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Maria Missiroli, 29 ottobre 2014

La teoria austriaca del ciclo economico

Abbiamo detto nella prima parte che le teorie macroeconomiche in sostanza sono indagini sulle cause del ciclo economico e sulle contromisure più adeguate per evitare e risolvere le crisi. In questa ultima parte è presentata la teoria austriaca del ciclo economico (ABCT: Austrian Business Cycle Theory), in una forma elementare che naturalmente costituisce non più di uno spunto per approfondimenti successivi.

Il ruolo di von Mises fu fondamentale anche nello sviluppo di questa teoria, per la quale fu assegnato nel 1974 il premio Nobel a F.A. Hayek, il più noto tra gli studenti di von Mises. (In realtà nessuno degli economisti misesiani, neppure lo stesso Rothbard, ha aggiunto granché di significativo alla teoria economica di von Mises, pur fornendo importantissimi contributi nel rendere più facilmente comprensibile la teoria ad un pubblico vasto e arricchendola di analisi storiche. Hayek fu, in contrasto con von Mises e Rothbard, relativamente disponibile al compromesso con gli economisti di mainstream, i quali sono a vari livelli immancabilmente favorevoli al massiccio intervento statale in economia;  probabilmente per questa disponibilità fu gratificato con il premio Nobel, un anno dopo la morte di von Mises.)

Business cycle (“ciclo economico”) è il termine con cui si indica la successione di un periodo di espansione economica (boom) e di un periodo di crisi (bust). Quali sono le cause delle crisi economiche? Qual è il modo migliore di reagire alle crisi per uscirne il più rapidamente possibile? Quali sono le conseguenze delle diverse politiche applicabili a seguito della crisi? Queste sono le domande a cui la teoria economica cerca di dare risposta.

Capire il business cycle è fondamentale per non cedere alla propaganda tipica delle situazioni di crisi, quando la maggioranza in genere si fa convincere ad appoggiare misure in realtà controproducenti. Sarebbe il caso di tenere sempre presente che una crisi è sempre una ghiotta occasione per rafforzare il potere. Grazie all'ignoranza economica della popolazione, è facile additare prontamente capri espiatori, generalmente individuati in “speculatori” che in base a fumosi meccanismi avrebbero destabilizzato l’economia. Gli stessi responsabili delle restrizioni al libero mercato sono pronti a incolpare la “mancanza di regole” e ad inserirne ulteriori a loro vantaggio.

L’economia moderna è talmente intricata e complessa che è facile lasciarsi fuorviare e perdere di vista i punti fermi; si finisce per scambiare cause con effetti e non vedere cause pur macroscopiche; ancor più se si considera che tra una causa e i suoi effetti possono trascorrere anni o anche decenni. Per questo è molto utile ricorrere ad esempi di “Crusoe-economics”, cioè analizzare casi di sistemi economici molto semplici, per comprendere gli stessi meccanismi che sono all'opera nei sistemi complessi.

Un esempio di Crusoe economics: il fornaio invaghito

Per illustrare il ciclo economico, prendiamo spunto da un esempio molto semplice che ha per protagonista un fornaio. Questo fornaio possiede una panetteria ben avviata e lavora in modo molto coscienzioso. Ha abitudini di consumo attente e spende meno di quanto guadagna, accumulando risparmio con il quale progetta di espandere la sua attività in futuro. Non tralascia la cura e la manutenzione dei suoi strumenti di lavoro che sono sempre perfettamente efficienti. Ogni tanto, con moderazione, va da un sarto e si fa confezionare un abito.

Un giorno, ahimè, succede che il fornaio si invaghisce di una ballerina (o, in termini più moderni, di una modella). Le sue abitudini di consumo cambiano drasticamente. Ora spende tutto quello che guadagna e intacca anche il suo capitale. Va molto più spesso dal sarto, il quale vede aumentare i suoi affari e quindi probabilmente aumenta un po’ i suoi prezzi, forse assume anche un aiutante. Avendo aumentato i suoi introiti, anche il sarto comincia a consumare un po’ di più. Il fornaio continua a lavorare ma è più svogliato di prima. Trascura la manutenzione dei suoi strumenti perché adesso tempo e denaro sono dedicati alla ballerina.

Ad un certo punto succede che ... mah, per esempio uno dei forni per cuocere il pane, trascurati dal fornaio, si rompe e necessita di una costosa riparazione. Scegliendo un finale non troppo negativo, il fornaio presto rinsavisce, con i soldi rimasti e con solo qualche piccolo debito fa riparare il forno, e riprende a lavorare di buona lena. Per qualche tempo dovrà tirare un po’ la cinghia, mantenere un tenore di vita inferiore a quello che aveva prima, ma dopo un po’ le sue finanze si riassesteranno e il suo tenore di vita potrà risalire. Per qualche tempo non potrà andare dal sarto. Il sarto vede diminuire i suoi affari, dopo che erano aumentati: è “calata la domanda”; probabilmente dovrà diminuire i suoi prezzi e forse anche licenziare l’aiutante che aveva assunto. Ma in realtà il fornaio è solo uno di tanti clienti del sarto, e verosimilmente gli affari del sarto continueranno circa come prima.

Uno scenario analogo è quello in cui il fornaio, invece che aumentare il consumo, decide di investire i suoi risparmi in un’attività che ritiene sarà redditizia: ad esempio, aprire una sala da tè accanto alla panetteria. Per realizzare la sala da tè, si rivolgerà a dei fornitori, che quindi vedono incrementare il giro d’affari. Ma ahimè, l’attività non si rivela indovinata, la sala da tè non ha successo e i profitti non arrivano. Per fermare le perdite, ad un certo punto il fornaio è costretto a chiudere la sala da tè, licenziare eventuali dipendenti, liquidare gli investimenti cercando di ricavarne il più possibile, e tornare a fare solo il fornaio. In questo caso sono i fornitori che vedono ridurre i loro affari, ma loro hanno anche molti altri clienti e non risentono eccessivamente della chiusura della sala da tè.

Boom e bust

In entrambi questi due semplicissimi casi, abbiamo visto che delle attività (il sarto, i fornitori) inizialmente si espandono grazie all’aumento di spesa da parte del fornaio; c’è una fase di boom; poi quando questa spesa si rivela non sostenibile le attività sono soggette ad una fase di recessione. Appare chiaro che i danni alla situazione economica del fornaio sono fatti durante la fase di boom, anche superficialmente sembra che il fornaio sia diventato più benestante, in quanto spende o investe di più. Non credo verrebbe in mente a nessuno che la via migliore per risolvere la recessione del sarto o dei fornitori sia quella di prelevare forzatamente risorse dai fornai prudenti, che nel frattempo hanno continuato la loro gestione oculata, per darle al nostro fornaio in modo che possa continuare a spendere. La recessione verosimilmente non sarà molto profonda, in quanto le attività coinvolte hanno altri clienti che non si comportano come il fornaio, cioè la loro spesa è sostenibile, derivata da reale produttività di beni a cui gli uomini attribuiscono valore.

Ma cosa succederebbe se tutti (o almeno molti) si comportassero come il fornaio? Se molti cominciassero a spendere o investire in modo non sostenibile?

In questo caso possiamo aspettarci di assistere ad un boom economico di notevole entità. Fioriranno molteplici attività nuove che assorbiranno lavoratori da altre attività, in realtà più produttive ma che adesso appaiono meno redditizie. Il sarto allargherà i suoi affari notevolmente e assumerà molto personale. Le sale da tè saranno piene di gente e gli affari andranno a gonfie vele. Per un po’. Ad un certo punto la non sostenibilità delle spese farà capolino e insorgerà la fase di recessione; anche questa sarà molto profonda. Attività che parevano redditizie non avranno più clienti e dovranno chiudere. Si dovrà liquidare il malinvestimento con perdite ingenti. Alcuni si ritroveranno pieni di debiti. Molto personale sarà licenziato e dovrà essere assorbito da attività realmente produttive che nel frattempo sono state trascurate; questo non può avvenire immediatamente perché ci vuole tempo per rimettere in sesto la struttura produttiva trascurata; nel frattempo molti saranno disoccupati. I prezzi caleranno. Si dovrà tirare la cinghia per un po’ a causa dello spreco di risorse durante la fase di boom.

Però normalmente non succede che tanti contemporaneamente si mettano a spendere e investire in maniera dissennata. E’ inevitabile che qualcuno sbagli le sue valutazioni, ma generalmente gli imprenditori o investitori non sbagliano tutti insieme.

A meno che…

La fonte dell'abbaglio

A meno che non si verifichi qualcosa per cui tanti cadono vittima dello stesso abbaglio. Qualcosa che distorce la percezione della propria capacità di consumo e/o della redditività di certi investimenti. Questo può succedere anche in modo spontaneo nell'ambito del mercato, soprattutto in occasione di rilevanti avanzamenti tecnologici che creano aspettative sovrastimate. Si creano “bolle” (sopravalutazioni) che ad un certo punto possono rivelarsi tali ed esplodere. Ma una bolla spontanea non raggiunge mai dimensioni catastrofiche: la percezione del rischio rimane vigile, gli investitori non possono aspettare i ritorni all’infinito, cioè il mercato contiene meccanismi che si oppongono alla crescita indefinita della bolla.

Però gli “abbagli” possono essere anche creati artificialmente, per mezzo dell’intervento governativo. Le banche centrali hanno la funzione di rendere flessibile la quantità di credito disponibile. Possono espandere artificialmente il credito, creandolo dal nulla. Se la banca centrale deve rispettare uno standard aureo, può espandere il credito ma con limiti stringenti: può cioè emettere più denaro di quanto oro ha (questo si definisce riserva frazionaria, cioè inferiore al 100%), ma comunque deve mantenere un consistente livello di riserve, altrimenti la non solvibilità rispetto ai suoi impegni di convertibilità in oro può diventare evidente. Se il denaro è completamente fiat, la banca centrale può espandere il credito senza limiti se non quelli che lei stessa stabilisce. Essa proclama senza esitazioni di essere l’istituzione che meglio di chiunque altro può decidere qual è la giusta quantità di credito e di farlo nell’interesse di tutta l’economia.

La banca centrale regola il credito tramite il tasso di interesse; ha il privilegio legale di poter fissare il tasso di interesse dei prestiti interbancari, che in definitiva rappresenta il costo del denaro. L’esistenza di una banca centrale implica che le banche non sono entità completamente indipendenti l’una dall’altra, ma funzionano insieme sotto le direttive della banca centrale. Quando la banca centrale impone un tasso di interesse inferiore al valore che avrebbe in un regime di libero mercato, questo richiede che le riserve delle banche siano mantenute tramite la creazione di denaro dal nulla.

Un costo del denaro artificialmente basso, sostenuto con la creazione di denaro, crea la percezione che sia disponibile più risparmio di quanto sia in realtà. Il denaro è tutto uguale: non si può distinguere il denaro creato artificialmente dal nulla dal denaro guadagnato con la produzione! Così si crea l’abbaglio: il denaro disponibile ad un costo basso fa percepire come redditizie attività non sostenibili. Si crea la fase di boom. Ad un certo punto la banca centrale deve rialzare i tassi, per evitare l’esplosione dei prezzi dovuta all’inflazione della quantità di denaro. Ora diventa chiaro che quelle attività non erano sostenibili e si instaura la fase di recessione, tanto più profonda quanto più a lungo si erano mantenuti bassi i tassi di interesse e si era espansa la bolla.

Dal pescatore dei primordi alle crisi dei giorni nostri

Abbiamo visto nella prima parte l’esempio del pescatore che mette da parte pesce per potersi nutrire mentre costruirà una rete. Un costo del denaro alto, in un'economia di libero mercato, corrisponde al fatto che c’è poco pesce da parte. Il tasso di interesse alto comunica questo: “Attento: se vuoi intraprendere la costruzione della rete devi essere sicuro di riuscire a farlo in breve tempo; la rete deve diventare produttiva a breve termine; gli accantonamenti di pesce non permettono di stare a lungo senza pescare.” Viceversa, un tasso basso segnala che c’è abbondanza di risparmio, cioè c’è molto pesce accantonato: “Puoi intraprendere tranquillamente la costruzione della rete anche se prevedi che ci vorrà tempo; il pesce accantonato è sufficiente per un lungo periodo; non è necessario che la rete porti ritorni entro breve, può farlo anche tra parecchio tempo.”

E cosa segnala invece un tasso di interesse artificialmente basso? Segnala che c’è molto pesce da parte quando in realtà non è vero. Il pescatore intraprende la costruzione della rete pensando di avere pesce per lungo tempo. In realtà sta mangiando il pesce degli altri senza che loro possano farci nulla. Ad un certo punto "la banca centrale deve rialzare i tassi", altrimenti le scorte di pesce rapidamente finiscono. La rete non è ancora pronta e lui deve tornare a pescare. Se per qualche causa, riguardante ad esempio la sua salute o le condizioni meteorologiche, il pescatore non può andare a pescare adesso rischia di morir di fame. Intanto ha mangiato il pesce degli altri, che si ritrovano con meno pesce e non possono dedicarsi a costruire una rete. Risultato netto: nessuna rete, allontanamento della prospettiva di averla. Nel frattempo, in tutto questo meccanismo c’è stato qualcuno che ha mangiato pesce senza fare nulla.

Un caso da manuale è la crisi dei “mutui subprime” del 2008. All’inizio degli anni 2000 Greenspan (allora chairman della Federal Reserve) abbassa i tassi di interesse; il governo appoggia l’erogazione di mutui a basso prezzo anche a chi non offre sufficienti garanzie; si crea un boom immobiliare; i prezzi delle case salgono vertiginosamente e i proprietari si indebitano sulla base dell’aumento di valore delle loro case; il mercato di prodotti finanziari basati su quei mutui si allarga all’Europa; le borse crescono; ad un certo punto Bernanke deve rialzare i tassi e ciò avviene nel 2005 o 2006; la bolla si sgonfia; i prezzi delle case scendono; molti proprietari non hanno più soldi per pagare i mutui, alcuni perdono la casa; le banche vacillano; le borse crollano; il governo nazionalizza gli istituti che hanno erogato i mutui accollandosene il fallimento.

Anche le altre crisi, dalla crisi del ’29 alla bancarotta dell’Islanda e tante altre, sono state causate da politiche di espansione del credito da parte delle banche centrali. Però non è quello che viene detto dai media e dai politici. Questi sono pronti a trovare capri espiatori e ad additare la ”mancanza di regole del mercato” per crisi dovute alle politiche governative e all’azione delle banche centrali possibili solo per il privilegio loro accordato dallo stato. E non è tutto. Gli stessi personaggi che durante il boom non hanno visto nulla di preoccupante e anzi hanno insistito che l’economia era sana (veramente sbalorditivo il caso di Bernanke, che ha più volte ripetuto che non c'era alcuna bolla immobiliare, fino a pochi mesi prima dello scoppio della stessa), ora proclamano che proprio loro sono i più adatti a gestire la crisi per uscirne. E cosa propongono? Le stesse misure che hanno causato la crisi.

La cura per uscire dalla crisi

Per uscire dalla crisi e tornare alla crescita economica, non si può evitare di “tirare la cinghia” per un certo periodo; in questo modo, l’uscita dalla crisi avviene anche prima di quanto si sarebbe immaginato. La fase di recessione comporta, come abbiamo visto, discesa dei prezzi (inclusi i salari) e disoccupazione; è fondamentale liquidare i malinvestimenti, cioè le attività non realmente produttive, e per questo molti si ritroveranno disoccupati (soprattutto molti bancari e altri lavoratori di attività che si sono espanse durante il boom); si può pensare a misure di solidarietà per chi si ritrova disoccupato, ma in nessun caso ha senso mantenere delle attività a dimensioni che non sono sostenibili. In breve tempo quei lavoratori disoccupati saranno riassorbiti dall’economia che nel frattempo si sarà riadattata. La recessione è la fase di “correzione” che il mercato mette in atto per riassestare l’economia. L’impressione per molti è di star bene durante il boom e male durante la recessione, ma è durante la fase di boom che si danneggia l’economia, e durante la fase di recessione che l’economia si cura.

Invece quello che viene fatto, tramite proclami allarmistici come “se non si aiutano le banche crolla il sistema finanziario”, è prendere soldi dai cittadini per darli a chi ha causato l’espansione e il fallimento delle sue attività, come le banche; ai prezzi non è concesso di scendere, sotto la minaccia di una fantomatica “spirale deflazionistica”; e si riabbassano i tassi di interesse, ovvero si stampa denaro dal nulla, per “stimolare l’economia” come insegna la teoria keynesiana, ponendo le basi per una futura bolla ancora più grave. Si rimpinguano le casse dello stato con denaro fatto dal nulla in modo che possa continuare a spendere, come ha fatto Bernanke e ancora più promette di fare la Yellen.

La crisi del ’29 avrebbe potuto risolversi rapidamente come quella del ’21 non fosse stato per gli interventi del New Deal, che decretarono che prezzi e salari non potevano scendere e la trasformarono in catastrofe di disoccupazione e povertà. Per aggiungere la beffa al danno, in anni recenti la Federal Reserve (Bernanke) ha “chiesto scusa” per non essere intervenuta abbastanza vigorosamente durante la crisi del '29, cioè per non aver creato abbastanza denaro durante la crisi, in realtà dovuta proprio dall’espansione del credito della Federal Reserve negli anni ’20 e inasprita dalle misure “anti-crisi” del New Deal. La lettura convenzionale della crisi del ’29 e queste affermazioni (“dovevamo agire di più”) servono a giustificare le misure che si prendono oggi. Nel ’29 c’era nominalmente lo standard aureo, ma negli anni precedenti fu creato credito dal nulla (tassi di interesse bassi, rialzati nel 1928) per un accordo con gli inglesi che stavano svalutando la sterlina; al punto che negli anni ’30 fu cambiata la parità con l’oro, dopo aver obbligato i cittadini americani a consegnare tutte le loro monete d’oro a corso legale in cambio di banconote.

Il grande classico di Murray Rothbard, America's Great Depression, dissolve in modo facilmente comprensibile miti e vere e proprie falsità sulla Depressione che seguì la crisi del '29.

Lo "stimolo" all'economia

Come abbiamo visto, è vero che l’espansione del credito e l’aumento della quantità di denaro “stimolano l’economia”; ma lo fanno in modo distorto e non sostenibile in futuro. Portano a consumare risorse che le leggi economiche lasciate libere indicherebbero di risparmiare.

Il denaro creato dal nulla, senza una corrispondente produzione di beni che hanno valore per l’uomo, crea la percezione che la produzione sia sufficiente anche se non è vero. Per questo gli imperi crollavano in seguito alla svalutazione della moneta. Si intraprende una guerra che in realtà non ci si può permettere, cioè che porta via risorse alla produzione senza che questa sia sufficiente. Si guadagna di più facendo il soldato che il contadino, se lo stato può produrre denaro dal nulla per pagare i soldati, ma in realtà non ci sono abbastanza contadini. Si finisce, senza accorgersene, sviati da questo meccanismo diabolico, per consumare più di quanto si produce.

Tutti concordano quando espongo questo semplice principio: “Un uomo che diventa ricco si può comprare una bella macchina. Per questo molti uomini ricchi hanno una bella macchina. Ma questo non vuol dire che comprando una bella macchina si diventa ricchi!”

Sembrerebbe ovvio, non è così? Ma è proprio affermando il contrario, naturalmente in modo fumoso al punto giusto, che si vincono premi Nobel per l’economia e si raggiungono le più alte cariche nelle istituzioni statali. Il problema, purtroppo, è che  molti amano credere alle soluzioni "miracolose", e quindi si lasciano incantare dall'idea che la prosperità si possa ottenere con la spesa e l’espansione artificiale del credito.

Le banche centrali

La Scuola Austriaca è l’unica scuola di pensiero economico che da sempre identifica nelle banche centrali la causa principale dei mali economici nell’era moderna. Nessuna altra scuola di economia, per quanto a parole favorevole al libero mercato, sostiene che la libertà andrebbe estesa al sistema monetario, o che almeno il potere della banca centrale andrebbe tenuto a freno da uno standard aureo rigoroso.

Fino a poco tempo fa, l’opinione pubblica non prestava molta attenzione a queste istituzioni chiuse in torri d’avorio. Era raro sentire critiche alla banca centrale tra la gente comune. Il tema raramente faceva capolino nelle discussioni politiche. Tutto ciò sta rapidamente cambiando, in buona misura grazie al movimento scaturito dalle campagne presidenziali di Ron Paul.

Nel seguito si farà riferimento in modo particolare alla Federal Reserve, ma quasi tutte le banche centrali moderne, pur differendo nella loro storia e anche nella loro politica attuale, hanno le stesse caratteristiche. Le banche centrali sono istituti di proprietà a maggioranza privata, facente capo alle stesse famiglie di banchieri praticamente in tutto il mondo, che ricevono dal governo la prerogativa di essere l’unico istituto a poter decidere l’entità di money supply, cioè la quantità di denaro emesso. Le banche centrali operano teoricamente in completa indipendenza dal governo, nel senso che non devono rendere conto di quello che fanno, né sono soggette a regole di trasparenza; il governo ha l’unico ruolo di nominare chi sta a capo della banca centrale, cioè il governatore o chairman. La banca centrale - che è una istituzione molto diversa da una banca! - regola e supervisiona il funzionamento delle normali banche.

La Federal Reserve esiste dal 1913. Nella prima metà del diciannovesimo secolo, c’era stata per un periodo breve una banca centrale americana, soppressa dal presidente Jackson. Perché i banchieri tornarono alla carica, J.P.Morgan in testa, e a tutti i costi vollero la Federal Reserve? Murray Rothbard spiega, nel suo libro A History of Money and Banking in the United States, che Morgan e il suo collega banchiere John D. Rockefeller si resero conto che "l'unico modo per instaurare una economia cartellizzata, un'economia che assicurasse il loro duraturo dominio economico e alti profitti, sarebbe stato quello di usare il potere dello stato per stabilire e mantenere cartelli tramite coercizione. In altre parole, trasformare l'economia da quasi laissez-faire a statismo centralizzato e coordinato".

La Federal Reserve nacque dichiaratamente con il ruolo di “lender of last resort” (prestatore di ultima istanza). “Lender” per chi? Per le banche e per lo stato, naturalmente. I banchieri si garantirono così che non sarebbero falliti mai. Una ristretta elite si assicurò la socializzazione delle perdite, mantenendo privati i profitti ed espandendo la sua supremazia a dismisura.

Naturalmente non è questo che fu propagandato al pubblico. Fu detto che la banca centrale aveva la funzione di mantenere stabili i prezzi, di evitare i panici finanziari in seguito al fallimento di banche, e, colmo della beffa, di evitare il business cycle. Da quando c’è la Federal Reserve, il dollaro si è svalutato del 97% e ci sono state le peggiori crisi finanziarie della storia americana. La propaganda insiste sui “panici” del diciannovesimo secolo, in verità senza indagare troppo a fondo sulle loro cause, ma nessuno di quegli episodi ebbe effetti deleteri sulla crescita economica. Se una banca fallisce, è molto meglio per la società intera lasciarla fallire come per ogni altra impresa.

La possibilità di espandere il credito fa sì che le attività che ricevono denaro per prime siano favorite rispetto a quelle a cui il denaro “in più” arriva quando si è ormai svalutato. E' così possibile favorire una ristretta cerchia di imprese e attività rispetto a tutti gli altri.

I governi erano e sono ben contenti di poter contare su un’istituzione che all’occorrenza consente loro di espandersi e non dover affrontare gli effetti delle proprie azioni.

Non è difficile rendersi conto di quante e quali iniquità derivano dall’esistenza delle banche centrali con licenza di regolare la quantità di denaro. Verosimilmente non avremmo avuto due guerre mondiali senza le banche centrali che permettono di nascondere per un certo tempo il reale costo delle guerre, fino a quando non è troppo tardi; il controllo sui mezzi di informazione, sulle istituzioni accademiche e sulla politica diviene pressoché totale. (Consiglio vivamente di leggere il libro "End The FED" di Ron Paul a questo proposito.)

E' per questo motivo che è quasi universale convinzione che le banche centrali siano istituzioni indispensabili. Per questo quasi nessuno conosce l'opera di Ludwig von Mises, il più grande economista mai vissuto, cioè l'uomo che maggiormente ha contribuito alla comprensione delle universali leggi economiche, mentre sono acclamati economisti che dicono cose astruse senza nessun legame con la realtà. Per questo Ron Paul, il paladino della Costituzione americana, il politico contro le guerre di espansione che sempre portano alla rovina le grandi nazioni, e il politico più favorevole all'economia di libero mercato, è stato trattato dai media americani alla stregua di un lunatico.

Sarebbe difficile sovrastimare il ruolo che l'esistenza delle banche centrali e la natura della produzione del denaro giocano sul dare forma alla società, sulle nostre vite e pure su quello che crediamo di sapere. Mi sembra sia davvero il caso di prestarvi molta più attenzione, per poter tentare di "invertire la rotta", prima che la catastrofe economica in arrivo raggiunga dimensioni apocalittiche.

(Maria Missiroli)

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Introduzione all'economia

1. Cos'è l'economia

2. La teoria del valore

3. Il denaro

4. Il mercato

5. L'espansione del credito e il business cycle