(Maria Missiroli, ottobre 2013)

Ogni tanto l’incantesimo si inceppa. Improvvisamente si apre uno squarcio nell’elaborato velo che nasconde la realtà e per un attimo essa si mostra perfettamente nitida. Sono occasioni in cui viene da pensare: “Adesso se ne accorgeranno tutti!”

Uno di questi casi si è verificato recentemente, nei giorni della “crisi siriana”. Un sabato di fine agosto il presidente americano si presenta a una conferenza stampa da lui stesso urgentemente indetta. Gli occhi del mondo sono puntati su di lui: la situazione in cui si è ficcato è imbarazzante, come ne uscirà?

Solo pochi giorni prima il presidente parlava del lancio di bombardamenti sulla Siria come sicuro e imminente. Date precise erano state definite e proclamate dai media. Il casus belli era fornito da un presunto episodio di attacco chimico sulla popolazione da parte del regime del presidente siriano Assad; i morti tra i cittadini indifesi sarebbero stati più di un migliaio, inclusi alcune centinaia di bambini. Di qui la proclamata necessità di bombardare la Siria per “indebolire un regime disumano che attacca i civili inermi”.

I leader di diverse nazioni europee avevano aderito con fervore alla prospettiva di intervento in Siria e a gran voce avevano denunciato la “brutalità del regime siriano”. Tra questi Cameron, il primo ministro conservatore in Gran Bretagna; Hollande, il presidente francese proveniente dal partito di sinistra, che si era spinto al punto da dichiarare certa la partecipazione delle forze militari francesi, indicando anche la data dell’attacco francese; il nostro presidente del consiglio, Enrico Letta, eletto tra le fila del PD; l'UE si era unita al coro delle condanne categoriche al governo siriano.

Nel giro di pochi giorni l’escalation verso l’attacco era apparsa ormai inarrestabile. Poi, era successa una cosa imprevista: il parlamento britannico aveva votato contro la proposta del governo, rifiutando la partecipazione dell’esercito all’attacco contro la Siria. Negli ultimi vent’anni, il Regno Unito è sempre stato un fedele alleato degli Stati Uniti e mai ha negato la partecipazione a una delle guerre intraprese dagli Stati Uniti, in primo luogo le guerre in Iraq e Afghanistan.

Si era sollevato enorme clamore nel mondo politico e sulla stampa inglesi, con attacchi alla decisione del parlamento da destra e da sinistra, fino a ventilare l’ipotesi di ripetere il voto. Ma ormai la frittata era fatta. L’esultanza dei cittadini inglesi di fronte al voto del parlamento era palese. Era divenuto irrimediabilmente chiaro che l’opinione pubblica non ne vuole sapere di altre guerre e che non crede più ai politici e ai loro casus belli (le famose “armi di distruzione di massa” in Iraq, poi ufficialmente riconosciute essere una bugia, hanno lasciato il segno).

Anche in America si esulta per il voto inglese. L’opinione pubblica è in larga maggioranza contro la guerra. Ha già visto i casi di Iraq, Egitto e Libia e non si illude più che gli interventi statunitensi servano ad aiutare le popolazioni. Da diversi anni la popolazione è stanca di guerre, ma questa volta i numeri sono schiaccianti. Le percentuali di persone convinte della necessità dell’attacco in Siria sono veramente piccole, come non si era mai visto, nonostante la martellante campagna dei media.

E’ in questo clima che il presidente Obama annuncia una conferenza stampa per l’indomani, appunto un sabato pomeriggio. Si presenta con notevole e ingiustificato ritardo – 40 minuti - rispetto all’orario da lui stesso indicato, accompagnato dal vice presidente, il quale mostra una faccia di cera e non dice una parola. Il presidente pronuncia un discorso evidentemente già pronto, ribadendo di essere personalmente convinto della necessità umanitaria di bombardare la Siria, di essere profondamente sconvolto dalla morte dei bambini siriani nell’attentato con gas letali, ma aggiunge che, nonostante lui abbia l’autorità di ordinare l’attacco, esporrà il caso al Congresso che dovrà esprimere l'appoggio o meno al presidente. Non dice che lui seguirà le indicazioni del Congresso, dice solo che ascolterà l’opinione del Congresso[1]. Neanche un’ora dopo la conferenza stampa, il presidente è di nuovo su un campo da golf assieme al vicepresidente.

Dopo aver dato per già sicuro l’attacco, di fronte alla contrarietà dell’opinione pubblica, quello che il presidente fa è un passo indietro e semplicemente "passare la palla" al Congresso. Il Congresso riprenderà i lavori solo il 9 settembre, quindi per almeno una decina di giorni l’attacco sarà sospeso.

A questo punto la vicenda diventa ancora più surreale. Si intensifica in America la propaganda battente per convincere il pubblico americano ad appoggiare l’intervento in Siria. Il Segretario di Stato John Kerry, in passato sempre una “colomba” e sempre opposto al militarismo, va in Inghilterra a promuovere la necessità dell'intervento militare e per convincere gli inglesi arriva a promettere che si tratterà di “attacco piccolo piccolo” (ha detto proprio così, un "incredibly small attack"). Su tutti i principali media i giornalisti all’unisono proclamano la necessità umanitaria dell’attacco e arrivano a mostrare video raccapriccianti, i quali mostrerebbero la morte di persone in seguito all’attacco col gas letale; si insiste continuamente su dettagli orrorifici riguardo ai presunti bambini morti. I presidenti di camera e senato si schierano a favore dell’attacco e si dichiarano fiduciosi che il voto dei parlamentari esprimerà lo stesso parere. Si fissano urgentemente date per il voto alla Camera e al Senato.

Intanto nel Mediterraneo di fronte alla Siria si affollano navi da guerra, russe e cinesi oltre a quelle americane. La Russia fa sapere che non vede prove né logica nell’attribuzione ad Assad dell’attentato con armi chimiche, avvenuto, tra l'altro, subito dopo l'arrivo degli ispettori ONU sollecitato dallo stesso Assad per indagare su attacchi da parte dei ribelli. La Russia rende noto con fermezza che in questa situazione non esiterà a difendere il suo storico alleato. La Cina manda due navi “in osservazione”. Assad stesso, l’uomo a capo di un regime per caso e controvoglia[2], accoglie ad intervistarlo aggressivi giornalisti americani, di fronte ai quali nega fermamente l’accusa di aver attaccato la popolazione con gas chimici. Il presidente siriano risponde ai giornalisti pacatamente, con intelligenza e frasi di grande buon senso.

Sono giorni in cui la guerra civile siriana è sotto i riflettori. Così diventa conoscenza comune che i ribelli, appoggiati dagli americani, sono in realtà per lo più estremisti islamici collegati ad Al Qaeda; fa capolino anche sui media convenzionali il fatto che essi hanno tra i loro obiettivi lo sterminio dei cristiani in Siria e che hanno attaccato con inaudita violenza e crudeltà antichi villaggi cristiani.

E così si avvicina la data prevista per il voto al Congresso. Nonostante tutta la propaganda, l'aumento della percentuale di cittadini a favore dell'attacco è minuscolo. Si susseguono conte di deputati e senatori e diventa chiaro che una sonora maggioranza voterà contro l'intervento in Siria. La votazione viene rimandata a data da destinarsi.

Il presidente russo Putin, con grande sobrietà ma anche con sottile ironia, offre agli Stati Uniti un'ancora di salvataggio, proponendo di incaricare un organismo internazionale del controllo e dello smaltimento delle armi chimiche siriane. Un po' bofonchiando, facendo intendere che si tratta di una concessione straordinaria, gli Stati Uniti accettano. Col passare dei giorni, l'argomento esce dalle pagine dei giornali e di votazione al Congresso non si parla più.

A Hollande, abbandonato dall'alleato americano dopo aver dato per certo l'attacco, non resta che sperare che la tremenda figuraccia sia dimenticata presto. E Letta? Lui si è defilato subito, dopotutto non aveva promesso nulla, conta sul fatto che nessuno abbia fatto caso a quello che aveva detto.

Non stiamo parlando di fatti da nulla. Si tratta del bombardamento su persone che in nessun modo costituiscono una minaccia per il mondo occidentale e che in nessun modo ci hanno aggredito. In più, col grave rischio di scatenare reazioni a catena che possono portare a conseguenze imprevedibili e molto serie.

Ora, una qualsiasi persona appena appena ragionevole di uno qualsiasi dei paesi occidentali, scelta a caso tra le tante che incontriamo quotidianamente, molto probabilmente sarebbe pronta a concordare che spendere le risorse del proprio paese per bombardare una popolazione che non ci ha fatto nulla, sulla base di argomentazioni fievoli e probabilmente false, per aiutare estremisti islamici in gran parte affiliati ad Al Qaeda a prendere il potere in Siria e a sterminare le minoranze cristiane, aprendo un conflitto militare che potrebbe allargarsi a dismisura e avrebbe come naturale conseguenza l'aumento del costo di materie prime anche per noi, effettivamente non è una bella idea. Pressata ad esprimere il suo personale giudizio, la stessa persona probabilmente sarebbe pronta a riconoscere che si tratta di una cosa veramente molto brutta.

Eppure è proprio di questo che inequivocabilmente si tratta. Per un po', è stato perfettamente visibile. Per la maggioranza indaffarata nel proprio tran-tran è però insopportabile guardare in faccia la realtà attraverso l'occasione di questo squarcio; significa dover prendere atto che la realtà è molto diversa dall'idea che ci si è costruita; e prendere atto che non ci si è mai resi conto di quanto sia grottesco quello che ci facciamo raccontare dai media. Lo squarcio ha reso troppo evidenti cose troppo fastidiose da contemplare. Ecco un elenco minimo di conclusioni ineludibili:

  • i leader di diversi paesi occidentali parlano all'unisono perseguendo azioni che appaiono, pure secondo il giudizio di  persone semplici di buon senso, in contrasto con l'interesse dei propri paesi, rendendo palese che essi seguono indicazioni di provenienza internazionale, estranea ai cittadini che li hanno eletti; 

  • tutto ciò indipendentemente dall'area politica di appartenenza (destra-sinistra), rendendo palese che questa distinzione è poco più che sceneggiatura elettorale;

  • pur di promuovere l'intervento militare in Siria, alcuni leader politici (in primo luogo Kerry) hanno compiuto senza esitazioni un completo voltafaccia rispetto alle idee espresse per decenni e sulla base delle quali sono stati eletti, mostrando quanta poca sostanza abbiano le idee che animano le campagne elettorali;

  • i leader politici sono stati affiancati da tutti i maggiori media nel promuovere febbrilmente le ragioni per l'attacco, usando senza ritegno l'appello alla "coscienza" e al "dovere morale" delle persone, rendendo evidente che leader politici e  principali media prendono ordini dalla stessa fonte;

  • i leader politici e i media ritengono le persone una sorta di gregge che si può convincere usando sempre la stessa propaganda, senza bisogno di offrire una parvenza di logica;

  • l'impero americano e tutto il mondo occidentale mostrano un'aggressività inaudita verso paesi incolpevoli, senza alcun rispetto per le leggi internazionali, e tutto il resto del mondo lo sa;

  • evidentemente il Comitato per il Nobel assegna il premio per la pace seguendo criteri che ... non sono quelli che ci si aspetterebbe;

e soprattutto:

  • la fermezza dell'opinione pubblica ha il potere di respingere la propaganda e di fermare l'azione del governo; il fatto che l'attacco non sia avvenuto rivela l'importanza della nostra personale responsabilità.

Sono pensieri così fastidiosi che si preferisce far finta di non aver visto. Pochi giorni e lo squarcio si è chiuso, nel sollievo generale. I leader politici che hanno promosso l'attacco sono ancora tutti lì. La realtà continua il suo corso sempre più grottesca, ben visibile scostando il velo anche solo di un poco; ma ora non è più così smaccatamente evidente. Ci saranno altri squarci, probabilmente sempre più ampi e frequenti: la realtà non si può eludere facendo finta di non vedere e prosegue il suo corso verso le naturali conseguenze delle nostre azioni.

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I principi sauditi sono furiosi con il governo americano per il mancato intervento militare. Le armi americane continuano ad arrivare in Arabia e da qui ai ribelli in Siria, come succede da due anni. In America quasi nessuno prende più sul serio il presidente. Non si sa se lui abbia le facoltà anche solo per rendersene conto, o se la cosa lo interessi minimamente. Il presidente russo ne è uscito da eroe. Assad ha il sostegno di almeno l'80% della popolazione siriana, quella stessa popolazione che occorreva bombardare per difenderla dal suo presidente. Non si sono materializzate prove credibili che l'attacco chimico sia stato compiuto dalle forze governative e probabilmente in Siria non l'ha mai pensato nessuno; in compenso, è risultato che i ribelli effettivamente avevano armi chimiche (che essi non le possedessero era citato come principale prova che l'attacco chimico doveva necessariamente provenire dall'esercito di Assad). Come modestissima nota positiva, verosimilmente si è consumata la fine della carriera politica del senatore John McCain, l'uomo che capisce una sola politica: bombardare tutto e tutti.

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[1] Secondo la Costituzione americana, solo il Congresso può dichiarare guerra. Una decisione della Corte Suprema, di discussa costituzionalità, assegna al presidente l’autorità di intraprendere interventi militari se essi non superano una certa durata temporale. Dopo la Seconda Guerra mondiale, le guerre combattute dagli americani in generale non sono state formalmente dichiarate.

[2]  Bashar Assad non era destinato a succedere al padre ed è stato completamente disinteressato alla politica fino alla morte del fratello maggiore in un incidente stradale. Ha studiato a Londra ed è medico oftalmologo. Nelle recenti interviste con giornalisti americani, visibili su YouTube, ha risposto alle domande completamente in inglese. Di carattere timido e riservato, improvvisamente viene definito un “dittatore sanguinario” dalla propaganda a favore dell'intervento in Siria. In realtà, a nessuno è mai venuto in mente di considerarlo tale prima dello scoppio della guerra civile in Siria due anni fa, tramite la quale gli Stati Uniti e i loro alleati in Medio Oriente intendono rovesciare il governo di Assad. Su Internet è possibile trovare una foto di qualche anno fa che mostra Kerry a cena amichevolmente con Assad e le rispettive mogli.

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Update (26/2/17) Una nota alcuni anni dopo. Macché: John McCain è ancora lì. Sempre pronto a sostenere bombardamenti, farsi fotografare con terroristi e aizzare contro la Russia. Nonostante l'evidente leggera forma di demenza, ancora ha voce in capitolo!
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Update (molto tempo dopo, 6/1/18)

Oggi c'è questo articolo su IlGiornale: Assad ha ormai vinto la guerra: svelati crimini dei ribelli siriani

Per arrivare fin qui la storia della guerra siriana è stata lunga e molto dolorosa. Come tutti sanno, è stato decisivo l'intervento militare dei russi. Tra varie vicende, gli americani nel frattempo erano andati in Siria, con la motivazione di "combattere l'ISIS", non il governo siriano, in modo da vincere la resistenza dell'opinione pubblica. Per chi presta attenzione, non è stato difficile trovare conferme che gli Stati Uniti abbiano sempre agito fino all'ultimo in supporto dei "ribelli", ovvero dei terroristi. Anche la poco edificante vicenda dei "White Helmets" sarebbe molto istruttiva per chi vuole approfondire. Hanno anche vinto un Oscar"! (Al-Qaeda vince un Oscar)

Ad aprile 2017 c'è stato l'episodio di Trump e del suo attacco alla base sriana, che ha sconvolto chiunque riponesse fiducia in Trump e che ho raccontato (un po' confusamente, ma è stato davvero un fulmine a ciel sereno) in Terroristi e vincitori. Trump era stato tra i pochi, nel 2013, ad esprimersi contro l'attacco ad Assad, poi nel 2017 è sembrato credesse ad una narrativa di attacco con armi chimiche praticamente uguale!

A distanza di tempo, e riflettendo su quello che è successo dopo, ritengo che tra le varie spiegazioni quella più plausibile sia che Trump sapesse bene quel che stava facendo e che la sua intenzione fosse proprio mettere fine alla guerra. Non era libero di farlo direttamente e ha adottato uno stratagemma. Probabilmente i suoi messaggi esageratamente indignati verso Assad e "l'attacco chimico ai bambini" erano una sorta di messaggio in codice per segnalare che stava dicendo cose che non era possibile pensasse realmente. Proprio quell'episodio dovrebbe far riflettere su quanto Trump si muova in situazioni difficilissime, e per raggiungere uno scopo a volte l'unico modo sia dare l'impressione di voler fare tutt'altro.

Ah, e McCain? Ha un tumore al cervello. Dispiace sia questa la causa della sua probabile uscita a breve dalla politica e non le pedate dei cittadini americani.

Gli eventi del 2013, in ogni caso, rimangono un punto di svolta. Lo stesso Ron Paul ricorda continuamente il "mancato attacco alla Siria", che all'epoca stupì lui per primo. È stato il momento in cui è diventato evidente che i mezzi di informazione di mainstream americani avevano perso il potere di spostare l'opinione pubblica. Poi questo si è palesato in modo ancor più chiaro con l'elezione di Trump. Da allora si stanno cercando i modi di censurare Internet, con le ridicole motivazioni di proteggere la popolazione dalle "fake news", proteggere dal terrorismo, impedire la manipolazione delle elezioni (!). Proprio nei giorni scorsi Macron in Francia ha annunciato tali misure di censura "contro le notizie false", ma un po' ovunque la libertà in rete è sotto attacco.

Questi eventi del 2013, in particolar modo le reazioni delle persone con cui parlavo (persone per ogni verso intelligenti e ragionevoli), mi convinsero ad avviare questo sito.

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