Ogni anno la Commissione europea pubblica un country report dedicato a ogni Paese membro dell’Unione. Si tratta per lo più di documenti la cui unica funzione è tentare di giustificare lo stipendio pagato a chi li redige, a mio parere.

Anche quest’anno la Commissione europea invita l’Italia a ridurre le tasse sul lavoro, e fin qui niente da obiettare. Ma le risorse non andrebbero trovate tagliando spesa pubblica vera (e non detrazione e deduzioni, che sarebbero l’altra faccia della medaglia di aumenti di tasse), bensì tassando di più il patrimonio immobiliare.

Esentando dall’Imu sulla prima casa solo i percettori di redditi inferiori a 26.400 annui, secondo la Commissione ci sarebbero effetti benefici su occupazione e crescita del Pil.

Di che dimensioni?

L’aumento degli occupati e dei consumi, in cinque anni si tradurrebbe, al netto del calo degli investimenti immobiliari, in una crescita del Pil dello 0,1% che raddoppierebbe in 10 anni. Gli effetti si farebbero sentire anche nel rapporto debito-Pil che si ridurrebbe di 3 decimi di punto in 10 anni.”

In sostanza, un aumento del Pil compreso tra 0.1 e 0.2 per cento e una riduzione del rapporto tra debito e Pil dello 0.3 per cento in dieci anni.

Posto che l’attendibilità di questi calcoli è viziata dalle stesse controindicazioni di qualsiasi simulazione econometrica, anche prendendo per buoni i risultati attesi si tratterebbe di molto rumore per nulla.

Come a nulla servono questi report della Commissione.

(Matteo Corsini)

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