Ormai non passa giorno che il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, non rilanci la sua idea di abbassare l’orario di lavoro, suppongo a parità di salario mensile. A suo dire, lavorando meno ore ci sarebbe meno disoccupazione. In pratica si tratterebbe di ripartire una quantità data (ed evidentemente considerata immutabile) di ore complessive tra un maggior numero di persone. 

Secondo Tridico:

C'è una correlazione lineare tra un basso tasso di disoccupazione e un più basso numero di ore lavorate, le correlazioni non sono predittive ma di certo non è vero il contrario.”

Non solo le correlazioni non sono predittive, ma non indicano neppure necessariamente che sia esistito un nesso causale nel passato tra le variabili che si analizzano. Però per Tridico si tratta di “un'evidenza scientifica, empirica. Poi il legislatore fa quello che vuole.”

Per supportare la “scientificità” della sua affermazione, Tridico confronta le ore lavorate annualmente in Grecia (circa 2.000), in Italia (1.700) e Germania (1.300), e conclude che “un minor numero di lavoro e una più bassa disoccupazione.

Messa così sembra si tratta di un’affermazione che farebbe fatica a essere ammissibile perfino al bar dello sport. Dovrebbe essere evidente che debbano essere presi in considerazione una pluralità di fattori per affrontare con un minimo di plausibilità (senza scomodare la scienza) l’argomento.

Per esempio, occorre paragonare la quantità e la qualità del capitale investito, delle infrastrutture, la minore o maggiore dannosità delle istituzioni pubbliche. Insomma: il solo dato sulle ore lavorate è del tutto insufficiente per trarre indicazioni tali da suggerire un accorciamento di ore lavorate a parità di altre condizioni.

Se questa è scienza…

(Matteo Corsini)

 

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