Taki difende il suo amico Harvey Weinstein, che rispetto ai suoi accusatori finisce quasi con l'essere simpatico

Taki Theodoracopulos (takimag, 14 ottobre 2017)

Sento puzza di bruciato quando si tratta di Harvey Weinstein. Partiamo dall'inizio. Il telefono ha suonato di mattina molto presto e una voce di donna mi ha detto che Harvey Weinstein voleva parlarmi. Sono stato messo in attesa e ho aspettato. E aspettato, poi aspettato ancora. La ragione per cui non ho riattaccato è perché volevo dire a Harvey che se la regina Elisabetta mi avesse fatto aspettare così a lungo avrei riattaccato. "Ma per te, Sir Harvey, aspetterei un'eternità."

Sì, Harvey è un Comandante dell'Impero Britannico, ma l'ho promosso in grado perché, per quanto strano possa suonare, Harvey ed io siamo amici. Lui è fermamente di sinistra, è compare di Hillary, e pensa che i tedeschi fossero tutti cattivi settant'anni fa -- si sbaglia totalmente e catastroficamente su tutt'e tre -- però davvero mi è simpatico e lui viene alle mie feste e io vado alle sue. Lo scorso Natale alla mia festa di Natale ho presentato Harvey a una ventina circa di donne e lui ci ha provato con tutte. Buon per lui.

Il suo avvocato Lisa Bloom, figlia di un vero squalo, Gloria Allred, era anche lei al telefono e mi ha chiesto se potevo confermare i dettagli di un incontro tra Harvey e una sua assistente carina, la quale aveva testimoniato contro di lui in una causa per molestie sessuali. Michael Mailer ed io eravamo presenti perché Harvey era interessato a Nothing to Declare, il miglior libro sulla prigione mai scritto, di un certo Taki. (Pubblicato 27 anni fa e su un evento accaduto 35 anni fa.) L'assistente ci aveva tenuto compagnia mentre aspettavamo il suo capo, e quando egli ci aveva raggiunto scusandosi per il ritardo, avevo detto che la sua assistente era stata una compagnia molto piacevole perché, al contrario di lui, era di bellissimo aspetto. "Ed è anche molto brava nel suo lavoro", Harvey aveva aggiunto. Il punto della storia è che, se qualcuno aveva suggerito qualcosa, ero stato io, facendole i complimenti per la sua bellezza.

In America oggi si potrebbero beccare dieci anni di galera per questo. Le parole S- e R- sono quello che la parola J- era a Berlino circa nel 1935. Solo che Juden è stato rimpiazzato da sessista e razzista. È di nuovo il 1984, stile George Orwell. Nel caso di Harvey, c'è molto con cui poterlo impiccare, e ora che non è più segreto, stanno tutti uscendo fuori dal nulla. Persino una brutta cameriera ha improvvisamente scoperto di aver "servito quel maiale mentre ci provava con le donne". È buffo come sentimenti di ansia e umiliazione appaiano improvvisamente, quando questo tipo di rivelazioni sono sui giornali. Quello che mi piacerebbe sapere è come sia possibile che ci siano voluti vent'anni, e per altre dieci anni, per uscirsene fuori con questa roba. Una di loro, Rose McGowan, ha avuto 100.000 dollari per aver respinto Harvey al Sundance festival nel 1997, ma poi lo va a spiattellare al New York Times, il quale lo tiene incollato alla prima pagina per tre giorni di fila. Un giornalista del Times, un vero ipocrita di nome Rutenberg, descrive le bravate di Harvey come rivoltanti; altri sul Times a fatica riescono a celare la loro gioia per la sua caduta. (Rutenberg scrive di come fu terribile quando Harvey afferrò di forza Andrew Goldman e lo trascinò fuori da una festa diciassette anni fa. Io invece gli batto le mani per averlo fatto. I giornalisti pensano di aver diritto di disturbare e infastidire e poi mentire, quindi Harvey fece una cosa da uomo.)

Quello che mi disturba è che il Times avesse un piano per distruggere Weinstein, non per quello che faceva -- che è stato molto tempo fa -- ma perché avevano distrutto la carriera a due conservatori cristiani, Roger Ailes and Bill O’Reilly, e adesso era ora di inviare segnali di virtù: era ora di distruggere un ebreo di sinistra che fa donazioni a cause femminili. Non gli è stato dato il tempo di difendersi, e in un certo senso è stato schiacciato, la sua attività distrutta, la sua reputazione peggio di zero. I politici stanno correndo a dare le sue donazioni a cause femminili, il suo consiglio di amministrazione è collassato in quanto tre riccastri sono scappati, e Harvey ora è altrettanto popolare a La-La Land di un certo Adolf Schicklgruber.

La Weinstein Company senza Harvey è inesistente. È lui a promuovere il prodotto e a vincere Oscar. Uno studio boutique non sopravviverà senza di lui. Il Times insinua che Harvey debba essere processato e che il suo futuro dipenda dalla terapia. L'idea che un giornale che mente così regolarmente e vergognosamente come fa il  New York Times sia ora chi decide il destino di un uomo come Harvey, che si è fatto dal nulla assoluto, è orribile. Sì, si è comportato in modo inappropriato; sì, è stato un bullo con le donne; sì, si è denudato e ha chiesto loro di guardarlo mentre faceva la doccia; sì, ha chiesto loro ad nauseam di andare a letto con lui. Ci sono anche centinaia di atleti professionisti neri in America che picchiano e stuprano donne di continuo, ma il Times fa finta di non vedere, e così fanno gli altri. Ashley Judd, una per cui darei qualsiasi cosa per andare a letto con lei, dovrebbe vergognarsi. Ha aspettato vent'anni per unirsi alla calca urlante perché Harvey le ha chiesto di andare a letto con lui. Non l'ha fatto, allora perché preoccuparsi di conficcare il coltello?

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Nota - MM

Il collasso della sinistra è quasi divertente da osservare. L'ipocrisia sotto gli occhi di tutti in questi giorni è stata così palpabile da essere comica; viene quasi da vergognarsi per loro.
Tutte quelle stelle di Hollywood che si sono attaccate a qualsiasi inesistente inezia pur di attaccare Trump (Clooney, la Streep, De Niro, Di Caprio, e chi più ne ha ne metta), anche a qualche parola detta in uno spogliatoio maschile molti anni fa (!), esprimendo ogni tipo di indignazione verso di lui, ora attaccano il più potente produttore di Hollywood (cioè uno di loro, che hanno sempre conosciuto e ossequiato), una volta che è chiaro che è la cosa da fare.
I comportamenti di Weinstein erano noti a tal punto che si facevano battute su di lui anche alla cerimonia degli Oscar e in seguitissime trasmissioni televisive.

Per tutte le illazioni, non c'è nessun reale reato in quello che è venuto fuori. Adesso compare sui giornali qualche accusa di stupro, che molto probabilmente si rivelerà infondata. Un uomo come Weinstein può essere molto sgradevole, ma "stupro" è un'altra cosa.
In Italia, ci sono le dichiarazioni di Asia Argento, tanto indignate quanto risibili.

Hillary Clinton, in un crescendo di involontaria comicità, ha tentennato ma poi accusato il suo grande amico Weinstein, ha detto che le donazioni ricevute da lui non può restituirle ma faranno parte del 10% che normalmente dà alle "charity" (forse la Fondazione Clinton?), poi ha parlato di qualcosa come il "predatore sessuale nello Studio Ovale", intendendo Trump, non suo marito!

Weinstein è uno di loro, profondamente sinistroide e amico di una serie di cattive cause. In un certo senso, gli sta bene, forse si renderà conto di che pasta sono i suoi "amici"  a Hollywood e nel Partito Democratico. A parlare in sua difesa, su un giornale ampiamente diffuso come lo Spectator, c'è solo Taki, il conservatore, cristiano, "maschilista" e senz'altro "razzista" Taki. Chissà che Weinstein non impari qualcosa dalla sua caduta.

C'è un aspetto molto serio in questa vicenda. In America sono vigenti leggi (dalla presidenza Clinton, credo, per quanto assurdo sia) talmente ambigue che consentono di accusare quasi chiunque per reati sessuali. Come dice Taki, si potrebbe finire in galera per un complimento. Tutto ciò fa parte dell'avanzata della tirannia. Il caso di Weinstein segnala che possono venire tirati fuori e riaperti casi chiusi molto tempo fa. Il messaggio generale è che chiunque può essere accusato all'improvviso.

hillary donations large

 

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