Dopo aver intervistato il capo dell’Agenzia delle entrate, Repubblica ha chiesto un parere a Vincenzo Visco, già grande tassatore nei due governi Prodi.

Tra le altre cose, Visco ha affermato:

Le tasse vanno pagate da tutti e i più ricchi devono, in proporzione, pagare di più. Perché servono a finanziare sanità e istruzione universali, l'assistenza ai più poveri, ordine pubblico e infrastrutture. È il contratto sociale che ha garantito il benessere dal dopoguerra.”

A parte il solito riferimento alle tasse che servono per fare del bene a tutti, non stupisce il richiamo al “contratto sociale”, anche esso punto essenziale della giustificazione della tassazione.

Ma di quale contratto stiamo parlando? Chi mai ha sottoscritto volontariamente quel contratto? E perché, a differenza dei contratti veri, non esiste alcuna clausola che disciplini il recesso?

Se si risponde a queste domande senza raccontare favole, credo non si possa arrivare a conclusione diversa dalla seguente: tra Stato e cittadino vi è lo stesso rapporto che vi è tra un padrone e il suo schiavo. Non necessariamente lo schiavo conduce una vita di sofferenze e stenti, ma ciò nondimeno non può vivere liberamente.

Nel suo caso, però, nessuno cerca di convincerlo che ha un contratto in essere col padrone.

(Matteo Corsini)

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