Intervenendo in merito alla riforma fiscale (tema di cui da tempo i politici di ogni parte parlano a vuoto e anche a vanvera), il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta ha affermato:

Sarà un intervento complessivo che terrà insieme la riforma dell’Irpef con un’operazione sull’Iva e un intervento sulle tax expenditure.”

Il problema fondamentale in tutte queste prese di posizione consiste nel ritenere che l’aumento anche parziale dell’Iva genererebbe un “tesoretto” da utilizzare per ridurre altre tasse o finanziare spesa pubblica.

In realtà le clausole di salvaguardia che da anni ogni governo mette nei documenti di economia e finanza per dare l’impressione di migliorare i conti l’anno successivo, ma che poi sono “disinnescate” in sede di redazione della legge di bilancio, servirebbero, per l’appunto, per ridurre il deficit.

Ogni “disinnesco” che non sia coperto da tagli di spesa o aumento di altre tasse non può che generare maggior deficit, come è in parte avvenuto anche con la legge di bilancio per il 2020.

Ne consegue che una parziale “rimodulazione” dell’Iva, formula ipocritamente vaga per nascondere un aumento del gettito derivante da quell’imposta, non genererebbe alcun “tesoretto” per ridurre l’Irpef. Ed è necessario tenere presente che dietro alla altrettanto vaga formula dell’“intervento sulle tax expenditure”, ossia su deduzioni da imponibile e detrazioni da imposta, si cela un inevitabile aumento di tassazione per chi oggi usufruisce di quelle deduzioni e detrazioni, a prescindere dalla valutazione di merito delle stesso.

La realtà, per quanto non piaccia ai governanti di turno, è che nessuna riduzione di tasse è destinata a essere duratura in Italia se non si procede a una riduzione strutturale e non marginale di spesa pubblica (e non si tratta di sole tax expenditures).

Riduzione che, però, nessuno vuole porre in essere. La conseguenza inevitabile è la perpetuazione del gioco delle tre carte, in cui gli sgravi fiscali sono apparenti oppure mera redistribuzione di un carico che, complessivamente, non cala di un centesimo. Anzi.

(Matteo Corsini)

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