Quello che inizialmente era considerato l’ancora di credibilità di questo governo, ossia il ministro dell’Economia Giovanni Tria, pare ormai essersi convertito al salvidimaismo imperante. Ecco cosa ha dichiarato in merito alle stime di crescita del Pil contenute nella bozza di legge di bilancio:

Le previsioni di crescita sono infatti il risultato di valutazione squisitamente tecnica. Per questo non possono diventare oggetto di negoziato alcuno dentro o fuori dal Governo.”

 

Tria ha usato l’aggettivo “tecnica” al posto di “politica”. Un esercizio di neolingua gialloverde. Quando una stima, che peraltro lascia il tempo che trova come ogni output di modelli econometrici, si discosta significativamente (guarda caso, in meglio) rispetto a quelle elaborate da diversi altri enti pubblici o privati, di tecnico c’è ben poco.

Ogni modello prevede che alcuni parametri in input debbano essere fissati, necessariamente con una dose più o meno consistente di arbitrarietà. Non fa eccezione la stima del governo. Anzi.

Ma qualunque sia il numero “tecnicamente” fissato dal governo, la realtà non può essere né esattamente prevista, né tantomeno cambiata a piacere. Non basta scrivere che il Pil crescerà dell’1.5% perché ciò avvenga. Ma se si fa nuovo deficit basandosi su quella stima, ogni decimale di crescita in meno comporterà un maggiore rapporto tra deficit e Pil, a parità di altre condizioni.

 

Tecnica o non tecnica.

(Matteo Corsini)