Intervistato dal Sole 24Ore, Angelo Rughetti, sottosegretario alla Funzione pubblica (quello che, per conto del Governo, dovrebbe gestire il maxi concorsone preelettorale per assumere centinaia di migliaia di dipendenti pubblici), ha fatto la seguente affermazione in tema di spesa pubblica dedicata al “rinnovamento del capitale umano”:

La spesa nella Pa è negativa se si buttano i soldi, ma è positiva se si fa fruttare l’investimento. Se un ente paga i fornitori in 30 giorni e un altro impiega sei mesi, il sistema pubblico fa concorrenza sleale. Bisogna quindi superare l’opposizione stereotipata fra pubblico e privato: serve un’alleanza per individuare in modo selettivo le linee prioritarie, da tradurre nel sistema degli obiettivi, nazionali e specifici, che con i nuovi contratti guideranno la misurazione dei risultati per il salario accessorio.”

Pare di capire che se gli enti pubblici pagano talvolta con tempi biblici i loro fornitori (fino, in certi casi, a comprometterne la sopravvivenza aziendale) ciò sia dovuto alla necessità di “rinnovamento del capitale umano”. Come se servisse un incentivo per pagare puntualmente (o, per lo meno, per ridurre i ritardi).

Quindi la riduzione dei tempi di pagamento dei fornitori dovrebbe passare da una rivisitazione del salario accessorio, evidentemente in senso incentivante.

Ora, se i ritardi fossero dovuti a inefficienza (per usare un eufemismo) dei dipendenti pubblici che se ne devono occupare, costoro dovrebbero essere semmai sanzionati, non incentivati a fare meglio.

Viceversa, se i ritardi sono dovuti a carenze di cassa perché i soldi dei contribuenti sono utilizzati per una miriade di spese correnti, allora non servirebbe a nulla incentivare chi deve pagare a farlo più puntualmente.

In entrambi i casi, la soluzione non mi sembra quella di promettere incentivi per fare meglio una cosa che dovrebbe essere pretesa con lo stipendio di base.

(Matteo Corsini)

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