Le statistiche dicono che la produttività in Italia è stagnante da circa cinque lustri. Si tratta di una media, evidentemente, perché in alcuni casi è in continua crescita. Per esempio, quando si tratta di individuare soluzioni di ingegneria finanziaria per risolvere, apparentemente senza sacrifici, i problemi del debito pubblico. 

Si tratta per lo più di versioni arzigogolate del gioco delle tre carte, e a esercitarsi in questi esperimenti è un manipolo di persone per lo più invariato nel corso del tempo, ma che produce una quantità crescente di soluzioni (spesso varianti di quelle precedenti). Per questo sostengo che la loro produttività sia aumentata. Anche se dubito sia un bene, in questo caso.

Tra questi signori c’è Guido Salerno Aletta, il quale da tempo si esercita sulla mobilitazione dell’investimento immobiliare delle famiglie come punto di partenza per magiche soluzioni di riduzione del debito pubblico.

Secondo Salerno Aletta, “si potrebbe offrire ai cittadini la possibilità di mettere in garanzia un’aliquota percentuale della proprietà immobiliare non gravata da mutui o ipoteche, nell’ordine del 20-25% del valore. A fronte di questa disponibilità a offrire questa garanzia immobiliare lo Stato agevola fiscalmente il proprietario degli immobili su cui questa insiste, esonerandolo per 25 anni dalle imposte immobiliari ovvero scomputando le imposte su altri redditi del proprietario per un ammontare corrispondente all’aliquota Imu nel caso di immobili esenti. L’importo dello sgravio fiscale verrebbe coperto in bilancio attraverso una riduzione più che proporzionale del costo degli interessi sul debito in circolazione. La garanzia immobiliare verrebbe cartolarizzata e portata come collaterale per ottenere liquidità da Banca d’Italia: in questo modo si procede al riacquisto di titoli sul mercato, sostituendoli con altri esenti da qualsiasi imposta presente e futura, di durata venticinquennale e di ben più limitato onere per interessi, che verrebbero accreditati ai proprietari aderenti alla operazione. Questi titoli non sarebbero trasferibili se non con la cessione dell’immobile, ma sempre restituibili a fronte del pagamento di una somma corrispondente al valore della garanzia. Il risparmio per interessi sul debito pubblico deriverebbe non solo dal minore costo delle nuove emissioni, ma anche dall’eliminazione dal mercato di uno stock assai considerevole di titoli.

Presentata così, sembra una vera soluzione: riduzione del costo degli interessi sul debito ed esenzione fiscale per i proprietari di immobili. Un po’ come quando un (tele)venditore offre per due spiccioli pietre preziose dal dichiarato valore di mercato di migliaia di euro. Solitamente in quel caso si tratta di fondi di bottiglia.

In questo caso siamo di fronte all’equivalente finanziario di quei fondi di bottiglia.

In sostanza, il proprietario dovrebbe rilasciare una garanzia a favore dello Stato sul 20-25% del valore del suo immobile, ottenendo in cambio un titolo senza mercato con un tasso di interesse inferiore a quello dei BTP di pari scadenza, ancorché a fronte di una esenzione sugli interessi e sulle imposte immobiliari (o equivalenti) per 25 anni.

Se costui vuole liberarsi prima della scadenza dalla garanzia, deve riscattarla versando allo Stato il valore della garanzia stessa. Primo problema: siccome non c’è mercato, chi ne determina tempo per tempo il valore se non lo Stato? Il rischio concreto è quello di dover pagare ben più del residuo teorico a scadenza.

Per di più il 20-25% dl valore dell’immobile corrisponde, ad aliquote attuali, a circa 25 anni di imposte immobiliari. In sostanza tutto il giro del fumo servirebbe allo Stato ad anticipare finanziariamente 25 anni di imposte immobiliari sulla porzione di immobile data a garanzia.

Ma in finanza, come altrove, non ci sono pasti gratis. Ottenere oggi liquidità che deriverebbe dalle imposte future per sostituire BTP con titoli illiquidi e meno costosi da attribuire ai proprietari di immobili migliora in parte i conti pubblici solo se il minor costo per interessi supera il minor gettito attualizzato.

In tal caso, però, sarebbe assai poco conveniente aderire per i proprietari di immobili, soprattutto a fronte dell’incertezza sulle condizione effettive alle quali potrebbero “riscattare” la garanzia concessa durante i 25 anni in questione.

Lo Stato, poi, avrebbe meno debito pubblico sul mercato, ma non meno debito, ancorché forse con un beneficio (a danno dei proprietari di immobili) in termini di minor costo. Semplicemente lo sostituirebbe con debito illiquido e sul quale, questo sì, terrebbe i creditori sotto scacco, essendo l’unico a poter fare prezzo su quei titoli.

Insomma, delle due l’una: se conviene allo Stato, non conviene ai proprietari di immobili. O viceversa. Generalmente nel caso dei fondi di bottiglia a rimetterci è chi li compra.

Credo sarebbe così anche in questo caso.

(Matteo Corsini)

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