Il dottor Dalrymple tocca con apparente leggerezza il tema della propaganda e delle falsità sui media

Theodore Dalrymple (takimag, 9 marzo 2019)

Ci sono "lies, damned lies and statistics", disse Disraeli.  Dubito ci sia qualcuno di noi che non abbia mai usato impropriamente una statistica nel corso di una discussione, che fosse intenzionalmente o meno. In gran parte la gente è incline a prendere la correlazione per causalità, e, se dico che la gente di alta intelligenza è incline ad avere piedi grandi, qualcuno è destinato a concludere che il nostro cervello è nei nostri alluci.

Le statistiche sono la linfa vitale di qualsiasi discussione politica di questi tempo. Spesso scegliamo tra le statistiche non per raggiungere una conclusione valida ma per convalidare una conclusione che abbiamo già raggiunto.  Qualunque sia il nostro sentimento verso il prossimo, amiamo le nostre conclusioni come noi stessi.

Il 27 febbraio scorso il titolo in prima pagina del Guardian era:

Il governo: il no-deal Brexit potrebbe restringere l'economia UK del 9%

Il primo capoverso dell'articolo sotto al titolo diceva:

Il governo ha emesso un cupo avvertimento su un no-deal Brexit, stimando che l'economia del Regno Unito potrebbe essere più debole del 9% sul lungo termine....

Indipendentemente da quanto avviene nella realtà, che potrebbe o potrebbe non essere un disastro economico, questo titolo e la frase di apertura sono più affermazioni emotive -- propaganda, in effetti -- che informazione. "Potrebbe restringere" e "potrebbe essere" sono solo ipotetiche; "sul lungo termine" è così indefinito da essere inutile e in ogni caso fa riferimento ad un'alternativa la cui veridicità non si può conoscere con ragionevole certezza persino a posteriori. Che cos'è "lungo termine"? Un anno, cinque anni, cento anni? E il 9% di cosa? Di quello che l'economia avrebbe altrimenti potuto essere -- potuto essere quando? O il 9% di come è adesso? Questa è economia come astrologia per i colti, non meglio di "Questo mese incontrerai uno sconosciuto importante ed è un buon momento per cogliere le tue opportunità".

Per quanto riguarda le stime del governo, non sono esattamente tavole dal Monte Sinai. In breve, il titolo e l'apertura della storia sono, per la mente, quello che la carta da parati è per una stanza: creano un'impressione persistente ma non aggiungono nulla alla struttura.

Ovviamente, è inevitabile che i giornali oggigiorno non trasmettano tanto notizie o informazione quanto opinioni: arrivano troppo tardi per essere diffusori di informazione in un'epoca di istantaneità. La rapidità con la quale si esprimono opinioni è aumentata fortemente nell'arco della mia breve carriera. Quando cominciai come giornalista, un quotidiano poteva concedermi diversi giorni per ideare un articolo su questo o quest'altro, permettendo almeno un po' di tempo per la ricerca. Man mano che la tecnologia ha cambiato la velocità con cui i giornali possono essere prodotti, il tempo entro il quale è richiesto un articolo è diventato sempre più breve, quindi non c'era tempo, qualche volta neanche un'ora o due, per la riflessione. Invano ho argomentato che un po' di tempo extra avrebbe accresciuto il valore dell'articolo; il punto era la velocità, non la profondità. I direttori mi hanno ricordato che nel regno dell'ignoranza (in cui si supponeva risiedessero i lettori), l'uomo con un fatto era re, quindi era richiesta pochissima informazione. L'abilità di saper riempire gli spazi con qualcosa di tollerabilmente coerente e non totalmente irrilevante all'oggetto era l'abilità richiesta. Per quanto riguardava il giornale, un evento avvenuto il giorno prima di ieri sarebbe potuto accadere allo stesso modo nel 4000 a.C., non importa quanto fosse importante. La storia diventava antica sempre più rapidamente.

I giornali, quindi, erano sempre più parte dell'industria dell'intrattenimento, essenzialmente frivola. Questa tendenza non ha fatto altro che accelerare. Nell'ambito delle notizie, la nostra tolleranza al ritardo nella comprensione è quasi zero. Non appena c'è un attacco terroristico, per dire, vogliamo sapere non solo chi è stato, ma anche perché. Si tira fuori uno psicologo per un'opinione istantanea, che probabilmente non è molto diversa dall'opinione che avrebbe espresso prima di sapere nulla sul terrorista, o persino prima che l'attacco avvenisse. Il terrorista era, o sarà, un giovane che amava il calcio, andava nei locali notturni, beveva, proveniva da quello che si usava chiamare una famiglia divisa, improvvisamente si è convertito, e nessuno dei suoi vicini avrebbe mai immaginato che stesse per fare quello che ha fatto (era tranquillo, amichevole e gentile, un ragazzo normale), ecc. ecc. Si potrebbero scrivere svariati di questi profili in anticipo, e selezionare tra questi come si scelgono i francobolli sulla busta in base alla destinazione della lettera. Anche così noi, i lettori, avremmo l'impressione di aver imparato qualcosa che non sapevamo prima.

Mi è capitata l'esperienza, come a molti, di essere in grado di confrontare una persona o un evento su cui avevo conoscenza diretta con quanto è apparso sui media, e di vedere descrizioni o resoconti sbagliati. Per esempio, conoscevo un carcerato la cui morte in prigione fu descritta dalla stampa in modo tale da dare l'impressione, completamente fuorviante, di trascuratezza e persino crudeltà, ma non potevo correggere per ragioni di confidenzialità, quindi l'impressione divenne un fatto storico stabilito. Ho fatto un po' di reportage di guerra, scoprendo che riportare notizie in modo errato è la regola per le cose sia grandi sia piccole.

Tuttavia, nonostante il fatto di non aver mai trovato qualcosa che conoscessi personalmente riportato accuratamente, sono ancora incline ad attribuire credibilità a quello che leggo o ascolto. Forse -- dico a me stesso -- ogni altra cosa è riportata correttamente, è solo per sfortunata coincidenza che l'errore si è sempre insinuato nelle notizie su quello che conosco per esperienza personale. Quindi leggo o ascolto, e ancora credo.

Tutto ciò suggerisce una volontà di credere. Non si può vivere in uno stato di permanente scetticismo su tutto. In effetti, nonostante abbia passato gran parte della mia vita tra ladri, criminali e giornalisti, sono una persona piuttosto fiduciosa. Quando il mio consulente finanziario mi presenta i suoi grafici, mostrandomi che sono più ricco di quanto fossi l'ultima volta, con grafici appositamente studiati (crescita del 9% sul lungo termine) per dimostrarlo, gli credo perché voglio credervi.

(Traduzione Maria Missiroli)

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