Non più tardi del 3 giugno scorso, Matteo Renzi affermava quanto segue nell’ambito di un’intervista al Sole 24Ore, in merito alla crisi delle banche venete: 

Qualsiasi forma di eventuale risoluzione andrà respinta con tutte le forze: l'Italia deve dire di no a questa ipotesi."

Meno di un mese più tardi pare che le due banche finiranno addirittura in liquidazione, previo scorporo della parte sana che Intesa San Paolo si è dichiarata disposta ad acquistare per un simbolico euro, peraltro solo nel caso ottenga garanzie in merito a una serie di condizioni poste, di fatto, al governo, per procedere all’acquisizione. Riassumibili più o meno così: non vogliamo oneri né brutte sorprese ex post.

Dal canto suo, il ministro Padoan ha più volte ripetuto che non ci sarà il bail-in. Probabilmente il bail-in sarà effettivamente evitato, ma per azionisti e titolari di obbligazioni subordinate la fine sarà la stessa che hanno fatto a novembre 2015 coloro che possedevano analoghi titoli di Banca Etruria, Carichieti, Carife e Banca Marche. In due parole: perdita integrale.

Nel giro di un anno, quindi, chi ha messo soldi in Atlante avrà bruciato 3.5 miliardi, a cui si aggiungono circa 1.2 miliardi di obbligazioni subordinate e il sacrificio già toccato ai vecchi soci. Come se non bastasse, lo Stato finirà per mettere almeno 5 miliardi in prima battuta nella bad bank che andrà in liquidazione. Cifra che realisticamente sarà poi molto maggiore, quanto meno nel corso del tempo.

Forse si poteva fare peggio. Ma impegnandosi parecchio.

(Matteo Corsini)

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