Perché non c'è tanto da stare allegri: un'analisi della situazione italiana nel marasma UE

Alasdair Macleod (mises.org, 16 giugno 2018)

Eu Flag BrexitLa UE come edificio politico è in uno stato di decadenza terminale. Lo sappiamo con certezza per una ed una sufficiente ragione: la sua direttrice di base è che lo stato sia superiore al suo popolo. Un sistema di governo può funzionare sul lungo termine solo se riconosce di essere al servizio del popolo, non il suo padrone. Non importa quale sistema elettorale sia in uso, purché si aderisca a questo principio.

L'esecutivo UE a Bruxelles non accetta il primato elettorale. Condivide invece con il comunismo marxista la fede nella supremazia statalista. L'unica differenza tra le due fedi è che Marx progettava di governare il mondo, mentre Bruxelles aspira a governare l'Europa.

I metodi per raggiungere gli obiettivi differiscono. Marx propugnava la guerra civile su scala globale per distruggere il capitalismo e la borghesia, mentre Bruxelles ha progressivamente accentrato poteri che marginalizzano i parlamenti nazionali. Entrambe le fedi ambiscono ad un esecutivo dotato di tutti i poteri. Il paragone con il marxismo non è lusinghiero per la UE, in quanto suggerisce che l'UE abbia vita limitata e stia per cominciare a disintegrarsi. Nonostante l'evoluzione economica nel resto del mondo, al pari del comunismo marxista Bruxelles è bloccata con economia e credo politico in via di fallimento.

Non ha alcun meccanismo per il compromesso o l'adattamento. La ribellione della Grecia è stata domata, gli inglesi hanno votato per il Brexit, che si sta dimostrando impossibile da negoziare, e ora l'Italia pensa di poter parzialmente sfuggire a questa versione statalista di Hotel California. Gli italiani stanno facendo grandissimi errori. I partiti ribelli nella coalizione di governo vogliono rimanere nella UE ma stanno cercando un'uscita dall'Euro. Lasciando da parte per un attimo l'impossibilità di cambiamento, la loro comprensione è alla rovescia. Se vogliono ottenere qualcosa, dovrebbero uscire dalla UE e stare nell'Euro. Lasciatemi spiegare, cominciando con la politica prima di considerare l'economia.

Come dicevo, la UE è simil-marxista, ponendo lo stato al di sopra della popolazione. Il governo italiano ha collaborato con Bruxelles per rendere schiavi i suoi cittadini quali vassalli del super-stato UE. Se c'è una rivolta in Italia, è a questo che l'elettorato si sta ribellando contro. Eurocrati senza volto dettano al popolo italiano cosa fare e cosa pensare. La gente è scontenta sia del super-stato sia dei propri deboli governi.

I due partiti che formano la recente coalizione sono troppo intimoriti per accusare la UE, quindi propongono di chiedere il perdono del debito e stanno considerando l'uscita dall'Euro. Però senza una visione chiara, senza capire perché l'elettorato italiano è scontento, questa coalizione si rivelerà, in una delle frasi memorabili di Boris Johnson, composta da poco più di supine gelatine invertebrate protoplasmatiche. La Grecia è il precedente. Per questo è facile per la UE trattare gli italiani. Non otterranno niente.

L'argomento economico, secondo cui l'Italia starebbe meglio con una propria moneta, è folle. Con una storia di governi deboli e irresponsabili, è molto meglio che la moneta sia fuori dal controllo italiano. Tuttavia, i commentatori keynesiani accondiscendono all'argomento della valuta debole, nella convinzione che l'Euro sia stato costruito a vantaggio della Germania. L'Italia, insieme agli altri stati membri mediterranei, starebbe pagando il prezzo. Questo, essi sostengono, è il difetto fatale dell'Euro one-size-fits-all. Questa interpretazione della situazione monetaria è una fesseria: trascura il fatto che il debito dell'Italia si è impennato dopo la formazione dell'Euro, perché il costo di prendere denaro a prestito per l'Italia è sceso ai tassi della Germania, grazie alla garanzia di unificazione. La differenza è che la Germania prendeva a prestito per investire nella produzione, mentre il governo italiano prendeva a prestito per spendere. Il problema oggi è che lo sperpero del passato sta presentando il conto, e il governo deve smettere di fare debiti.

Istituire una alternativa basata sulla lira, oppure i mini-BOT di cui si parla, è un concetto mal concepito che non farebbe che peggiorare le cose. La proposta di mini-BOT sembra sia per l'emissione di certificati garantiti da entrate fiscali future da usare per pagare i creditori dello stato. Quindi questi certificati circolerebbero come cambiali dello stato, però ad un valore ridotto per riflettere sia il loro valore rinviato nel tempo sia il fatto che non sono Euro. Sembra che i promotori di schemi come questi non pensino che i creditori dello stato insisteranno per pagamenti in Euro.

I promotori di schemi come i mini-BOT sono ciarlatani monetari, mossi dal desiderio di evadere la realtà. Il governo italiano ha usato questa sorta di formule magiche per anni, soprattutto con l'emissione di titoli sui futuri introiti, come la lotteria nazionale. I mini-BOT sembrano solo la proposta di un ulteriore lancio di dadi.

Non si può definire sorprendente che gli italiani siano stufi del loro establishment e abbiano la sensazione di poterlo scalzare collettivamente solo votandogli contro alle elezioni. Però è troppo tardi, perché lo stato, e quindi le banche, sono già irrimediabilmente falliti, un fatto a malapena nascosto dal finanziamento della BCE al governo italiano ad interesse quasi zero, attraverso l'acquisto di titoli di stato. Non solo la BCE non vuole ammettere qual è la situazione bancaria italiana, ma anche l'Italia è fermamente intrappolata in questo diniego.

Le banche della UE sono anch'esse insolventi

Gli effetti negativi di un'uscita dell'Italia dall'Euro sarebbero fatali per il sistema bancario della UE ad almeno quattro livelli.

  • Il supporto della BCE alle banche italiane sarebbe interrotto, potenzialmente causando l'insorgere di una cascata di fallimenti di banche in Italia, o come risultato di debiti spazzatura che si cristallizzano all'interno del sistema, oppure a causa del deterioramento dei bilanci per il calo del valore dei titoli del governo italiano.

  • I problemi con le banche nasceranno allorquando i prestiti del passato rimangono denominati in Euro, mentre i bilanci sono trasferiti in una nuova valuta che si indebolisce. Le banche italiane non hanno i margini per far fronte a bilanci che si inclinano, se i loro asset sono denominati in una valuta che si indebolisce rispetto alla valuta dei loro impegni.

  • Ci sarebbe una corsa dei residenti negli altri paesi dell'eurozona a ridurre ed eliminare i loro investimenti italiani, equivalente ad una corsa agli sportelli contro l'intero paese. L'unica soluzione politica sarebbe l'imposizione di misure draconiane di controllo dei capitali tra l'Italia e il resto del mondo, inclusi gli altri stati membri UE.

  • Per ultimo, c'è la minaccia per la BCE e il sistema dell'euro stessi.

Non c'è bisogno di elaborazioni, tranne forse per quanto riguarda la minaccia per la BCE e il sistema dell'euro. La BCE sta comprando grandi quantità di titoli italiani, nei fatti finanziando le spese in eccesso del governo italiano, a interessi ridicolmente bassi. Effettivamente, la BCE si è messa in una posizione impossibile, e se la situazione italiana peggiora, il dibattito sul destino degli squilibri del TARGET2 è destinato ad intensificarsi. Questi squilibri sono mostrati nel grafico sotto, relativo alla fine di marzo.

Graph target2

Finché il sistema euro sta insieme, siamo rassicurati che questi squilibri non contino. Tuttavia, con la Banca d'Italia in debito netto con il sistema nell'ordine di €447 miliardi, come affrontare questo squilibri in caso di uscita dell'Italia dall'Euro senza il collasso del sistema diventa una domanda interessante. Vale la pena notare che la banca centrale spagnola è anch'essa in rosso per €390 miliardi, giusto in caso l'elettorato spagnolo, o anche solo i catalani o i baschi, si facciano venire anche loro qualche idea di uscita.

La Bundesbank ha crediti netti per €896 miliardi e sarà estremamente nervosa riguardo all'Italia. La BCE stessa deve un netto di €235 miliardi al tutte le banche centrali nazionali. Quando la BCE compra debito del governo italiano, la Banca d'Italia agisce a nome suo. I titoli italiani sono tenuti presso la Banca d'Italia, e il denaro è dovuto ad essa. Per l'ammontare per cui la BCE ha comprato titoli italiani, il bilancio negativo complessivo della Banca d'Italia è ridotto, quindi i suoi deficit verso le altre banche nazionali nel sistema sono in realtà maggiori dei €447 miliardi mostrati, per l'ammontare dovuto ad essa dalla BCE.

In breve, è difficile vedere come l'Italia possa lasciare l'euro senza che la BCE debba formalmente garantire tutti i deficit del TARGET2. Non è impossibile e la garanzia è già implicita, ma la BCE non vorrebbe che nessuno mettesse in dubbio la sua stessa solvibilità, quindi possiamo assumere con sicurezza che l'uscita non sarà permessa, per una semplice ragione: il sistema e le banche in esso sono solvibili solo finché il sistema non è messo in discussione.

La questione della permanenza nell'Euro dell'Italia potrebbe comunque non essere neppure sollevata, perché la nuova coalizione non sa ancora quello che vuole. Gli italiani devono essere anch'essi dissuasi dal loro desiderio di cancellazione del debito, per la stessa ragione per cui i greci furono similmente dissuasi. Come i greci hanno scoperto, cercare di negoziare con la UE e con la BCE è come parlare ad un muro di pietra. Gli italiani incontreranno le stesse difficoltà. Possiamo abbandonare l'idea che, siccome l'Italia è un problema molto più grande, gli italiani abbiano peso negoziale. Un muro di pietra rimane un muro di pietra.

Per quanto riguarda Bruxelles e Francoforte (sede della BCE), loro sono sempre nel giusto. Il progetto europeo e l'euro sono più importanti delle nazioni individuali, e i loro elettorati non hanno voce in capitolo. Spesso lo consideriamo arroganza, il che è un errore. È peggio: come i marxisti, gli eurocrati hanno un'inattaccabile convinzione dalla loro parte. Dall'altra parte del tavolo siederanno gli italiani, con nessuna convinzione politica degna di menzione, e fin troppo velocemente spaventati dalle conseguenze delle loro stesse azioni.

È così che l'UE funziona. Inevitabilmente, in un sistema statalista senza volto come questo ci sono sempre problemi a livello nazionale da affrontare. Poi ci sono difficoltà localizzate, come la Deutsche Bank, il cui prezzo delle azioni ci dice che sta fallendo. Se ciò avvenisse, senza dubbio verrebbe salvata, per via della sua enorme esposizione ai derivati, del contenimento del rischio sistemico dell'eurozona, e dell'orgoglio tedesco. La BCE ha mostrato grande abilità a farsi strada bluffando attraverso questi ed altri problemi ed è probabile che continui a riuscirci, tranne per una particolare circostanza, cioè la fase di crisi del ciclo del credito.

Il ciclo del credito sarà il disfacimento della UE

È una comune ed erronea convinzione  l'idea che il mondo abbia cicli economici: questo serve ad attribuire la responsabilità al settore privato per le fasi periodiche di boom e crisi. La verità è che ogni ciclo di boom e crisi ha origine nella politica monetaria della banca centrale e nella riserva frazionaria delle banche.

La banca centrale prima cerca di stimolare l'economia con tassi di interesse bassi, avendo iniettato denaro di base nell'economia per soccorrere le banche dalla crisi precedente. La banca centrale persiste a tenere bassi a forza i tassi di interesse, inflazionando gli asset e facilitando il finanziamento dei deficit governativi.

A questo segue l'espansione del credito bancario, in quanto le banche riscontrano che le condizioni commerciali nel mondo non-finanziario sono migliorate. L'inflazione dei prezzi aumenta inaspettatamente ma inevitabilmente, e i tassi di interesse devono essere aumentati. Aumentano fino al punto per cui malinvestimenti precedenti cominciano ad essere liquidati e nei mercati finanziari si sviluppa una crisi nel pagamento dei mutui/prestiti.

Si tratta fondamentalmente di un ciclo del credito, non un ciclo nelle attività economiche. I banchieri centrali non capiscono, con pochissime eccezioni, di essere loro la causa. E i pochi banchieri centrali che lo capiscono non sono in grado di influenzare la politica monetaria a sufficienza da poterla cambiare. Non comprendendo che sono loro stessi a creare la crisi, i banchieri centrali credono di poter controllare tutti i rischi finanziari tramite regolamentazione e interventi, il che è il motivo per cui sono sempre colti di sorpresa quando una crisi di credito li colpisce.

Per queste ragioni sappiamo che è solo una questione di tempo prima che il mondo si trovi di fronte ad un'altra crisi di credito. La prossima sarà probabilmente senza precedenti per violenza, anche più forte della più recente, negli anni 2008-2009, a causa della inflazione monetaria aggiuntiva che ha avuto luogo negli ultimi dieci anni. L'ulteriore accumulo di debito negli anni dopo la crisi del 2008 significa inoltre che questa volta sarà sufficiente un aumento dell'inflazione dei prezzi più lieve, e quindi un minor rialzo dei tassi di interesse, per innescarla.

La mia previsione corrente è che una liquidazione globale del debito e crisi del credito non sia lontana e accadrà entro i primi mesi del 2019, forse prima della fine di quest'anno. Il problema è globale e non sappiamo dove scoppierà. Però una volta che succeda, la BCE e l'Euro si troveranno di fronte probabilmente la più violenta deflazione nella storia moderna, superando persino la recessione globale degli anni '30. Sappiamo in anticipo quale sarà la presunta soluzione: iperinflazione monetaria per salvare le banche, i governi e gli indebitati.

Gli effetti sui prezzi nell'eurozona è improbabile siano ritardati come sono stati nel ciclo corrente, in parte per la creazione di denaro e credito in grande scala per stabilizzare il sistema finanziario, in parte perché l'Euro è subordinato al dollaro come valuta rifugio, e in parte a causa della sua storia limitata come mezzo di scambio.

Brexit

Se ho ragione anche solo a metà sui tempi della nuova crisi del credito, essa avverrà approssimativamente allo stesso tempo in cui è previsto che la Gran Bretagna esca dalla UE, a marzo 2019. Logicamente, il Brexit non dovrebbe essere modificato per la crisi del credito e la catastrofe nell'eurozona, ma gli istinti statalisti del governo britannico potrebbero essere quelli di sospendere l'intero processo del Brexit nell'interesse dell'unità globale governativa, almeno per il tempo necessario per le decisioni su come affrontare la più generale crisi del credito. Il coordinamento delle politiche al livello G20 sembra sia destinato ad assumere precedenza rispetto a temi politici potenzialmente distruttivi come il Brexit.

Quindi, nonostante l'impegno verso i risultati del referendum, persino la Gran Bretagna potrebbe continuare ad essere intrappolata nel marcescente super-stato UE più a lungo del previsto, in spregio ai desideri dell'elettorato. Come Hayek presagisce in The Road to Serfdom, la UE e il governo inglese coglieranno l'opportunità della crisi per incrementare il loro controllo sui singoli popoli, erodendo ulteriormente le libertà limitate che sono rimaste loro.

Nel frattempo, gli inglesi si ritrovano in una posizione simile agli italiani. La UE semplicemente rifiuta di accettare il mandato elettorale degli inglesi, perché per quanto la riguarda non si tratta di un argomento per gli elettori inglesi. Bruxelles è rassicurata del fatto che ci siano potenti forze nell'establishment britannico che mineranno la posizione della Gran Bretagna nei negoziati. Sono sicuri che la Gran Bretagna non lascerà mai la UE, perché non sarà permesso. Di conseguenza il team inglese per il Brexit si trova a cercare di negoziare con quell'inamovibile muro di pietra.

La certezza simil-marxista nella posizione della UE si confronta con la mancanza di devozione degli inglesi a qualsiasi posizione solida. Il governo conservatore solo a parole ama il libero mercato, ma non ha la determinazione di difenderlo. Né può ergersi a difesa del principio di supremazia democratica dell'elettorato inglese, quando nonostante il mantra di agire secondo le istruzioni del referendum appare ben disponibile al compromesso. Il risultato è che nonostante lo sforzo dei 'Brexiteer' come Boris Johnson, il governo britannico, come il governo italiano, risulta essere una supina gelatina invertebrata protoplasmatica, ponendo i suoi istinti di sopravvivenza a breve termine al di sopra delle sue responsabilità elettorali.

A questo punto, possiamo solo dedurre che, come con la vecchia Unione Sovietica, la presa politica della UE rimane forte come sempre. Il problema è che la negazione del libero mercato e la supremazia del super-stato stanno lentamente facendo marcire la UE dall'interno. L'istinto euro-scettico di abbandonarla per un mondo più dinamico fuori dalla UE è sicuramente giusto. Tuttavia la precarietà della UE sarà messa completamente in vista solo dalla prossima crisi del credito e dalla risposta monetaria della BCE, che finirà per far collassare l'Euro.

(Traduzione Maria Missiroli)
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Nota -- MM
Questa lunga e interessante analisi abbonda di spunti, anche sulla situazione italiana. Non necessariamente li condivido tutti.  In particolare, l'idea che sia meglio per l'Italia non gestire una valuta propria, nonostante la senta ripetere da più parti, mi sembra un'assurdità, se la valuta straniera è fiat. I tanti che sfottono i "sovranisti" possono trovare mille reali difetti in quanto questi affermano, ciò non toglie che alla radice ci sia un principio giusto.

Inoltre Macleod, relativamente alla situazione italiana, non cita la saturazione di tasse e regolamentazioni sulle attività produttive che stanno strangolando il paese molto più rapidamente delle politiche monetarie.

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