Nonostante l’Italia adotti principi contabili internazionali, nella “difesa” delle banche di credito cooperativo che gli esponenti di governo intendono porre in essere pare si vada verso una parziale disapplicazione degli stessi.

Ecco quanto dichiarato (l’impressione è che parlasse di una materia che non conosce, impressione che si ha spesso sentendo questi signori aprono bocca) il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro:

Sostenere l'autonomia delle banche del territorio è una priorità assoluta di governo e M5S. Abbiamo messo a punto una serie di interventi a tutela della natura mutualistica delle Bcc, che nelle Province di Trento e Bolzano svolgono da sempre una preziosa funzione propulsiva per l'economia. La novità è che le Bcc non dovranno contabilizzare costantemente perdite legate all'andamento dello spread: una norma per tenerle lontane dalle speculazioni finanziarie, evitando che le oscillazioni dei rendimenti dei titoli impattino negativamente sui bilanci.”

Posto che le Bcc non svolgono quella funzione solo nelle province di Trento e Bolzano (zona dove pure Fraccaro chiede i voti, peraltro alle recenti elezioni neppure classificandosi al primo posto nel proprio collegio nonostante il suo partito avesse il vento in poppa), l’intervento del governo sembra volto più a mettere una pezza ex post a errori di classificazione fatti da quelle banche piuttosto che altro.

Il principio contabile che si applica per la classificazione e la misurazione delle attività finanziarie è l’IFRS 9. Il quale già consente alle banche di classificare i titoli, se ciò è coerente con il loro modello di business, nel portafoglio a costo ammortizzato, che non prevede la valutazione a valore di mercato dei titoli e, di conseguenza, non impone perdite in conto economico o riduzioni di patrimonio in caso di minusvalenze latenti.

Viceversa, se i titoli sono classificati in altri tipi di portafoglio (non sto a entrare troppo nei dettagli che risulterebbero noiosi ai non addetti ai lavori), devono essere valutati al loro valore di mercato, con imputazione della eventuale minusvalenza, a seconda dei casi, al conto economico o al patrimonio.

E’ ovviamente possibile riclassificare i titoli se cambia il modello di business, spostandoli nel portafoglio a costo ammortizzato. Ma la differenza tra il valore di carico e quello di mercato al momento della riclassificazione deve essere imputata a conto economico.

L’impressione è che diverse Bcc, oltre ad avere una quantità di titoli di Stato eccessivamente rilevante sul totale dell’attivo, non abbiano classificato i titoli nel portafoglio a costo ammortizzato al momento della entrata in vigore dell’IFRS 9 (inizio 2018) o, se successivo, della loro acquisizione. Il motivo è che sui titoli classificati nel portafoglio a costo ammortizzato non è consentito un turnover illimitato, il che limita la possibilità di prendere profitto realizzando utili in caso di andamento favorevole dei prezzi di mercato.

In altri termini, se da un lato con la classificazione a costo ammortizzato non si imputano le eventuali minusvalenze a conto economico o a patrimonio, dall’altro non si può vendere senza limiti i titoli in eventuale plusvalenza.

Sarebbe stato sufficiente classificare correttamente i titoli per evitare problemi contabili, se davvero l’intenzione non era quella di fare trading.

L’intervento del governo sembra quindi essere un aiuto, peraltro distorsivo della concorrenza perché dello stesso aiuto pare non godranno le banche non Bcc, per evitare di trovarsi sottocapitalizzate a fronte delle minusvalenze da aumento dello spread accumulate da quando questo stesso governo è in carica.

Il tutto non per tenere le Bcc lontane dalle speculazioni finanziarie, ma per salvarle da quelle già fatte e andate male.

(Matteo Corsini)