Come non di rado gli accade, Noah Smith critica la Scuola Austriaca di economia con argomentazioni che possono essere utilizzate solo da una persona che non ha letto neanche una riga scritta da un autore di tale scuola di economia.

Smith scrive regolarmente come opinionista su Bloomberg occupandosi per lo più di (macro)economia. E’ un grande sostenitore degli studi empirici, ossia dei tentativi di ricavare delle teorie dall’analisi dei dati con modelli più o meno complessi.

Pur essendo costretto a riconoscere che l’economia non è come altre scienze, per esempio la fisica, dato che si ha a che fare con i “movimenti dell’intera economia, tutto è in relazione a tutto il resto e la storia accade una volta sola”, Smith nondimeno ritiene che la via da seguire sia quella empirista. A parte poi, quando le correlazioni non gli piacciono, puntualizzare che la correlazione non consente di stabilire un nesso causale.

Di recente, Smith ha messo sullo stesso piano la Scuola Austriaca e la MMT, proprio perché entrambe sono descrittive e non matematiche. Ovviamente tacciando i sostenitori di entrambe di ricorrere ad argomentazioni semplicistiche. Probabilmente lo ha fatto sapendo che né gli uni né gli altri avrebbero gradito essere messi sullo stesso piano.

A suo dire, le teorie descrittive e basate sulla (per lui solo apparente) logica sono più gradite ai politici. Il che è indubbiamente vero per la MMT, che sta recentemente spopolando presso la sinistra statunitense, ma non lo è minimamente per la Scuola Austriaca.

Il fatto che una teoria sia scritta in Inglese semplice la potrebbe far apparire più comprensibile, ma non rende l’economia meno complessa. E il fatto che decenni di duro lavoro empirico da parte di umili, premurosi e brillanti accademici abbia portato solo a modesti avanzamenti nella comprensione di questo sistema complesso fa apparire dubbio che un piccolo gruppo di outsiders possa risolvere tutta la questione con un po’ di logica e una narrazione ad arte.”

Se uno avesse approfondito la conoscenza della Scuola Austriaca, potrebbe non condividere in tutto o in parte la teoria (a mio parere non per motivi inerenti la logica), ma non credo che scriverebbe quello che ho appena riportato. E’ proprio perché l’economia è complessa che non può essere semplificata in modelli matematici o in lavori empirici (che al più, come sosteneva Mises, sono storia economica). E non è neppure necessario utilizzare un linguaggio complicato solo perché ci si occupa di una materia complessa.

Smith farebbe bene a leggere “L’azione umana” di Mises, per provare almeno a capire gli assiomi di base della Scuola Austriaca. Dopodiché potrà anche cercare di argomentare sulla non validità di tali assiomi, anche se dubito che sarebbe in grado di farlo se non distorcendo anche quelli.

Per esempio, non so come potrebbe negare che l’uomo agisca per rimuovere uno stato di insoddisfazione soggettiva e che l’utilità che gli deriva da un’azione sia altrettanto soggettiva e non quantificabile. E questo per fare solo un paio di esempi.

Oppure, nel caso non volesse dedicare una parte del suo tempo a leggere ciò che intende criticare, potrebbe evitare di occuparsi di Scuola Austriaca e continuare a rendere conto ai suo lettori dell’ultimo paper accademico pieno di smanettamenti su dati (che spesso sono “martellati” per ottenere evidenze gradite all’autore) che tanto gli sembrano scientifici.

In tal caso potrebbe però anche imbattersi in diversi studi condotti da economisti della Banca dei Regolamenti Internazionali (su tutti gli consiglierei i lavori di Claudio Borio) che, pur utilizzando i metodi di analisi preferiti da Smith, arrivano a descrivere il ciclo finanziario in modo abbastanza in linea con la teoria austriaca, ancorché non concludendo sulla necessità di evitare che la politica monetaria non distorca la moneta e i tassi in interesse, bensì ritenendo necessario allargare l’orizzonte rispetto all’andamento dei soli prezzi al consumo, adottando quindi una politica monetaria tendenzialmente meno accomodante di quella posta in essere dalle principali banche centrali soprattutto nell’ultimo decennio.

Narrazione ad arte” anche quella?

(Matteo Corsini)

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