In un pezzo prenatalizio su Bloomberg Opinion, Noah Smith si occupa della formazione delle bolle e si chiede cosa potrebbero fare i governi per sgonfiarle in modo controllato prima che scoppino.

Cita un recente studio accademico, in base al quale “gli Stati che hanno aumentato di più le imposte sui capital gain hanno avuto meno bolle e crash”.

Oltre tutto la cosa parrebbe valere anche in senso contrario, ossia laddove ci sono minori imposte sui capital gain, si assiste a più frequenti episodi di bolle e successivi crash.

Bontà sua, Smith a un certo punto menziona anche l’aumento dell’offerta di credito tra le cause di questi eventi. Offerta di credito che favorirebbe l’inizio di un trend rialzista, che poi si espanderebbe per la formazione di aspettative circa la prosecuzione del trend stesso.

Come porre rimedio a tutto ciò?

Sposando la tesi dello studio che commenta, Smith sostiene che “se gli economisti possono individuare quanti anni servono per creare l’impressione di un trend permanente nelle menti degli speculatori, allora i policy makers possono adottare una regola in base alla quale le imposte sui capital gain aumentano temporaneamente ogni volta che i prezzi aumentano per quel certo numero di anni consecutivamente.”

Ciò che Smith non prende in considerazione, invece, è cosa genera l’aumento dell’offerta di credito, ossia una politica monetaria espansiva. Senza la quale non potrebbe esservi nessun aumento continuo e generalizzato dell’offerta di credito. Con tutto quello che ne consegue in termini di aumento dei prezzi di questi o quegli asset.

Aumentare la tassazione per contenere le bolle non è altro che aggiungere un male a un altro, senza risolvere il problema. Credo che questa ipotesi sia ancora più sgangherata della MMT. Andrebbe piuttosto rimossa la causa scatenante, ossia la manipolazione monetaria.

Evidentemente troppo difficile da capire per chi preferisce giocare al piccolo interventista.

(Matteo Corsini)

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