Discorso pronunciato alla riunione annuale del Committee for Monetary Research and Education a New York il 22 maggio 2014.

[Nota: la traduzione è non integrale, sono alcuni brani a mio avviso particolarmente significativi. MM]

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Il pubblico generico viene spinto a credere che l'economia sia un gigantesco numero che va su e giù. Si pensa che sia il ruolo dell'autorità monetaria spingere quel numero di nuovo su ogni volta che mostra segni di cedimento. L'unico potenziale inconveniente di interventi di questo tipo, viene detto al pubblico, è il rischio di un aumento dei prezzi al consumo, un rischio che chi decide le politiche è tradizionalmente ben disposto a correre.

L'economia, però, non è un gigantesco numero. E' una fitta rete di processi di produzione interconnessi che lavorano in cooperazione implicita gli uni con gli altri, per produrre le grandi varietà di beni di cui godiamo. Questa rete si forma senza bisogno di una guida centrale. E' assemblata con l'aiuto del sistema dei prezzi che nasce nel libero mercato. Il calcolo economico, il metro basato su profitti-perdite reso possibile per l'imprenditore da un sistema dei prezzi libero, dirige l'allocazione delle risorse verso gli usi che producono più valore, spingendo costantemente l'economia verso una situazione in cui i desideri dei consumatori, continuamente variabili, sono soddisfatti nel modo più efficiente in termini di opportunità esistenti.

La "politica monetaria" introduce rumore bianco e confusione in questo processo spontaneo, distorcendo lo schema di allocazione di risorse che sarebbe avvenuto in sua assenza. I tassi di interesse nel mercato indisturbato coordinano la produzione nel tempo. Quando i consumatori vogliono maggiori quantità dei prodotti esistenti, questo è quanto il mercato produce. Quando i consumatori preferiscono risparmiare di più del loro reddito, il mercato conformemente si mette all'opera su progetti che matureranno nel futuro, quando i consumatori saranno di nuovo pronti a spendere.

Tassi di interesse artificialmente bassi, posti in essere dalla banca centrale, influenzano la redditività di progetti di produzione diversi in modo diverso. I progetti più lontani temporalmente da prodotti di consumo finiti ricevono uno stimolo artificiale dall'abbassamento forzato dei tassi di interesse. Questi progetti, che sembrano proficui nel momento in cui sono avviati, incontrano difficoltà non appena si rivelano le reali preferenze dei consumatori riguardo a consumo e risparmio, mentre il risparmio reale necessario a finanziarli non si materializza.

Perciò, l'intervento della banca centrale riarrangia la struttura della produzione in una configurazione insostenibile. Gli imprenditori sono fuorviati ad investire in progetti non conformi agli andamenti della domanda dei consumatori. Sono avviati progetti per i quali le risorse complementari non sono disponibili in quantità sufficienti. Quando diventa chiaro che la prosperità apparente è costruita sulla sabbia, l'autorità monetaria è tentata di aumentare la dose di iniezione monetaria, spingendo i tassi di interesse ancora più in basso. Se lo fa, deforma l'economia ancora di più e aumenta il numero di linee di produzione che possono sopravvivere solo se continuano queste politiche monetarie allentate.

Questo è quello che intendeva F.A. Hayek quando disse della politica monetaria inflazionistica che "i suoi stimoli sono dovuti agli errori che produce". Essa stimola attività, davvero, ma non il tipo di attività che i consumatori domandano. Più stimoli artificiali la Federal Reserve crea e più artificiale diventa l'economia stessa. Sempre più progetti di produzione giungono a fare affidamento per la loro redditività non sull'impiego di risorse entro la rete interconnessa di produzione in modo tale da servire al meglio le preferenze dei consumatori, bensì, invece, sulla continuazione della creazione di denaro da parte della banca centrale. Più interventi in questo senso sono intrapresi dalla Federal Reserve, più ampio diventa il settore dell'economia la cui sopravvivenza dipende dalla continuazione di questi interventi, e più fortemente il sistema tracollerà quando la banca centrale alla fine decide di ridurre o interrompere queste attività.

[....]  Le banche centrali del mondo, insieme ai giornalisti finanziari che le sostengono, agiscono come se ogni persona pensante fosse certa che la pianificazione centrale monetaria sia stata un enorme successo e come se solo chi è grossolanamente non informato o ciecamente ideologizzato potesse dissentire da questo giudizio quasi universale.

[....] All'indomani del crash [del 2008], la Federal Reserve ha continuato a spingere su il mercato borsistico. A settembre 2012 l'indice Standard&Poor era aumentato del 115% rispetto al suo minimo durante la fase di crisi. Dei 5.6 milioni di posti di lavoro veramente produttivi persi durante la correzione, solo 200mila erano stati recuperati. E durante la celebrata ripresa, le famiglie americane hanno speso 30 miliardi di dollari in meno in alimentari nell'autunno del 2012 rispetto allo stesso periodo del 2007. [....]

Negli anni '30 del diciannovesimo secolo, William Lagget, l'editorialista jacksoniano anti-schiavitù di New York, propose la splendida espressione "separazione di denaro e stato". Era un'intuizione azzeccata. Ludwig von Mises una volta disse che la storia del denaro è la storia degli sforzi dei governi per distruggere il denaro; Hayek osservò che non abbiamo alcun motivo per aspettarci che i governi ci diano un denaro buono. Al contrario, abbiamo ogni ragione di aspettarci che i governi sfruttino la loro posizione di monopolisti nella produzione di denaro in modi che accrescano il loro potere e portino benefici alle loro cerchie favorite.

Non abbiamo bisogno di "politica monetaria" più di quanto abbiamo bisogno di una politica per pennelli da imbianchino, di una politica per i cappellini da baseball o di una politica per le automobili. Non abbiamo bisogno di un'istituzione monopolistica che crei denaro per noi. Il denaro, come ogni bene, è prodotto al meglio sul mercato, all'interno delle connessioni del calcolo economico. La creazione del denaro da parte dei governi o delle loro banche centrali monopoliste produce per noi cicli economici, svalutazione monetaria e un aumento del potere governativo. Non è desiderabile né dal punto di vista economico né da quello libertario. Se vogliamo pronunciare verità monetarie, questa è la più centrale e sovversiva di tutte.

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[Nota: la situazione nell'area Euro è al momento molto diversa da quella americana (e inglese e giapponese ecc.), dove la politica monetaria è keynesiana e inflazionistica. Da più parti di chiede di allentare i vincoli europei (l'unione monetaria europea è fondata sulla teoria monetaria della scuola di Chicago - quella dei target di deficit e inflazione - che è assolutamente deleteria se politica monetaria e politica fiscale non procedono di pari passo), la BCE non vede l'ora di stampare denaro, i tedeschi comprensibilmente non vogliono; anche Berlusconi chiede a gran voce di "fare come in America" ed esterna idee keynesiane continuamente.  Non che non sia comprensibile.
Ora, la politica monetaria inflazionistica provoca danni enormi, come spiega Rockwell in questo discorso. Sono danni insidiosi e non immediati da capire. Invece è subito chiaro a tutti che strozzare le attività produttive per pagare gli interessi su debiti impagabili fatti da altri (i governi), come avviene in Europa, è un suicidio, non c'è bisogno di sottili ragionamenti.
La soluzione migliore sarebbe ripudiare il debito e ridurre le spese statali (e riacquistare la sovranità nazionale), ma non è politicamente possibile; l'Europa è così avvolta in una spirale infernale in cui guadagnano solo banchieri e che promette veramente poco di buono. MM]