di Llewellyn H. Rockwell, Jr. (LewRockwell.com, 1 febbraio 2016)

Questa sera, nei caucus in Iowa, saranno espressi i primi voti reali della stagione elettorale per le presidenziali del 2016. Si presume che questo ci riempia di pensieri gioiosi su governo del popolo, virtù civile, decisioni razionali, e sulla politica quale mezzo tramite cui la volontà della popolazione è messa in pratica.

Al contrario, dovremmo respingere con sdegno quello che l'establishment ci invita a celebrare. La politica opera secondo principi da cui saremmo terrorizzati se li osservassimo nelle nostre vite private, e che ci farebbero finire in galera se cercassimo di applicarli. Lo stato può rubare e chiamarlo tassazione, rapire e chiamarlo leva obbligatoria, uccidere e chiamarlo guerra.

E invece ci viene detto di temere il capitalismo, di tutte le cose.

Cosa sono, dopotutto, il capitalismo e il libero mercato? Non sono nulla più della somma totale degli scambi volontari nella società.

Quando facciamo uno scambio volontario - quando compro mele per cinque dollari, o quando si assume qualcuno per 25 dollari l'ora - entrambe le parti sono avvantaggiate rispetto a quanto sarebbero state in assenza dello scambio.

Non possiamo dire lo stesso riguardo alle nostre interazioni con lo stato, dal momento che paghiamo lo stato sotto la minaccia della violenza. Lo stato finisce avvantaggiato, questo è sicuro.

Le aziende che incrementano i loro profitti grazie a qualche innovazione non possono riposare sugli allori. Altre aziende adotteranno anch'esse le innovazioni, e i profitti insolitamente alti si dissiperanno. L'azienda originale deve continuare a spingersi oltre, sforzandosi di ideare ancora nuovi modi per compiacere il prossimo.

Lo stato non opera sotto condizioni simili. Può rimanere arretrato quanto vuole. Non è consentito ad altre istituzioni competere con lo stato.

Le priorità dello stato scavalcano arbitrariamente le vostre. L'etanolo "è importante per gli agricoltori", dice un candidato. Quindi, siccome lo stato ha deciso che i progetti favoriti di qualche gruppo di interesse, per quanto economicamente insensati, sono "importanti", quello che voi stessi avreste preferito fare con i vostri soldi è semplicemente messo da parte e ignorato, e siete forzati a dare sussidi a quello che lo stato cerca di privilegiare.

Le nostre scuole e i nostri media dipingono le grandi aziende come sinistre, e il governo come benigno. Però, chi non preferirebbe una telefonata promozionale dalla Norwegian Cruise Line ad una richiesta di verifica da parte dell'Agenzia delle Entrate?

Oppure immaginate che un'azienda costruisca una rete di falsità, le usi come pretesto per lanciare un attacco violento su un popolo che non ha mai fatto alcun male agli americani, e provochi qualcosa come un milione di morti e in più milioni di rifugiati interni ed esterni. Quell'azienda sarebbe distrutta e non esisterebbe più. Sarebbe denunciata incessantemente fino alla fine dei tempi.

Tutte queste cose sono veramente accadute, però ad opera dello stato. Come sappiamo tutti, non ci sono state ripercussioni per nessuno. Nessuno è stato punito. In realtà, i perpetratori sono pagati somme a sei cifre per i loro discorsi. L'intera faccenda è minimizzata come al peggio un errore in buona fede. Alcuni sono ancora indignati, ma persino costoro sembra prendano per assodato che non c'è nulla che si può fare riguardo a comportamenti di questo tipo da parte del regime americano.

Immaginate che esista un'azienda in qualche modo così protetta che, nonostante sia responsabile di uno sconvolgente numero di morti, evada ogni responsabilità e semplicemente vada avanti come prima. L'indignazione sarebbe assordante e travolgente.

Tuttavia la propaganda sulla natura benigna dello stato è stata così assillante, sin da quando tutti noi eravamo bambini, che molta gente proprio non riesce a pensare  male dello stato come invece è stato insegnato loro di pensare riguardo alle aziende private - anche se i crimini dello stato battono di gran lunga tutti i misfatti di tutte le aziende private messe insieme. Contemporaneamente, chi si oppone allo stato è costantemente dipinto come incorreggibile misantropo, quando in realtà, alla luce della vera natura dello stato, noi siamo i maggiori difensori dell'umanità.

Il mercato unisce la gente. Uomini di divergenti e talvolta antagoniste estrazioni razziali, religiose e filosofiche sono ben disposti a commerciare gli uni con gli altri. Ancora oltre, la divisione del lavoro internazionale come esiste oggi è il più grande e straordinario esempio di collaborazione umana nella storia del mondo. Innumerevoli imprese producono innumerevoli beni intermedi che alla fine si combinano per diventare prodotti di consumo finiti. L'intera struttura della produzione, in tutta la sua complessità, è mirata a soddisfare le preferenze dei consumatori nel modo più efficiente possibile.

Lo stato, d'altro canto, ci mette gli uni contro gli altri. Se uno di noi ottiene un favore dallo stato, questo è a spese di tutti gli altri. Affinché un gruppo sia beneficiato, un altro deve prima essere espropriato. In un momento o nell'altro, lo stato ha messo gli anziani contro i giovani, i neri contro i bianchi, i poveri contro i ricchi, gli industriali contro gli agricoltori, le donne contro gli uomini.

Nel frattempo, tutti gli sforzi antisociali dedicati a estrarre favori dallo stato sono sforzi non disponibili a produrre beni e servizi per incrementare la prosperità generale.

Il mercato vuol dire prevedere le necessità del nostro prossimo e metterci all'opera per soddisfare quelle necessità nel modo più efficiente - in altre parole, sprecando meno risorse possibile, per far sì che quello che offriamo sia economico per chi ne vuole fruire.

Ah, però abbiamo bisogno dello stato, ci dicono praticamente tutti. Che si tratti dei "monopoli" o della droga, dei cattivi oltreoceano, o delle frotte di altri spauracchi usati dallo stato per giustificarsi, ci viene ricordato costantemente perché si suppone che lo stato sia indispensabile. Sicuro, queste e altre ragioni dello stato suonano sufficientemente plausibili, per questo lo stato e i suoi apologeti le usano. I primi passi esitanti verso la liberazione intellettuale arrivano quando uno considera la possibilità che la verità su questi temi possa essere diversa da quello che sente in TV, o che ha imparato a scuola.

La piccola minoranza di persone che amministra lo stato con fondi espropriati al settore produttivo privato ha bisogno di giustificare questa situazione, per evitare che il pubblico diventi irrequieto o accarezzi idee sovversive sulla reale relazione tra lo stato e se stessi. Qui è dove entrano in gioco le varie banalità dello stato sul governo del popolo, o sulla volontarietà delle tasse, o sui dipendenti del governo quali servitori dei cittadini.

Riflettete per un momento su quest'ultima affermazione: i dipendenti statali sono nostri servitori. Queste persone lavorano per un'istituzione che decide quanto espropriare del nostro reddito e della nostra ricchezza per finanziare se stessa. E noi dovremmo credere che questi siano nostri servitori?

Per chi non è sufficientemente ingenuo da bersi una fandonia così trasparente, le motivazioni diventano leggermente più sofisticate. D'accordo, d'accordo, lo stato può dire, non è proprio esatto dire che la gente governa se stessa. Però, aggiunge rapidamente, possiamo offrire l'alternativa migliore: la gente sarà rappresentata da individui scelti tra loro.

Come ha sostenuto Gerard Casey, però, l'idea di rappresentanza politica è priva di significato. Quando un agente rappresenta il titolare di un'azienda in una negoziazione, egli assicura che siano difesi gli interessi del titolare. Se gli interessi del proprietario sono difesi solo debolmente, o del tutto disattesi, il proprietario sceglie una rappresentanza diversa.

Nulla di tutto ciò mostra alcuna analogia con la rappresentanza politica. Qui, un cosiddetto rappresentante è scelto da alcuni ma attivamente contrastato da altri. Tuttavia si dice che egli "rappresenta" tutti loro. Come può essere, dal momento che non può conoscerli tutti, e, persino se fosse così, scoprirebbe che essi hanno punti di vista e priorità mutuamente inconciliabili?

Persino focalizzandosi esclusivamente sulla gente che ha votato per quel rappresentante, si suppone che il loro voto implichi il consenso ad ogni sua decisione? Alcuni potrebbero aver votato per lui non per le sue posizioni o i suoi meriti, ma semplicemente perché era il minore dei mali rispetto alle alternative. Altri potrebbero averlo votato per una o due delle sue posizioni, ma potrebbero essere indifferenti o ostili a tutto il resto. Davvero si può dire che persino questi elettori - che effettivamente hanno votato per il rappresentante - siano "rappresentati" da lui?

Tuttavia l'idea di rappresentanza politica, nonostante sia senza significato, non è senza utilità per lo stato moderno. Aiuta a nascondere il fatto nudo e crudo che, nonostante tutte le parole sul "governo popolare", persino nelle "società libere" dell'Occidente in sostanza qualcuno governa e gli altri sono governati.

Quando stasera saranno annunciati i risultati tra urrà e celebrazioni, allora, ricordate quello che tutto ciò rappresenta: il trionfo della costrizione sulla cooperazione, della coercizione sulla libertà, della propaganda sulla verità. I libri di educazione civica possono parlare con timore reverenziale mozzafiato del sistema politico americano, però si tratta d gran lunga della peggior cosa degli Stati Uniti. Invece di celebrare l'antisociale mondo della politica, facciamo un brindisi all'anti-politica del libero mercato, che ha prodotto più ricchezza e prosperità tramite pace e cooperazione di quanto potrebbero mai fare lo stato e i suoi politici con tutta la coercizione del mondo.

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