Dicendosi “ottimista” sulla restituzione del prestito da 900 milioni concesso dallo Stato (ossia, ancorché forzosamente, dai pagatori di tasse) ad Alitalia, Luigi Di Maio, che da qualche tempo pare atteggiarsi anche a investment banker, ha affermato:

"Va restituito nei tempi necessari per il rilancio della compagnia, che sarà la prima compagnia aerea al mondo attiva su ferro e su gomma. Ci sono manifestazioni d'interesse di operatori come le Fs e sarà un'operazione di mercato.”

Probabilmente gli elettori che votano Di Maio si bevono anche queste scemenze, ma ciò non cambia il fatto che di scemenze si tratti.

 

A parte il fatto che qualche settimana fa lo stesso Di Maio prefigurava conversioni parziali di quel prestito in capitale (lui usava il termine “equity”, da vero investment banker), il che comporterebbe una non restituzione della somma convertita, proprio perché si chiamano compagnie aeree le aviolinee di solito fanno trasporto aereo, non su rotaia.

 

Quanto alle “manifestazioni d'interesse di operatori come le Fs”, che per Di Maio daranno luogo a “un'operazione di mercato”, serve davvero avere la faccia di bronzo (per non dire peggio e risultare volgare, ancorché usando parole più efficaci a rendere l’idea) per fare affermazioni del genere.

 

Le Ferrovie sono una società al 100% dello Stato, quindi non vi è nessuna manifestazione di interesse con motivazioni di mercato, bensì l’esecuzione della volontà politica del governo. Pena la perdita della poltrona per i vertici delle Ferrovie.

Non contento di tutto ciò, Di Maio ha poi aggiunto:

 

Alitalia è stata il bancomat di Stato fino ad oggi.”

Probabilmente non sa neppure cos’è un bancomat. Ma la realtà dei fatti è che le tasche dei pagatori di tasse sono state fino ad oggi il bancomat di Alitalia. E continueranno con ogni probabilità a esserlo in futuro.

 

Dire che è un asino (in economia) non rende giustizia agli equini.

(Matteo Corsini)

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