Leggo sul Sole 24Ore un articolo che rende conto del giudizio, definito “severo”, che l’autorità Antitrust ha riservato alle politiche per la concorrenza.

In effetti la legge sulla concorrenza, che dovrebbe avere cadenza annuale e invece nell’ultimo caso ha avuto una gestazione da doppio elefante, ha finito per introdurre limiti alla concorrenza e veri e propri arretramenti in diversi settori, quali professioni, servizi postali, sanità, concessioni e diritti d’autore.

Carmine Fotina, autore dell’articolo, nota che “Tra passi indietro e cambiamenti che non sono arrivati sono troppi i settori coinvolti per non pensare a una cronica difficoltà a legiferare a favore del mercato. Ora l’Antitrust si appella al Parlamento e al governo che si insedierà.”

La quale Antitrust dichiara:

L’auspicio è che la nuova legislatura riprenda il sentiero delle liberalizzazioni.”

Premesso che dal punto di vista di un libertario il concetto stesso di legge sulla concorrenza è indigesto essendo in sostanza un ossimoro, non si tratta di “cronica difficoltà”, bensì di cronica avversità. Perché l’unico modo per legiferare a favore della concorrenza consisterebbe nel rimuovere vincoli, ossia nel delegiferare rispetto a quanto fatto in passato.

Al contrario, in Italia concorrenza e liberalizzazioni risultano essere indigeste perché ogni corporazione è a favore della concorrenza negli altri settori tranne che nel proprio, ed è anche un bacino elettorale. Quindi chi legifera, avendo come fine il consenso elettorale ed essendo spesso proveniente da una delle corporazioni di cui sopra, non può essere a favore della concorrenza e del libero mercato.

Prova ne sia che quelle che in Italia sono etichettate come liberalizzazioni finiscono spesso con essere farcite di pesanti adempimenti formali che comportano costi di compliance sopportabili da chi già ha consistenti quote di mercato, ma che nei fatti rappresentano formidabili barriere all’entrata.

Quanto all’auspicio dell’Antitrust, se a legiferare sarà una maggioranza pentaleghista le cose non credo miglioreranno.

(Matteo Corsini)