(3 febbraio 2019)

Di questi tempi ho avuto ancora varie discussioni sull'anarco-capitalismo. Includo allora qualche breve riflessione ulteriore (con qualche ripetizione di concetti già scritti).

Sono commenti all'ultimo scritto in questa specie di "saga": Ancora sull'anarco-capitalismo. (Gli altri:  Perché non sono anarco-capitalista e Addendum a "Perché non sono anarco-capitalista" ). Chi non conosce o non è interessato  all'argomento, troverà il tutto molto astruso.

Piombini parla di "anarco-capitalismo come conseguenza logica ultima dell'antistatalismo", cioè implica che l'anarco-capitalismo discenda logicamente dall'antistatalismo. Superficialmente l'idea può sembrare sensata, naturale. Ma in realtà è un controsenso.

Ad esempio: supponete di dover decidere se vi serve una macchina grande o piccola, per una certa finalità. Esaminate i vari fattori e alla fine decidete che più la macchina è piccola meglio è per i vostri fini. Direste che dal fatto che sia meglio una macchina piccola possa discendere logicamente che sia meglio non avere alcuna macchina?! Direste "la macchina è diventata troppo grande, allora è logico fare a meno di una macchina?", oppure "inevitabilmente sui campi di grano crescono le erbacce, allora è logico non coltivare il grano?".

Questa la confusione di fondo che fanno gli anarco-capitalisti. È proprio la frase sulle "conseguenze logiche" che li denuncia. Affermare che sarebbe desiderabile che lo stato non esista non è contiguo né per nulla simile a stabilire che è meglio che lo stato sia piccolo. È qualcosa di intrinsecamente diverso e contrastante, un punto di rottura. Se anche l'assenza dello stato fosse desiderabile, non sarebbe per "conseguenza logica dell'antistatalismo". Appoggiarsi sull'antistatalismo come base logica per difendere l'idea di anarco-capitalismo, cioè, non è giustificato.

Ancora: quando si difende lo stato minimo, gli anarco-capitalisti hanno la tendenza ad immaginare che si difenda lo stato così com'è ora. Non è così. Lo scopo dell'analisi politica dovrebbe essere appunto definire come dovrebbe essere lo stato. Dire "lo stato non deve esistere" fa risorgere immediatamente tutte le problematiche che nella storia hanno portato all'affermazione dello stato. Per ovviare a questa palese considerazione, gli anarco-capitalisti sono forzati a postulare una diversa natura dell'uomo.

La natura dell'uomo non cambia mai. Quello che può cambiare è il grado di consapevolezza e conoscenza. Per questo continuo a ripetere che non è impossibile convincere la gente che la crescita dello stato sia deleteria per il proprio interesse, però fare a meno di qualsiasi forma di stato cozzerebbe contro la natura sociale dell'uomo e la gente istintivamente lo sa.

La distinzione è semplice e netta: diritti negativi e diritti positivi. Non ci sono diritti positivi. Nessuno può forzare un altro a lavorare per lui. Si noti che anche solo la difesa dei diritti negativi è materia molto complessa, che può dare adito a differenze sostanziali di vedute e quindi leggi molto diverse da un luogo all'altro. Però comunque siano complesse tali leggi, qualunque discussione politica ci sia su una misura o sull'altra, il principio è molto chiaro: non c'è alcun diritto per alcuno ad avere soldi pubblici per fini diversi dalla difesa dei diritti negativi.

Gli anarco-capitalisti sono portati ad assumere che i diritti negativi siano difendibili in modo efficiente anche senza l'esistenza di una forma di stato.  Quello che ho cercato di mettere in luce è che queste assunzioni, almeno in tutto quello che ho letto finora, sono immancabilmente semplicistiche e non debitamente risolte proprio all'origine. Cosa vuol dire "principio di non aggressione" se non c'è una forma di stato?

La "private propriety society" anarco-capitalista sembra teorizzi una società fatta da entità separate, per le quali al proprio interno il NAP non ha alcun significato (i proprietari decidono come vogliono e risolvono le loro controversie all'interno). I rapporti tra le entità diverse sullo stesso territorio sarebbero regolati da .. chissà, presumibilmente buona volontà perché la gente ha capito il NAP! Lo stato minimo significa: nell'ambito della propria proprietà si può decidere come si vuole, fatte salve leggi generali (ad esempio non si può ammazzare qualcuno dopo averlo attirato sulla propria proprietà privata senza risponderne a nessuno); i rapporti tra i diversi gruppi privati (anche individuali) all'interno della stessa giurisdizione (incluso l'omicidio di poco fa) sono soggetti a leggi e sanzioni promulgati dalla stessa entità comune che ha supremazia legale.

La morte e le tasse, si sa, sono inevitabili. Sarebbe forse un motivo "logico" per non cercare di allungarsi la vita e per non cercare di abbassare le tasse?!

You have no rights to post comments