Tra i tanti che propongono come soluzione ai problemi dell’Europa la monetizzazione della spesa ci sono anche (il quasi premio Nobel) Renato Brunetta e Giovanni Tria, i quali, dopo aver messo in evidenza i fallimenti nel processo di convergenza e squilibri macroeconomici tra i Paesi dell’eurozona, sostengono:

“In questo contesto, è chiaro quel che si dovrebbe fare, anche se farlo implica cambiare le regole che sovrintendono l’Unione monetaria. Ad oggi non è facile cambiarle, ma la strada non è quella del non rispetto delle regole, anche se fino ad oggi l’Unione si è arrangiata accettandone sostanzialmente la violazione o la loro flessibilità. Ciò che manca sono gli investimenti necessari al sostegno della domanda interna all’eurozona, ma soprattutto a recuperare competitività sui mercati internazionali e ad assicurare la sostenibilità di lungo periodo, innanzitutto sociale, della crescita.

Suppongo che nessuno si meravigli se gli investimenti non siano altro che il solito “piano infrastrutturale”. E dato che il cosiddetto piano Juncker è ritenuto insufficiente, secondo i nostri “sarebbe necessario ricorrere a spesa in deficit per finanziare investimenti pubblici, azione di principio corretta secondo la cosiddetta golden rule, di cui si parla almeno da quando si sono concepite le regole europee di stabilità e crescita, ma mai accettata per sfiducia nell’uso corretto della regola stessa da parte di governi propensi alla spesa (le “cicale”).”

La regola aurea presenta sempre il problema che, anche se contabilmente si può decidere convenzionalmente di cambiare la rappresentazione delle cose, la realtà non cambia. Quindi le risorse reali per finanziare gli investimenti vanno trovate.

Brunetta e Tria, però, sono tra coloro che credono che possano essere create dal nulla, per evitare in ogni caso che aumenti il debito pubblico.

Tutto ciò implica affrontare la vera questione che in questi anni ha bloccato la politica economica europea: come conciliare il necessario stimolo fiscale con il pericolo, o la quasi certezza, che l’ulteriore crescita dei debiti pubblici crei ulteriore sfiducia nella loro sostenibilità. L’unica strategia che nelle condizioni descritte sembra possibile, oltre che necessaria, è, quindi, quella di uno stimolo fiscale finanziato attraverso la creazione di moneta. In altri termini, ciò che si propone è la monetizzazione di una parte dei deficit pubblici, destinata a finanziare, senza creazione di debito aggiuntivo, un ampio e generalizzato programma di investimenti pubblici, con il vincolo del mantenimento di un avanzo primario al netto di tale finanziamento, ottenuto attraverso il controllo della spesa corrente, in misura compatibile con un sentiero di riduzione costante del debito.”

Aggiungono i nostri:

Ci si augura che le obiezioni a questa politica non si riducano all’osservazione che le regole attuali non lo consentono, perché ormai è assodato che le regole attuali, senza un “whatever it takes” che sia applicato contemporaneamente alla politica fiscale oltre che a quella monetaria, conducono alla dissoluzione europea e alimentano solo proposte di abbandono dell’euro.”

Io credo che il problema reale non siano le regole, che sono stabilite politicamente. Il problema è che non si può creare ricchezza dal nulla, per cui ogni monetizzazione comporta la redistribuzione di risorse esistenti da chi le ha prodotte e legittimamente le possiede ad altri soggetti.

Questo nessuna convenzione politica lo può cambiare.

(Matteo Corsini)
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