Taki in versione nazionalista, in uno zibaldone che sottolinea le contraddizioni dei nostri tempi

(il titolo deriva per assonanza da una filastrocca inglese)

Taki Theodoracopulos (takimag, 24 febbraio 2018)

“L'idea di nazione è altrettanto naturale dell'amore per i propri figli.” -- Taki

Gstaad— C'era tanta nostalgia alla festa di compleanno del principe Vittorio Emanuele qui, con molti vecchi amici intenti a ricordare le nostre bricconate di gioventù ai tempi andati. Vittorio -- il pretendente al trono italiano -- ed io ci conosciamo da molto tempo, più di sessant'anni. In modo molto trasversale, anche le nostre famiglie. Suo nonno, che aveva lo stesso nome, Vittorio Emanuele III, facilitò l'ascesa al potere di Benito Mussolini, sebbene fu sempre lui a rimuoverlo nell'agosto del 1943, dichiarando l'Italia non più combattente. Il fratello più piccolo di mia madre a 12 anni aveva scritto al Duce una lettera di ammirazione. Benito lo invitò a visitare l'Italia come ospite del Duce, e certamente mio zio andò e stette con lui a Villa Torlonia per un paio di settimane. Ironicamente, in seguito egli combatté contro gli italiani in Albania e morì a causa delle ferite dopo la guerra. Vittorio ed io ne abbiamo parlato tante volte, e tutti e due rimaniamo ammiratori del Duce -- fino ad un certo punto, cioè.

A quell'epoca, il nazionalismo era quello che contava. Nazionalismo e patriottismo erano una cosa sola. Oggi entrambe le parole sono considerate con sospetto, come fanfaronate alla Trump, qualcosa in cui può credere solo un campagnolo poco raffinato. Lo stesso vale per sovranità. Siamo, o almeno così ci dicono, un'unica grande famiglia, e quelle tre parole sono cattive per il bene comune. L'uomo di Davos è il tipo che si acciglia all'idea di nazionalismo-patriottismo, essendo lui il campione del neoliberalismo e un membro pagato dell'élite interconnessa globalmente. Il D-man venderebbe sua madre per uno shekel, e il suo paese per ancor meno. Quando mi perdo nelle nebbie dell'alcool, sogno del mio stato perfetto, che è Sparta, e mi chiedo come l'uomo di Davos si comporterebbe. Sapendo quanto viscido e indecente è il D-man - un incrocio tra Anna Soubry e Jean-Claude Juncker - gli svizzeri dovrebbero intitolare il centro congressi di Davos ad Elfiate, il traditore che guidò i persiani al sentiero dietro ai valorosi 300 alle Termopili.

L'ex-direttore dello Spectator Boris [N.d.T.: Boris Johnson] ha detto bene quando ha detto che se dobbiamo accettare delle leggi allora dobbiamo conoscere chi è a farle. Non burocrati senza volto e non eletti a Bruxelles, ma qualcuno che possiamo mandar via la prossima volta. È qui che spicca la falsità degli argomenti contro il Brexit, quel “contemptus mundi”delle élite auto-proclamate. Come possono burocrati UE non eletti accusare la Polonia e l'Ungheria e tutti gli stati del gruppo di Visegrad di non essere democratici quando i loro leader sono stati eletti democraticamente? Se questo non è 1984, cosa lo è? (E come può Israele accusare la Polonia di complicità nell'Olocausto - i polacchi erano vittime - mentre sta facendo funzionare il più grande campo di concentramento del mondo, Gaza?) Come può George Soros minare i paesi dei Balcani con i suoi miliardi e prendere di mira il democraticamente eletto Viktor Orban quando lui non riuscirebbe a farsi eleggere come ragazzo porta acqua di una squadra femminile di gioco delle pulci? E che ci fa intento a minare la volontà del popolo britannico tramite pagliacci pagati come questo Malloch-Brown? Georgie Porgie1 vuole un'Europa senza confini, ma non la avrà, miliardi o non miliardi, e non l'avrà perché è innaturale. Il tradimento della Germania da parte di Angela Merkel -- prevedo la sopraffazione musulmana della Germania tramite una maggior fertilità 10 a 1 in forse soli cinquant'anni -- è una lezione per tutti noi. Il popolo italiano ha visto la luce, come anche i greci, ma Bruxelles è un osso molto duro e ha i media dalla sua parte. Questi ultimi sono così consumati dalla rabbia contro Trump che hanno fatto un'eroina della sorella del little rocket man. Dimenticate le torture di massa e la fame e gli assassinii del suo stesso popolo. Se a Trump non piace il little rocket man, allora dev'essere buono.

A casa nel mio chalet, riprendendomi dopo la festa di Vittorio Emanuele, mi sono imbattuto in un bellissimo film, Suite Française, un adattamento del romanzo tragico di Irene Nemirovsky con lo stesso titolo. Lei non ha mai finito il romanzo -- fu arrestata perché era ebrea e uccisa in un campo di concentramento - per cui il film lo finisce per lei. L'avevo letto quando fu ritrovato nel 2004, e non sono rimasto deluso. La storia d'amore tra una bellezza francese e uno splendido ufficiale tedesco suona vera, così come la meschinità e l'invidia dei francesi borghesi e contadini. Una cosa che mi ha colpito per come il regista ha visto giusto sono i modi educati degli ufficiali della Wehrmacht, così come l'aspetto dei soldati tedeschi. Avevo 4 anni quando occuparono la nostra casa ad Atene, e ricordo il maggiore Henry Murgen molto bene. Era affascinante e giocava con me e mi raccontava dei suoi stessi figli; riesco ancora a sentire l'odore del cuoio e vedere la brillantezza dei suoi stivali e cinture. Era alto, biondo e bello, com'erano la mggioranza dei tedeschi a quell'epoca. I film di oggi li dipingono come slavi dalla testa a punta. però io c'ero; i moderni personaggi di Hollywood non c'erano.

Fa niente. L'idea di nazione è altrettanto naturale dell'amore per i propri figli. All'uomo di Davos e a Georgie Porgie non piace, quindi sta a noi sopraffare i loro miliardi con la volontà e -- oserò mai dirlo -- violenza se necessario. Abbiamo vinto alle urne, e i perdenti protestano. Fanno esattamente così in Africa e in piccoli paesi sudamericani. Anche in Gran Bretagna.

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1 George Porgie è una filastrocca tradizionale inglese

Georgie Porgie, pudding and pie,
Kissed the girls and made them cry,
When the boys came out to play,
Georgie Porgie ran away.
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