In occasione di un’audizione presso il Parlamento europeo, Alberto Oliveti, presidente dell’Adepp (l’associazione che rappresenta le casse di previdenza dei liberi professionisti) ha dichiarato che i liberi professionisti dovrebbero essere soggetti a regole di concorrenza diverse da quelle previste per le imprese, altrimenti “si correrebbe il rischio di abbassarne il livello qualitativo.”

Se il ragionamento vi sembra controintuitivo, non credo stiate prendendo un abbaglio. Non si tratta di un punto di vista innovativo: che la questione riguardi le regole di accesso alla professione o la fissazione per legge di livelli minimi di compensi, i rappresentanti dei vari ordini cercano da tempo immemore di difendere il recinto in nome della salvaguardia della qualità del servizio.

In sostanza, se chiedono una limitazione della concorrenza sarebbe per il benessere dei clienti. Già Adam Smith nella sua “Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni” aveva messo in evidenza la tendenza degli “insider” a escludere o limitare la concorrenza.

Resta da capire come mai i settori dove la concorrenza è maggiore siano generalmente quelli dove i clienti hanno più possibilità di scelta a prezzi più convenienti. Per fare un solo esempio: chi preferirebbe tornare al monopolio telefonico dell’allora Sip? Dubito che sarebbero in molti, se non chi lavorava per quell’azienda.

Si può fare tutta la retorica che si vuole attorno alle peculiarità delle professioni cosiddette liberali, ma questo non cambia la natura delle cose: dove la concorrenza è minore, a beneficiarne non sono i clienti. (Maria Missiroli)