di Jon Rappoport (da www.nomorefakenews.com, 19 settembre 2014)

 

In tutti i tempi e in tutti i luoghi, la logica non è mai insegnata alle masse. Non c'è alcuna intenzione di farlo. 

Oggi, nella nostra "società egualitaria", l'istruzione è accompagnata da pubbliche relazioni particolarmente pretenziose, una montatura che surclassa qualsiasi altro periodo della storia. 

Perciò, gli studenti che si diplomano credono erroneamente di sapere come si ragiona.

In questo articolo, vorrei focalizzarmi su una specifica fallacia logica che io chiamo in questo modo: "questo significa quello". 

La si può incontrare ovunque, attraverso tutta la società. Questa fallacia si insinua nel processo di ragionamento, nelle nozioni di autostima, nel bisogno delle persone di identificarsi con una posizione "accettabile".

Prendete il concetto di riscaldamento globale causato dall'uomo. Per molta gente, affermare che sia una realtà significa:

"Io difendo la sacralità della qualità della vita sulla Terra, aiuto il pianeta, denuncio i malvagi crimini delle grandi corporation, riconosco e metto in luce le azioni egoiste e meschine delle masse, appartengo all'avanguardia che riconosce che questo tema rappresenta la più grande minaccia che l'umanità abbia mai conosciuto, sono al di sopra della logica "i profitti prima dei valori", sono in grado di immaginare insieme ad altri un mondo migliore, sono allineato con le migliori menti scientifiche internazionali, sperimento la sensazione di avere una missione più ampia nella vita".

Questo - il global warming causato dall'uomo - significa tutto quello. 

Perciò, come si può affrontare razionalmente il tema del riscaldamento causato dall'uomo? 

Non si può. 

Non vi è nessuna logica. C'è solo "questo significa quello". 

Il concetto, o idea, o simbolo di riscaldamento causato dall'uomo è così pieno zeppo di emotività da resistere a tutti i tentativi di accedervi. 

Ecco un altro esempio: "L'America deve schierare una potente forza militare in tutto il mondo". 

Per molta gente questo significa: "Le guerre degli Stati Uniti sono guerre buone e giustificate, sostenete le nostre truppe, ammirate la rappresentazione della guerra negli sport, elogiate le grandi corporation americane, votate per un 'presidente forte', vincere è tutto, espandete il bilancio del Pentagono, sviluppate un atteggiamento spavaldo, amate la tecnologia in tutte le forme e a tutti i livelli, obbedite e concordate con l'autorità istituzionale, presumete che 'più grande è sempre meglio'".

"Questo significa quello."

Perciò, una discussione razionale sull'assennatezza di dispiegare l'esercito americano in tutto il pianeta è impossibile. La quantità di emotività stipata è un'armatura completa per il corpo e la mente.

Nel caso del riscaldamento globale, l'esame della scienza dietro alle ipotesi diventa completamente irrilevante. Anche solo cominciare a esaminarla dà, alla persona che ha "questo significa quello" fermamente incamerato, la sensazione di un atto di tradimento.

Nulla nell'istruzione di quella persona ha mai scalfito il riflesso condizionato della formulazione "questo-quello". Non c'è mai stata una breccia nell'area della logica.

Invece, l'istruzione al meglio ha pattinato sulla superficie di "questo significa quello", lasciandolo indisturbato.

Con un certo grado di accuratezza, si potrebbe dire che tutte le altre classiche fallacie logiche - attacco ad hominem, straw man, vaghezza generica, ragionamento circolare, appello all'autorità, ecc. - derivano da "questo significa quello". 

Quando ero all'università negli anni '50, ebbi la fortuna di avere un professore di logica il quale era capace di analizzare e separare mille angeli danzanti sulla capocchia di uno spillo - e, al tempo stesso, di mantenere un grande fascino e un senso dell'umorismo naturale. 

Le nostre conversazioni fuori dalle lezioni erano momenti di eccitazione. Erano inoltre intensi allenamenti per la mente. 

Quando ci salutammo, poco prima della mia laurea, la frase con cui mi lasciò fu: "Conosci quello che non sai". 

Circa 20 anni dopo, quando cominciai a lavorare come reporter, quel consiglio mi ritornò alla mente. 

Ero in grado di fare indagini, perché riuscivo a valutare quello che non sapevo e che quindi dovevo scoprire. 

Potevo giudicare le fonti, le quali spesso cercavano di utilizzare errori logici per portarmi fuori strada. 

Una delle grandi delizie del mestiere di reporter è scoprire che la storia su cui stai lavorando non è quella vera. La storia vera risulta essere qualcosa di completamente diverso.

Fu questo il caso nel 1987, quando mi accinsi a scrivere il mio primo libro, AIDS INC.. La gente veniva da me da ogni direzione, dandomi in pasto raffazzonate teorie su cosa "veramente fosse" l'AIDS.

Sembrava credessero che, siccome si allontanavano dalla versione convenzionale, allora per forza dovevano essere nel giusto.

Incontrare quella strana nozione di auto-approvazione mi è stato molto utile, da quel momento in poi. 

Quando alla fine arrivai in fondo alla storia dell'AIDS, fui sconvolto di vedere che non era per nulla quello che avevo previsto che fosse.

E' stupefacente capire quanti passi logici la gente è disposta a tralasciare, quando ha una convinzione "questo significa quello" in testa. 

Come un viaggiatore straniero che visita un museo bizzarro, ho incontrato molte varietà di sofisticheria nel corso degli ultimi 30 anni. 

La logica non è tutto e la fine di tutto. Però è, nel senso più ampio, un metodo in continua espansione a disposizione per esplorare sempre in più in profondità un argomento, una linea di ragionamento, e per relazionarsi con le assunzioni di base sottostanti alla posizione abbracciata da una persona.

E' come imparare una storia andando all'indietro, muovendosi verso l'inizio, dove si trovano tutti i segreti.

Ci sono buone probabilità di incontrare prima o poi qualche forma di persistente "questo significa quello", nascosta come una lucertola sotto un cespuglio.

E' lì, è tranquilla, sta aspettando, e quando spostate via un ramo da una zona d'ombra, vi guarda fisso e voi sapete di essere arrivati al fulcro:

la irremovibile e ostinata fonte di confusione e illogicità

E qualche volta, nei giorni buoni, la lucertola vi racconterà la sua storia. La sua vera storia. Tutta dall'inizio alla fine. E potete vederla ritrovare il suo buon senso perduto.

E' un'esperienza da non perdere. La ricorderete per tutta la vita.


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Nota [MM]
Jon Rappoport è stato il primo a scrivere un libro denunciando la verità sulla storia dell'AIDS. Dopo di lui tanti altri (scienziati, professori di varie specializzazioni, giornalisti, attivisti, ecc.) hanno raccontato sostanzialmente la stessa storia, aggiungendo dettagli e trattando progressivamente tutti gli eventi di questa vicenda che dura ormai da 30 anni. L'analisi di Jon Rappoport è soprattutto psicologica e filosofica, sul come e perché la gente cada vittima di storie senza capo né coda. Da questo punto di vista la profondità della sua analisi è probabilmente tuttora ineguagliata. Come in parte racconta lui stesso in questo articolo, Rappoport partì pensando che l'HIV fosse un virus letale creato in laboratorio. Essendo un uomo che conosce la logica molto bene, si rese conto in fretta che le cose stavano in modo completamente diverso.

Chi mi conosce sa che circa dieci anni fa cominciai improvvisamente e inspiegabilmente a parlare continuamente di AIDS, nonostante personalmente non abbia mai avuto nulla a che fare con l'AIDS.  Gran parte dei cosiddetti "AIDS rethinker" non ha mai avuto nulla a che fare con l'AIDS. Sono persone che, come me, semplicemente si sono imbattute in questa storia, e hanno voluto vederci chiaro. Non è una cosa semplice: richiede almeno diversi mesi di approfondimento, cercando continuamente le risposte alle domande che lungo la strada sorgono in mente. Soprattutto occorre la disposizione a mettere in dubbio quello che dicono le "autorità" politiche e scientifiche, e ad abbracciare posizioni fortemente controcorrente, se la fedeltà alla verità lo richiede.
Nel 2009 ho scritto sul sito effedieffe.com un articolo in cui ho cercato di raccontare in breve e in modo facile tutta la storia. In quell'articolo ho presentato un riepilogo di tutti i principali dettagli scientifici.

Però, quando si arriva in fondo alla storia dell'AIDS, la domanda più scottante non è più "ma è vero che un virus chiamato HIV causa una malattia chiamata AIDS?". Che la risposta sia "no" appare ovvio e lampante a chi approfondisce senza preconcetti, non importa se la stragrande maggioranza delle persone nel mondo non lo sa e non lo vuole sapere. La domanda vera diventa: "Ma come è stato possibile? Perché la gente crede a tutto? E soprattutto, perché ci avevo creduto anch'io?".

La verità che ci si trova davanti è, agli occhi di quasi tutti, troppo incredibile per poter essere presa in considerazione. Ad esempio, uno tra i tanti dettagli, ci si rende conto che ci sono più di centomila articoli pubblicati sulle più prestigiose riviste scientifiche basati su un'ipotesi che non sta in piedi ad una facile analisi. Una cosa così significa ineluttabilmente che il mondo non funziona come la maggioranza crede. Costringe a rivedere dall'inizio tutta la propria concezione del mondo, e questo disturba troppo.

La conclusione a cui si giunge è che la ragione di tutto questo, o almeno quello che lo rende possibile, è proprio la mancanza di logica che così bene descrive Rappoport. Forse Rappoport sembrerà incomprensibile ai più, però quello che dice è proprio quello che si trova davanti chi prova a fornire una versione diversa da quella dei giornali: una collezione infinita di "questo significa quello". Ricordo una cena con una coppia di amici ignari delle mie posizioni, la conversazione - purtroppo - andò a cascare sull'AIDS.  Provai con la logica, ma la risposta della signora fu: "Un mio carissimo amico è morto di AIDS. Io gli ero vicino. Lo so perfettamente cosa è l'AIDS, l'ho visto per esperienza personale". Non poteva credere che con me un tale argomento non fosse conclusivo. Non contemplava minimamente che ci si potesse chiedere da dove deriva l'idea di "AIDS" nella sua mente, come è stato che quella parola ha avuto origine, che cosa è l'HIV e come si fa una diagnosi di AIDS. "Ho visto qualcuno che è morto, la diagnosi era AIDS,  e allora l'AIDS è sicuramente quello che dicono le autorità in campo medico".  Io pensavo ai mesi passati a leggere tutti gli articoli che avevano segnato il progredire della vicenda, a leggere tutte le cose che erano state dette, da una parte e dell'altra della controversia, ad esaminare la storia di praticamente tutti i casi di AIDS, a farmi domande e cercare le risposte, fino a trovarle. Pensavo agli scienziati come Duesberg e Mullis, ai loro sforzi titanici per cercare di avvisare la gente, mettendo a repentaglio le loro carriere. (Duesberg è lo scienziato che ha scoperto i retrovirus, Mullis quello che ha inventato la tecnica per l'analisi del DNA che si usa anche nei test per l'HIV; sono scienziati di questo calibro a far parte degli "AIDS rethinker"). "Un mio amico è morto di AIDS e allora io so". Credeva forse che io non sappia, o che a maggior ragione Duesberg e Mullis non sappiano, che c'è gente che muore e che è diagnosticata di AIDS? Ma lei non farebbe che chiedersi che razza di importanza può avere. Non è, dopotutto, essere allineati con le opinioni di chi conta l'unica cosa importante?

Una lista infinita di "Questo significa quello" già fatti, pronti all'uso, l'unico sforzo è non dimenticarli e tenerli sempre presenti, e mai un dubbio che "ragionare" sia un'altra cosa. E' così che è possibile la diffusione delle bugie più clamorose.

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