Difendendo il decreto da lui voluto e per il quale ha coniato l’indegno nome di “decreto dignità”, Luigi Di Maio ha affermato nell’aula del Senato:

 E' giunto il momento di non inseguire più il 'dio mercato' ma di cominciare di nuovo a mettere al centro la persona e le sue esigenze.”

Probabilmente Di Maio ha tratto ispirazione da statisti del calibro di Nicolas Maduro o i fratelli Castro, che cose del genere vanno affermandole da sempre, ottenendo risultati disastrosi per le persone che a parole intendono beneficiare.

E non dubito che potrebbe ottenere un plauso da parte del Papa, che non perde occasione per scagliare anatemi contro il mercato (dimostrando di non avere idea, in realtà, di cosa sia il mercato), soffermandosi molto meno su quanto accade nei paradisi socialisti della sua cara America Latina.

Magari Di Maio vuole guadagnarsi una copertina favorevole su Famiglia Cristiana, nella sua continua competizione con la controparte del contratto di governo, Matteo Salvini, recentemente additato come demonio dal settimanale cattolico, e non certo per le sue bislacche idee (di matrice borghiana e bagnaiana) su faccende economiche.

Ma stia tranquillo Di Maio, perché non c’è mai stato alcun culto del mercato in Italia. Al mercato sono state spesso imputate colpe e fallimenti dell’azione politica, e probabilmente sarà così anche quando provvedimenti come il decreto dignità dispiegheranno i loro effetti tutt’altro che positivi per l’economia.

(Matteo Corsini)