Joseph Stiglitz, economista al quale fu assegnato il premio Nobel nel 2001, è uno dei più amati dai sinistrorsi italiani. Il perché è facilmente spiegabile: fornisce supporto alla loro visione fatta di spesa pubblica (sempre buona e in grado di moltiplicare i pani e i pesci del Pil) e redistribuzione mediante il randello fiscale.

Accodandosi alla svolta green, Stiglitz ha benedetto il Green New Deal annunciato dalla Commissione europea. Il programma, infatti, “può rappresentare una svolta epocale, perché promette di portare con sé una riforma della politica adottata finora da Bruxelles”.

Non solo il Green New Deal contribuirà a salvare il pianeta, ma è “praticamente certo che Bruxelles dovrà fare delle eccezioni, consentendo ai singoli membri di uscire dai parametri per finanziare una simile rivoluzione. Ciò permetterà a paesi come l'Italia di varare finalmente gli stimoli di cui avrebbe avuto bisogno subito dopo la crisi del 2008, per rimettere in moto e rilanciare la propria economia.”

Il problema resta sempre lo stesso, a prescindere da cosa si pensi degli investimenti pubblici e a prescindere anche dal colore degli stessi: si può decidere politicamente come contabilizzare determinate spese, ma non si può cambiare la realtà.

Si può, quindi, stabilire che la spesa per il Green New Deal non sia contabilizzata nel deficit, ma se non è coperta da tasse dovrà esserlo da nuovo debito. Ossia da tasse future. E se qualcuno obietta che il problema lo si può risolvere monetizzando tali spese con la collaborazione delle banche centrali, è necessario osservare che la monetizzazione non crea ricchezza reale, ma al più redistribuisce quella esistente.

Affermare il contrario è da premio Nobel della cialtroneria.

(Matteo Corsini)

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