In una calda giornata agostana al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, Paolo “Piano B” Savona ha esposto ai presenti il suo punto di vista sull’eurozona.

Partendo da una critica alla BCE che quando “interviene sul debito pubblico italiano che ne ha bisogno, perché è oggetto di speculazione, poi interviene anche su quello tedesco che non ne ha bisogno.

Il mio punto di vista sugli interventi di politica monetaria, convenzionali o meno che siano, dovrebbe essere noto. Savona si riferisce al quantitative easing, che ufficialmente serve per generare una crescita dei prezzi al consumo e per questo determina la quantità di acquisti di titoli dei singoli Stati in base alla quota di partecipazione al capitale della BCE. Un formalismo giuridico per aggirare il divieto di finanziamento dei debiti pubblici.

Esisterebbe lo strumento delle Outright Monetary Transactions (OMT), che prevede acquisti solo dei titoli dello Stato che ne necessita, ma subordinatamente alla sottoscrizione di un programma di sistemazione dei conti pubblici concordato con Commisisone europea ed ESM, oltre alla stessa BCE. Una cosa che nessuno finora, Italia in primis, ha mai voluto fare, perché significherebbe perdere ogni libertà di manovra fiscale, e allora addio alle mance elettorali. Ossia il male assoluto per i sovranisti di varia natura.

Il redattore del “Piano B” adesso afferma poi che va garantito all’Europa che “non vogliamo uscire dall’Unione e non vogliamo uscire dall’euro”. Promessa a fronte della quale all’Italia dovrebbe essere concesso di sforare i parametri previsti dal Trattato Ue, i quali furono introdotti perché i Paesi “non si fidavano l’uno dell’altro”, ancorché a fronte di una “intera riprogrammazione del bilancio dello Stato.”

Come no, le solite buone intenzioni di cui sono lastricate le vie dell’inferno fiscale italiano.

A fronte della intera riprogrammazione di cui sopra, a livello europeo servirebbe “la creazione di un sistema di debito europeo, che non è l’eurobond ma creare una attività sicura che fermi il deflusso dei fondi dall’Europa verso gli Stati Uniti. Se si crea questo titolo che fa parte di un programma completo e il ricavato di questi titoli viene dato a Paesi come l’Italia che per uno o due anni non emettono debito, questi strumenti possono cessare le pressioni verso lo spread italiano, che può anche azzerarsi e, se l’Italia attua un programma credibile, noi risparmiamo 30 miliardi subito che possiamo investire in infrastrutture.”

Dubito che se si spostano flussi di fondi dall’euro al dollaro sia perché manca un’attività sicura; piuttosto, l’attività sicura in Europa rende attorno a 2 punti percentuali in meno rispetto a quella in dollari, e questo dipende anche (soprattutto) dalla politica monetaria.

Ciò detto, quello di cui parla Savona non sarà l’eurobond, ma probabilmente ha ancora meno probabilità dell’eurobond stesso si essere istituito. Il perché dovrebbe essere chiaro: in sostanza il ricavato di un debito comunitario dovrebbe beneficiare solo alcuni Paesi, Italia in primis. E ovviamente sarebbe semplice convincere chi dovrebbe poi pagare il conto che i soldi non andrebbero spesi per prepensionamenti e sussidi vari, ma per le mitologiche infrastrutture a moltiplicatore stellare. Già, perché motivi per fidarsi ne sono stati forniti a bizzeffe finora.

Mi resta un dubbio: questo sarebbe il Piano A?

(Matteo Corsini)

 

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