della natura illimitata della loro immaginazione, bensì per addestrarli e condizionarli ad essere utili al contesto istituzionale. Un crescente numero di chiese - alle quali molti si rivolgono per trovare espressione spirituale - si sono convertite alla fede della politica e del militarismo. I giornalisti dominanti sui media vedono se stessi non come investigatori e comunicatori di informazioni per potenziare la comprensione degli individui, bensì come propagandisti per rinforzare il condizionamento scolastico dell'infanzia.

L'espressione forse più evidente e depravata della cultura zombie si trova nella pratica delle squadre di certi sport - particolarmente nel football - di vestirsi nei costumi della guerra. [N.d.T.: è quello che veramente succede negli Stati Uniti] Attività che una volta erano considerate come gioco - come ri-creazione - sono ora trattate alla stregua di intrattenimento da offrire in enormi stadi - spettacoli non dissimili dalle manifestazioni ben orchestrate di Adolf Hitler. Qualsiasi siano normalmente i "colori della scuola", sempre più squadre di college si presentano in uniformi e caschi neri. Per enfatizzare ancora di più la dedizione dell'università alla guerra, le uniformi dei giocatori mettono in mostra la bandiera americana, la partita è preceduta dalla marcia obbligatoria fino al centro del campo in colori militari e dall'inno nazionale, per il quale si presume gli spettatori si alzino in piedi. Affinché l'attenzione degli spettatori non sia troppo distratta dalla partita, numerosi soldati sono in vista lungo le linee laterali, vestiti in uniforme mimetica dando l'impressione di essere appena arrivati dal campo di battaglia!

Da lungo tempo lo stato usa la guerra come forma di intrattenimento per mantenere obbedienti e sottomessi i membri della classe "stupida". La propaganda alla guerra in forma di arte contribuisce da secoli ad affliggere l'umanità con la mania per l'odio e l'assassinio. Dagli stadi di football al cinema ai programmi televisivi assistiamo continuamente all'arte che imita la vita. Che "intrattenimento" e "guerre" abbiano luogo in "teatri" non è semplicemente una coincidenza di linguaggio.

Il "culto degli zombie" moderno - dominato da immagini, apparentemente senza fine, della celebrazione della morte - è un segno della morte della nostra civilizzazione. La nostra cultura può essere morente, ma non significa che voi ed io dobbiamo esserlo. Albert Jay Nock ci ricorda che il collasso di una cultura è accompagnato da quello che egli chiamò "Remnant" [N.d.T.: in italiano è "residuo"; è una parola usata nella Bibbia per indicare coloro che rimangono dopo una catastrofe], gli uomini e le donne che capiscono e personificano le idee e i valori sui quali può essere costruita una successiva civilizzazione.

Quando Richard Weaver osservò che "le idee hanno conseguenze", stava esprimendo l'importanza del pensiero astratto per facilitare la comprensione di come si vive bene. Ma le idee sono sforzi della nostra mente cosciente per esprimere in parole una comprensione più profonda - che si trova nella nostra mente inconscia - che precede la verbalizzazione; la filosofia orientale ci dice che queste intuizioni non possono essere comunicate a parole, altrimenti "a questo punto tutti le avrebbero dette a tutti". Per quanto possano essere meravigliosamente formulate o attentamente ragionate, le parole, da sole, non sono sufficienti. L'arte, la poesia e la musica sono alcuni dei modi più familiari con i quali ci sforziamo di esprimere il nostro essere interiore.

L'estetica, come i principi filosofici, è importante; non tanto per fornire direzione, quanto per riflettere quello che è già dentro. Se si è attratti dai costumi, dalla musica e da altri simbolismi di guerra e altre forme di distruttività, non è perché la vita interiore è in conflitto? Non recitiamo il "lato oscuro" del nostro essere interiore quando ci dedichiamo a celebrazioni, rivolte al gregge e senza umanità, della morte e dei suoi svariati strumenti?

I riferimenti di Nock al Remnant ci ricordano che non è nostro destino partecipare alla marcia verso l'autodistruzione insieme ai lemming della cultura vampira. La vita trova espressione solo entro l'unicità degli individui; ognuno di noi ha il potere di ritirare la propria energia dalle forze istituzionali che trattano la vita umana come poco più di una risorsa intercambiabile da capitalizzare per obiettivi astrusi.

Il potere pacifico che risiede in ognuno di noi è stato portato alla nostra attenzione cosciente nel bellissimo film italiano del 1997, La vita è bella. Un padre e il figlio bambino sono prigionieri in un campo di concentramento nazista e il padre è intento a fare del suo meglio per proteggere l'inviolabilità dell'innocenza del ragazzo. Come la foto, ormai un classico, di Wang Weilin – il giovane che affrontò le macchine di guerra a piazza Tienanmen - questo film enfatizza la battaglia in corso tra lo spirito umano e l'ordine istituzionale.

Ognuno di noi potrebbe presto trovarsi nella condizione di dover affrontare la propria fila di carri armati inviati dal governo. Nel frattempo, possiamo rifiutare la cultura così ampiamente celebrata dai morti viventi che frequentano gli stadi di football, i concerti rock e altri eventi collettivi. Per quanto mi riguarda, mi porto in macchina dei CD e, mentre vado al lavoro, ascolto registrazioni di opere meravigliose come la Nona di Beethoven, Ein Heldenleben di Strauss, Tannhauser di Wagner, Appalachian Spring di Copland, o musicisti jazz come Count Basie, Dave Brubeck, Ramsey Lewis, the Queen City Jazz Band. Quando una partita di football sarà preceduta dal suono di “Sweet Georgia Brown,” o dell'"Inno alla Gioia" di Beethoven, forse comprerò un biglietto!

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Nota [MM]

in questi giorni in cui si susseguono sui giornali notizie sempre più assurde, ho voluto tradurre questo articolo di Shaffer, che, in buona sostanza, le racchiude tutte.

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