Quando uno ha l’istinto del tassatore, può capitargli di fare ragionamenti piuttosto controintuitivi. Si prenda, per esempio, Vincenzo Visco, il quale, entrando nel sempre vivo dibattito sulla tassazione in Italia, afferma che “oggi l’unica possibilità di una riduzione non marginale della spesa pubblica consiste nel porre in essere politiche che rendano credibile per i mercati una riduzione, graduale, ma progressiva e costante del nostro debito pubblico. Si tratta di effettuare una correzione del bilancio, questa volta però strutturale e permanente, tale da eliminare per sempre il ricorso alle clausole di salvaguardia.”

Quanto afferma Visco può essere valido se riferito alla spesa per interessi sul debito, ma non alla spesa pubblica in generale. Il fatto è che, per quanto consistente, la spesa per interessi rappresenta circa l’8% della spesa pubblica complessiva. Quindi di spesa da ridurre per decisione politica ce ne sarebbe ben oltre quella per interessi.

Ma evidentemente per Visco la correzione di bilancio deve venire dal lato delle entrate. Per esempio mettendo mano all’Iva e alle cosiddette spese fiscali.

Un riordino delle aliquote Iva, prevedendo una sola aliquota, o due aliquote, potrebbe fornire 7-10 miliardi in parte rilevante derivanti dal recupero di evasione (che può essere stimato) in quanto verrebbe meno, o si ridurrebbe, la possibilità di arbitraggi sulle aliquote. L’impegno al contrasto all’evasione va accentuato e reso operativo al di là dei proclami: gli strumenti oramai sono in gran parte disponibili e si tratta di renderli pienamente operativi superando remore e resistenze che esistono anche nella attuale maggioranza. In tale contesto vanno recuperati i 3 miliardi previsti per incentivare il ricorso alla moneta elettronica che rappresentano un esempio da manuale di inutile spreco di denaro pubblico, e infine sarebbe possibile e auspicabile un intervento di riduzione delle spese fiscali e degli incentivi alle imprese.”

In sostanza, in un Paese già ingolfato di tasse, Visco propone di aumentarle ancora. Apparentemente allo scopo di ridurre la spesa. Se pensate che qualcosa non funzioni nel ragionamento, non siete gli unici.

(Matteo Corsini)

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