Intervenendo con un articolo sul Sole 24Ore a seguito della pubblicazione delle (fosche) previsioni del Centro Studi di Confindustria sull’economia italiana, Gustavo Piga propone (tanto per cambiare) il rilancio degli investimenti pubblici.

A chi scrive spetta ricordare che la politica economica che viene insegnata da anni nelle università, a giovani pieni di interrogativi e bisognosi di certezze e risposte autorevoli, mostra inequivocabilmente una soluzione, per qualsiasi economia di mercato alle prese con una crisi di domanda di proporzioni notevoli, come quella italiana, ma anche vincoli di bilancio evidenti. Si chiama moltiplicatore di bilancio in pareggio e si basa sull’evidenza che un aumento di investimenti pubblici finanziato non in deficit ma da un aumento di tasse (o ancor meglio da un taglio di veri sprechi) abbia comunque una portata netta decisamente espansiva sull’economia grazie al fatto che proprio gli investimenti via appalti pubblici hanno un effetto diretto e certo sull’economia che sovrasta quello negativo di pari aumenti della tassazione.”

In un contesto nel quale lo Stato già preleva mediamente 43 euro ogni 100 di Pil – media che comporta punte di carico fiscale superiore a due terzi di quanto prodotto – pensare di finanziare un piano di investimenti pubblici aumentando le tasse a me pare una follia.

Non meno folle è confidare fideisticamente che ogni euro speso in quel modo ne produca un multiplo, favola che continua a essere raccontata (e, ahimè, creduta) da decenni e che, purtroppo, ha moltiplicato il debito e non il Pil.

Ovviamente i keynesiani in servizio permanente sosterranno che i soldi sono stati spesi male, utilizzati per spesa corrente e non per investimenti, eccetera. Fatto sta che se quello che Piga propugna fosse verosimile, nei Paesi socialisti ci sarebbe indubbiamente stata una restrizione della libertà, ma in un contesto di economia molto florida. Tuttavia non è questo il caso, e dopo diversi esperimenti in giro per il mondo e in momenti storici diversi credo non occorra essere libertari per concludere che non sia stata una serie di sfortunate coincidenze.

Che Piga metta solo tra parentesi “un taglio di veri sprechi” è un ottimo indicatore del fatto che sia lui il primo a credere che non sarebbe quella la via percorsa per finanziare il fantasmagorico piano di investimenti pubblici.

Se queste sono le “risposte autorevoli” che l’accademia italiana fornisce “a giovani pieni di interrogativi e bisognosi di certezze”, non c’è molto da stare allegri.

(Matteo Corsini)

 

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