Con una legge nel 2020, creeremo un “reddito universale di attività” per permettere ad ognuno di vivere in modo decente.”

Ad affermarlo non è stato Luigi Di Maio rimandando al 2020 la promessa elettorale di punta del M5S, bensì Emmanuel Macron, alle prese con un consenso talmente basso da far sembrare popolari i suoi due ultimi predecessori.

Secondo il presidente francese, sarà una misura “universale perché ognuno potrà pretenderlo non appena i suoi redditi passeranno al di sotto di una certa soglia.”

 

Ovviamente sarà condizionato: “un contratto con impegni e responsabilità reciproci, corredato da diritti e doveri supplementari”, perché per beneficiarne sarà necessario un “percorso di inserimento in cui sarà impossibile rifiutare oltre due offerte ragionevoli di lavoro”.

 

Nei giorni scorsi i sinistrorsi, presi dal panico, hanno auspicato alle prossime europee un fronte unitario che vada da Macron a Tsipras.

 

Dopo questa uscita macroniana il fronte va allargato a Di Maio, che avrebbe anche titolo a rivendicare la leadership, visto che l’enarca Macron ne scimmiotta il provvedimento simbolo.

 

Se questo è il futuro dell’Europa, c’è ben poco da stare allegri.

(Matteo Corsini)

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