“Eppure una possibilità per sbloccare la situazione ci sarebbe, con un beneficio per l’economia. Come? Costringere le autorità europee a fare per la Difesa quello che non si è fatto per il terremoto, a escludere cioè quel 2% di spesa militare dal computo di bilancio che va formare i livelli massimi del 2% nel rapporto Deficit/Pil. Ed ecco che avremmo una manovra di stimolo molto forte. Aggiungere un 2% del Pil in spese militari non vuole dire in spese guerrafondaie, ma messa a punto di certe basi, nuovi acquisti per ammodernare le flotte o ristrutturazioni delle caserme. Se così fosse la richiesta Usa non sarebbe peregrina.” -- M. Platero

Mario Platero, corrispondente da New York per il Sole 24 Ore, propone una soluzione per conciliare l’aumento di spesa pubblica per la difesa che gli Stati Uniti chiedono ai Paesi dell’Unione europea e il rispetto delle regole del Trattato Ue in materia di deficit pubblico.

A parte il fatto che il limite al deficit non è il 2, ma il 3% del Pil (suppongo si tratti di un refuso o di una svista), non è escludendo una voce di spesa che viene meno l’esigenza di finanziare la spesa medesima. E il finanziamento della spesa pubblica può avvenire solo mediante tassazione o debito, che equivale a tassazione futura, sia essa esplicita o implicita (mediante inflazione).

Supporre che sia possibile modificare la realtà dei fatti mediante una convenzione politica significa, semplicemente, voler credere che sia possibile creare ricchezza dal nulla. Se fosse possibile, avremmo trovato nella spesa pubblica la via alla prosperità.

In effetti una certa lettura del keynesismo (che probabilmente lo stesso Keynes non condividerebbe) parecchio in voga in Italia continua da decenni a vedere nella spesa pubblica il modo per far crescere l’economia. Oggi la si chiama flessibilità, ma la sostanza è sempre la stessa.

Peccato che la crescita del Pil, quando c’è, sia effimera, mentre la corrispondente crescita del debito pubblico tenda a essere permanente.

E non basta stabilire politicamente che una spesa in deficit non sia deficit per cambiare la realtà.

(Matteo Corsini)

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