Noto euroscettico (eufemisticamente parlando), Claudio Borghi, suggeritore di sciocchezze economiche di Matteo Salvini, ha rilasciato un’intervista ferragostana al Foglio, nella quale ha ribadito il suo punto di vista sulla moneta unica.

La mia speranza è che l'euro salti per aria, e si volti finalmente pagina. Nel contratto di governo non è contemplata l'uscita dall'euro, soluzione che io continuo a ritenere preferibile. Dato che non posso fare funzionare le cose come voglio io, cerco almeno di indicare una via che ci permetta di restare nella moneta unica in una maniera decente.”

L’euro è una moneta fiat frutto di un disegno politico di stampo socialisteggiante, l’esatto contrario di un ordine spontaneo.

Vi sono quindi diversi motivi per essere critici nei confronti dell’euro. Purtroppo, però, la gran parte degli euroscettici, non solo in Italia, è contraria all’euro per motivi diametralmente opposti a quelli di chi lo critica da un punto di vista simile al mio. Rispetto a quello che vorrebbero costoro, l'euro è di gran lunga un male minore.

In sostanza, per costoro l’euro avrebbe il grave difetto di non avere una banca centrale pronta a garantire la solvibilità di tutti gli Stati che adottano la moneta unica, a prescindere dalla loro situazione debitoria.

Cosa che in realtà non è neppure del tutto vera, dato che una forma di salvataggio sottoposto a condizioni esiste dal 2012. Con le operazioni OMT (outright monetary transactions), la BCE può comprare illimitatamente il debito di un Paese che abbia perso accesso al mercato, purché quel Paese si sottoponga a un programma di risanamento della finanza pubblica e di riforme predisposto dalla cosiddetta Troika (BCE, Commissione europea e FMI).

Il fatto è che nessun sovranista accetta la condizionalità delle OMT, che poi sono ciò che derivò dal famoso “whatever it takes” pronunciato da Mario Draghi il 26 luglio 2012.

Secondo Borghi, “il Quantitative easing non può interrompersi”. Anzi, la BCE dovrebbe, per l’appunto, essere garante di tutti i debitori pubblici dell’area euro.

E' evidente che questi tassi di spread non sono giustificabili in alcun modo: scommettere sulla divergenza è demenziale. Se l'Eurozona avesse un senso, i differenziali sarebbero nulli. Si ponga pure un limite a 150 punti base, che è già intollerabile a mio avviso. Se nell'Eurozona vogliono mantenere e sostenere l'attuale struttura dei debiti sovrani, devono fare come dico io.”

Il fatto è che quello che vanno dicendo Borghi e sovranisti assortiti non esiste da nessuna parte. In sostanza, o si cede ulteriore sovranità alla Ue a fronte dell’emissione di debito comune, oppure si mantengono le redini della politica economica a livello nazionale, ma ognuno rimane responsabile della propria solvibilità.

Questo passaggio i sovranisti non vogliono accettarlo, pretendendo che ognuno possa spendere a piacere con una banca centrale che stampa di conseguenza. Non dovrebbe stupire che di fronte a Paesi come l’Italia che hanno già un debito pubblico pari a oltre il 130% del Pil, vi sia resistenza da parte di chi è messo meno peggio ad assecondare una svolta del genere.

Ai loro occhi i Borghi di turno sono qualcosa di simile ai governanti di Venezuela e Turchia, per fare solo un paio di esempi. E francamente è difficile dar loro torto.

Borghi ne ha anche per il ministro dell’Economia:

Tria sbaglia a pensare che il sistema si stabilizzi con dichiarazioni distensive. Capisco che ciò è conforme col suo incarico di ministro dell'Economia, ma dev’essere chiaro a tutti che il comitato distensivo magari fa scendere lo spread per qualche giorno, ma non è che serve a risolvere nulla di strutturale.”

In effetti non bastano le dichiarazioni a risolvere il problema, a maggior ragione quando poi a ogni rassicurazione offerta da Tria seguono raffiche di sparate da parte degli azionisti di maggioranza del governo e dei loro consiglieri, tra cui lo stesso Borghi.

I quali sembra che non abbiano nulla in contrario a vedere salire lo spread, perché ciò non fa altro che avvicinare l’Italia al burrone nel quale secondo loro si deve cadere per liberarsi poi dai vincoli europei.

Il fatto è che liberarsi da quei vincoli (peraltro poco rispettati) per finire in una prospettiva venezuelana o turca non dovrebbe essere molto allettante.

Borghi pensa che "la svolta arriverà alle elezioni europee di primavera. Lì, finalmente, potrebbero cambiare dei paradigmi a livello continentale.”

Può darsi che abbia ragione lui, il che significherebbe riuscire a peggiorare la già orrenda situazione dell’Unione europea.

Ma se prevale la linea di Borghi, come ci si arriverà al maggio del 2019? (Matteo Corsini)