Come è noto, da diversi anni i governi inseriscono clausole di salvaguardia, sotto forma di aumenti di IVA e, in misura minore, accise, per abbassare il rapporto tra deficit e Pil degli anni futuri. Salvo poi, di volta in volta, spostare in avanti le clausole medesime, in parte trovando altre coperture e, in parte maggiore, facendo più deficit (che chiamano “flessibilità”, oggetto di contrattazione con la Commissione europea).

Nella manovra di bilancio 2019 il governo ha messo sul 2020 una ipoteca di 23 miliardi, che diventano quasi 29 nel 2021. Disinnescare queste cifre diventa sempre più difficile, tanto che il ministro dell’Economia sarebbe favorevole a un aumento, almeno parziale, dell’IVA.

Punto di vista condiviso dal predecessore, Pier Carlo Padoan, il quale avrebbe volentieri aumentato l’IVA, scontrandosi peraltro con il parere contrario tanto di Renzi quanto di Gentiloni.

Secondo Padoan, l’aumento dell’IVA è “un'idea ricorrente, che in gergo si chiama svalutazione interna. In questo modo aumento i prezzi dei beni importati, e siccome dall'aumento Iva di solito si escludono i beni esportati, c'è un effetto di aumento di competitività.”

Per di più, l’Italia “ha un'inflazione ancora troppo bassa. Se si passasse dall'1% al 2%, dunque con un aumento contenuto dei prezzi e sempre nei limiti della Bce, la crescita nominale aumenterebbe e il debito pubblico rispetto al Pil si ridurrebbe.”

Quello di Padoan è un punto di vista condiviso da molti, soprattutto in campo keynesiano. Resta il fatto che si tratterebbe pur sempre di aumentare il carico fiscale, ancorché legandolo ai consumi.

Al di là del boomerang politico in un contesto di campagna elettorale permanente, che è l’unico vero motivo per cui i vari governanti sono stati finora restii ad aumentare ulteriormente l’IVA, appesantire la tassazione sarebbe un modo per conseguire una ancora più consistente compressione del diritto di proprietà nella convinzione che la riduzione conseguente della domanda interna sarebbe inferiore di quella derivante da una riduzione tanto necessaria quanto perennemente rinviata della spesa pubblica.

La quale, al contrario, continua ad aumentare, anche grazie alle misure bandiera del “governo del cambiamento”, che sarebbe ben lieto di risolvere il problema delle clausole di salvaguardia semplicemente aumentando il deficit.

La scelta tra pochi mesi sarà tra il male e il peggio.

(Matteo Corsini)