Una delle cose che mettono d’accordo pressoché tutti coloro che periodicamente chiedono di essere votati è la richiesta di armonizzare la tassazione a livello europeo, ponendo dei limiti minimi.

Da ultimo lo ha ribadito anche il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, secondo il quale “non stiamo parlando di nuove tasse per l'Italia ma al contrario di estensione a livello europeo di misure già esistenti nel nostro ordinamento, per da un lato ridurre la concorrenza sleale e dall'altro rafforzare l'efficacia.”

Effettivamente l’Italia è seconda forse solo alla Francia nel fare da apripista in fatto di nuovi balzelli, pestando anche sull’acceleratore di quelli non nuovi. Da anni ha introdotto una tassa sulle transazioni finanziarie che ovviamente ha prodotto un gettito ridicolo e sta premendo per l’introduzione di una “digital tax”, nell’illusione che graverà sul Google e società simili e non sulle aziende inserzioniste e i consumatori finali.

Probabilmente per Gualtieri nessuno dovrebbe allarmarsi sentendo di iniziative del genere, che lui bolla, peraltro essendo in folta compagnia, come lotta alla “concorrenza sleale”, essendo considerata tale la minore pretesa fiscale di certi Stati europei.

Ma se si raggiungesse l’obiettivo agognato da tutti i tassatori italiani, di fatto l’intero continente diverrebbe un inferno fiscale al pari dell’Italia.

Questo dovrebbe rendere ancora più ridicolo il mantra “pagare tutti, pagare meno” con il quale continuano a riempirsi la bocca dalle parti di palazzo Chigi. Più verosimilmente si tratterebbe di pagare di più ovunque, per la gioia dei consumatori di tasse intossicati di spesa pubblica.

Una prospettiva tutt’altro che piacevole. Mal comune, nessun gaudio.

(Matteo Corsini)