Durante l’audizione in Parlamento relativa al Documento di Economia e Finanza, il ministro uscente dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha fatto riferimento alle incognite geopolitiche e anche all’ipotesi che “il quadro di stabilità finanziaria sia messo a repentaglio dagli elevati corsi azionari, i bassi differenziali di rendimento sui titoli corporate a reddito fisso e l’elevato indebitamento di alcuni comparti.

Si tratta di preoccupazioni condivisibili, anche se Padoan non offre neppure un abbozzo di spiegazione sul perché questi pericoli alla stabilità finanziaria si stiano manifestando.

Nulla dice sul fatto che l’aumento dei prezzi delle attività finanziarie e la compressione dei premi per il rischio siano attribuibili all’enorme incremento di base monetaria dovuto alle politiche monetarie ultraespansive dell’ultimo decennio.

Né dice che, ancorché non sia stato dichiarato esplicitamente (anzi, sia stato ripetutamente negato), il programma di quantitative easing della BCE sia servito in misura preponderante a ridurre artificialmente il costo del debito pubblico.

Padoan avrebbe potuto ammettere che l’unica voce di spesa realmente diminuita negli ultimi anni è quella per interessi sul debito pubblico, nonostante il debito in valore assoluto abbia continuato ad aumentare. Senza il Qe tutto questo non ci sarebbe stato.

Last, but not least, proprio l’esaurimento del Qe renderà (più) problematica la sostenibilità del debito pubblico dell’Italia, il che è uno dei fattori di instabilità finanziaria che potrebbero manifestarsi in futuro.

In definitiva, dalla spiegazione di Padoan manca un dettaglio, che è però l’equivalente del proverbiale elefante nella cristalleria.

(Matteo Corsini) 

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