Di recente Confindustria ha lanciato alcune proposte che ruotano tutte quante attorno all'idea di andare avanti aumentando il debito, sperando in una sua parziale mutualizzazione via eurobond.

Una serie di proposte che, a fronte del finanziamento a debito dei mitologici “investimenti in beni pubblici europei” (o formule simili), porterebbe a una crescita del Pil e a una riduzione del debito in rapporto al Pil di 20 punti in 5 anni.

Gli eurobond dovrebbero ammontare al 3% del bilancio dell’eurozona, e dalle parti di Confindustria sostengono che si tratti di una proposta caratterizzata da “prudenza e realismo”.

Quanto alle tasse, ecco cosa afferma il direttore generale Marcella Panucci: “quel che funziona di più è una riduzione della pressione fiscale non generalizzata ma selettiva, che premi comportamenti virtuosi delle imprese: quindi l’azzeramento del cuneo fiscale per l’assunzione stabile di giovani e i benefici per chi investe in ricerca, innovazione e industria 4.0.

Ovviamente in ogni discorso che si rispetti non può mancare un riferimento a “industria 4.0”. Il succo del discorso, comunque, è che le tasse vadano ridotte solo alle imprese. Considerando che la spesa non calerebbe di un euro (anzi), dove prendere i soldi?

Secondo Confindustria, mediante una “contribuzione progressiva sui servizi pubblici, per sanità e istruzione in prima battuta.”

Come se oggi quei servizi, finanziati prevalentemente mediante l’Irpef, non fossero già, di fatto, soggetti a contribuzione progressiva.

Almeno avessero la decenza di non spacciare un punto di vista puramente lobbistico per il “bene del Paese”.

(Matteo Corsini)

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