Intervistata dal Fatto Quotidiano, la prima cittadina di Roma, Virginia Raggi, ha rivendicato l’anima statalista dei pentastellati.

Noi come amministrazione ci siamo sempre battuti contro le privatizzazioni selvagge e per un ritorno e una valorizzazione dei servizi pubblici. Ci hanno accusato di essere dei nostalgici. Ma è una critica arrivata da quella cosiddetta sinistra che ha smantellato la sanità pubblica.”

Premesso che è quasi divertente osservare il bue che dà del cornuto all’asino, a maggior ragione mentre governano assieme, parlare di privatizzazioni selvagge mi sembra esagerato, considerando che in Italia c’è ancora un servizio sanitario pubblico universale, che è il settore specifico a cui si riferisce principalmente Raggi.

Quanto al servizio pubblico in generale, secondo Raggi “se ben gestito, lavora meglio del privato.

Si potrebbe notare che, restando a Roma, le società pubbliche che gestiscono il trasporto locale e la raccolta dei rifiuti non forniscano argomenti a favore del punto di vista della sindaca.

In ogni caso la sua affermazione è priva di senso. Infatti, se lo stesso servizio è offerto da un soggetto a controllo pubblico (finanziato in tutto o in larga parte dalle tasse) e da un privato (a cui i clienti si rivolgono volontariamente pagando tutto di tasca propria), si può presumere che, al netto degli antistatalisti convinti, il privato non avrebbe clienti se il soggetto pubblico lavorasse meglio.

Non mi pare siamo in una situazione del genere.

Ma l’affermazione di Raggi non ha senso anche perché potrebbe darsi il caso in cui un soggetto pubblico sia ben gestito, ma che il privato lo sia altrettanto, oppure di più.

Uno potrebbe farmi notare che questa non è la cosa più insensata professata da un esponente del M5S da quando hanno smesso di radunarsi nelle piazze per inveire contro i governanti, salvo poi rivelarsi non meglio degli inveiti una volta raggiunto il potere. In effetti non vi è che l’imbarazzo della scelta.

(Matteo Corsini)

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