Riccardo Fraccaro, pentastellato neo ministro per i rapporti con il Parlamento, riferendosi al rapporto tra politica e cittadini ha affermato, tra l’altro:

Quando diciamo “lo Stato siamo noi” intendiamo che la politica deve farsi carico dei sentimenti diffusi nel Paese.”

Una frase tanto vaga quanto inquietante, a mio parere.

Vaga, perché può essere concretizzata in modi diversissimi tra loro.

Inquietante, perché generalmente i modi di concretizzare il concetto comportano una violazione anche molto intensa del principio di non aggressione.

Lo Stato siamo noi” lo possono a pieno titolo dire coloro che, pro tempore, nella macchina statale ci vivono, siano essi detentori di potere politico, burocrati o pubblici dipendenti o chi vive di tasse altrui. Costoro sono a pieno titolo “consumatori di tasse”, secondo la definizione di John Calhoun.

Per tutti gli altri, ossia i produttori di tasse, sarebbe più appropriato dire “lo Stato sono loro”.

Non sono certo Fraccaro e colleghi pentastellati ad avere inventato la retorica de “lo Stato siamo noi”, formula che è sempre stata utile a dare l’impressione ai produttori di tasse di non essere tali senza avere nessuna reale voce in capitolo.

Quanto al “farsi carico dei sentimenti diffusi nel Paese”, credo in realtà che quei sentimenti vengano spesso plasmati. Un solo esempio: nell’arco di pochi giorni i vertici del M5S (ma si potrebbero fare esempi simili per tutti gli altri partiti) sono passati dal proposito di mettere in stato d’accusa il presidente della Repubblica all’elogiarlo per la formazione del cosiddetto “governo del cambiamento”.

E un numero più o meno consistente di persone ha acclamato tanto l’una quanto l’altra presa di posizione dei vertici politici di quel movimento.

Non esiste nulla di più malleabile dei supposti “sentimenti diffusi nel Paese”. Quasi sempre a spese dei pagatori di tasse di cui sopra.

(Matteo Corsini)

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