I governanti del cambiamento, a cominciare dai due vice presidenti del Consiglio, vanno ripetendo fino alla nausea che i provvedimenti assunti dal loro esecutivo daranno una spinta alla crescita del Paese. Sottinteso una spinta verso l’alto, anche se è lecito avere dubbi e supporre che possa trattarsi di una spinta verso il basso.

Per esempio Luigi Di Maio, contando evidentemente sul fatto che ci sia chi gli crede (e pare che, ancorché stiano calando, siano ancora in parecchi a farlo), ha affermato:

La verità è che l'Italia non solo regge ed è forte, ma anche che i provvedimenti adottati da un anno a questa parte e i prossimi che adotteremo spingeranno di nuovo la crescita del Paese. La formula è meno tasse, più consumi, più economia reale, meno fantasmi. Pensiamo alle cose concrete e remiamo tutti nella stessa direzione!

Il problema, come non mi stancherò mai di ripetere, è che in Italia il costo del debito è superiore alla ragionevole crescita del Pil che si può ottenere facendo aumentare il deficit. Ciò crea un effetto palla di neve, con tanti saluti ai proclami di Giggino.

Indubbiamente ci sarebbe bisogno di una riduzione del carico fiscale che, libertariamente parlando, significherebbe anche ridurre la violazione del principio di non aggressione. Ma se non si riduce strutturalmente la spesa pubblica nessun taglio di tasse può essere sostenibile. La prospettiva è solo quella di una nuova mazzolata Monti-style una volta che questi signori saranno usciti dai palazzi del potere.

Questo è lo scenario spettrale, verso cui Di Maio invita a remare.

(Matteo Corsini)