Così come trovo irritante chi invoca la tassazione altrui, trovo altrettanto irritante che ci sia chi propone che taluni servizi siano resi obbligatori e per di più si imponga a chi dovrebbe prestarli di farlo gratuitamente, come se ciò non comportasse un costo.

Questo capita spesso leggendo Plus24. La cosa viene facilitata dal fatto che si tratta quasi sempre di sparare sulle banche, uno sport che ha molti cultori e praticanti, spesso però per i motivi sbagliati.

Prendiamo per esempio quanto scritto da Gianfranco Ursino in merito al recupero della tassazione subita all’estero su taluni interessi e dividendi.

Il mancato recupero della doppia imposizione fiscale che grava sui proventi (dividendi e interessi) da investimenti in titoli esteri è un tema da non sottovalutare. Nelle casse del Fisco dei Paesi stranieri giacciono “dimenticati” miliardi di euro che in realtà dovrebbero essere rimborsati ai risparmiatori italiani.”

Ma per far valere questo diritto oltre a non essere semplice, spesso è ignorato o non incentivato dagli stessi intermediari che dovrebbero in realtà aiutare il cliente ad attivare il processo di recupero. Per le banche sono costi e perdite di tempo. Una soluzione potrebbe essere quella di introdurre un obbligo per l’intermediario affinché facciano valere i diritti sanciti per i loro clienti dagli accordi sulla doppia imposizione. Un recupero che da un’inchiesta condotta in passato da Plus24 non viene attivato neanche da investitori istituzionali, come alcuni fondi pensione e casse di previdenza.”

Ursino dà per scontato, come spesso gli accade, che le banche facciano tutte un pessimo lavoro. Non recuperano le imposte pagate all’estero dai clienti? Allora rendiamo obbligatoria la pratica.

Lui stesso, peraltro, individua il problema: “sono costi e perdite di tempo.” Le malefatte delle banche (peraltro non tutte sono uguali) sono tante, per carità. Ma andrebbe ricordato che già sono obbligate, gratuitamente, a fare da sostituti d’imposta, a segnalare una moltitudine di dati al fisco, a fare da agenti dell'antiriciclaggio e così via. Tutte attività che richiedono cospicui investimenti e impiego di risorse.

Nel caso del recupero delle tasse pagate all’estero dai clienti, spesso si tratterebbe di spendere centinaia di euro per recuperarne una manciata. Qui i casi sono due: o il servizio è pagato dal cliente beneficiario, e allora sarebbe lui stesso il primo a non procedere al recupero per mancanza di convenienza; oppure il costo resta in carico alla banca, e in tal caso sarebbero i suoi azionisti a farsene carico. Ma le banche non sono onlus, né sono parte della pubblica amministrazione.

Ursino nota che neanche gli investitori istituzionali procedono al recupero. Ma pare non chiedersi perché. Evidentemente dà per scontato che non sia un calcolo di convenienza economica. Deve per forza esserci un complotto ai danni del povero piccolo risparmiatore. Come sempre.

(Matteo Corsini)

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