La conclusione formale del programma di aiuti alla Grecia è stata l’ennesima occasione per un esercizio di ipocrisia da parte dei vertici comunitari. Per esempio, ecco una dichiarazione del socialista Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici e monetari.

La conclusione del programma di sostegno alla stabilità è una buona notizia per la Grecia e per l'Eurozona. Per la Grecia, segna l'inizio di un nuovo capitolo dopo otto anni molto difficili. Per l'Eurozona, traccia una linea simbolica sotto una crisi esistenziale.”

 

A partire dal 2010, la Grecia ha ottenuto 256,6 miliardi dalla Ue e 32,1 dal FMI, oltre a una ristrutturazione nell’ambito della quale i creditori privati hanno perso oltre 100 miliardi. Aiuti che, nella fase iniziale, servirono per lo più a far rientrare i crediti concessi dalle banche europee, per la maggior parte tedesche e francesi. Messi assieme, tra ristrutturazione e aiuti i soldi sono più dell’intero debito pubblico greco a inizio crisi.

 

Oggi la Grecia ha però un rapporto tra debito e Pil che supera il 180%, sostenibile solo artificialmente perché i creditori pubblici hanno concesso una lunga moratoria sul pagamento degli interessi, oltre a condizioni piuttosto favorevoli.

 

Purtroppo, però, si è voluta mantenere la finzione che quei debiti saranno pagati dalla Grecia, mentre avrebbe avuto molto più senso stralciarne una parte fin da subito ed evitare questa sceneggiata a spese di una parte dei greci e dei pagatori di tasse europei.

 

L’idea era di non creare un precedente, quindi si sta spacciando che la Grecia manterrà per un decennio un avanzo primario del 3.4% del Pil, poi costantemente del 2.2% fino al 2060. Il tutto per approdare a un rapporto tra debito e Pil del 100%.

E’ evidente che basta che qualcosa non vada in modo così idilliaco (ci sarebbe da stupirsi del contrario) e il debito tornerà a essere insostenibile. Si consideri che la Grecia dovrà tornare sul mercato a finanziarsi a partire dal prossimo anno, e ben difficilmente potrà farlo a un costo compatibile con quei numeri.

 

Oggi siamo davvero all’inizio “di un nuovo capitolo dopo otto anni molto difficili”, ma dubito che sia un capitolo migliore di quello appena concluso.

(Matteo Corsini)

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