“Gli autori avanzano la tesi preoccupante che i venditori cerchino in continuazione modi per gabbare i clienti facendoli pagare più di quanto dovrebbero, e che questi sforzi abbiano sempre almeno parzialmente successo. Per Akerlof e Shiller i mercati non si limitano ogni tanto a fallire – sono intrinsecamente soggetti a imbrogli ed errori.” - (N. Smith)

Noah Smith ritiene che molti prezzi siano superiori al loro livello corretto perché i compratori non hanno informazioni adeguate e tendono a essere gabbati dai venditori.

Smith sposa la tesi contenuta nel libro “Phishing for Phools” di George Akerlof e Robert Shiller, entrambi premi Nobel per l’economia (il primo è marito del presidente della Fed, Janet Yellen). Del libro in questione mi occupai a settembre 2015, commentando alcune affermazioni di Shiller.

Smith prende spunto dal libro di Akerlof e Shiller per invocare l’intervento dello Stato a tutela dei consumatori in un modo che va ben oltre la difesa del principio di non aggressione (il quale, peraltro, è violato sistematicamente proprio da parte dello Stato).

Che ci siano una moltitudine di venditori che fregano o tentano di fregare i compratori è innegabile, ma dal punto di vista di Akerlof, Shiller e simili pare che non dovrebbe esserci alcuna asimmetria informativa tra venditore e compratore.

Occorre poi considerare che, anche nel caso in cui le informazioni fossero le stesse per entrambe le parti, questi signori definiscono solitamente “irrazionali” coloro i quali si comportano diversamente da come loro stessi ritengono dovrebbero comportarsi.

Ora, se tutti quanti ragionassero allo stesso modo e avessero lo stesso punto di vista, non potrebbero esservi differenti valutazioni relativamente a un dato bene o servizio, il che comporterebbe l’assenza di scambi, ossia la scomparsa del mercato. Infatti, solo se le parti attribuiscono a ciò che ricevono nello scambio un valore superiore a ciò che cedono ha luogo una compravendita su base volontaria.

La pretesa che sia lo Stato (o un soggetto da esso delegato) a stabilire il livello “corretto” dei prezzi è tipica di ogni pianificatore; una pretesa che non è stata scalfita neppure dai ripetuti fallimenti degli esperimenti socialisti.

La soluzione caldeggiata consiste per lo più nell’obbligare chi offre un bene o servizio a fornire al potenziale acquirente, tra le altre informazioni, anche l’indicazione del profitto che otterrebbe concludendo il contratto al prezzo proposto. Nel caso ciò non sia sufficiente a “correggere” il mercato, allora si dovrebbe passare a veri e propri limiti di prezzo.

Lo ripeto: il principio di non aggressione va fatto rispettare, ma la pretesa di considerare frutto di imbroglio ogni profitto ritenuto soggettivamente eccessivo, tanto cara agli interventisti, non correggerebbe il mercato: lo sostituirebbe con la pianificazione. Meglio di no.

(Matteo Corsini)

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