di David Stockman (da The Ron Paul Institute, 6 maggio 2014)

Tra l'est e l'ovest dell'Ucraina giace una via storica, lastricata di sangue e di indicibile barbarie. Verso ovest attraversa la terra nera del granaio ucraino, inzuppata di sangue, dove fu commesso il più atroce crimine di Stalin - la crudele liquidazione di diversi milioni di contadini indipendenti e intraprendenti noti come Kulaki. Verso est segue le tracce della terra bruciata lasciata dalla Wehrmacht di Hitler, in marcia verso Stalingrado e verso il più barbaro assalto militare mai lanciato sulla popolazione civile di una grande città.

E lungo questo sentiero di dolore e carneficina si trovano ancora altri ricordi di atrocità storiche e dei conseguenti moventi di vendetta. L'ovest dell'Ucraina diede origine alla quinta colonna pro-nazisti di Stepan Bandera e alle sue legioni di collaboratori. Questi si unirono alla campagna di Hitler per lo sterminio di Stalingrado e uccisero centinaia di migliaia di ebrei e polacchi già che erano impegnati ad uccidere gli obiettivi principali, gli odiati russi.

Ma nell'est la popolazione russa ha le proprie ragioni per temere profondamente il colpo di stato nazionalista a Kiev. Non è solo perché i nazionalisti hanno cercato immediatamente di abolire il russo come lingua ufficiale e non è neanche perché gli orientali hanno ricordi della complicità dei Banderiti/Ucraini nell'assalto di Hitler alla madrepatria. Non è neanche a causa di oltraggiose provocazioni come quella della signora con la treccia, Yulia Tymoshenko, che è uscita di prigione durante il colpo di stato asserendo che 8 milioni di cittadini di lingua russa del suo paese "dovrebbero essere bombardati con bombe nucleari".

In realtà, molti dei russi nell'est - forse milioni - sono discendenti di estranei. Cioè, si trattava di russi reclutati per essere portati nel bacino del Donec per la brutale industrializzazione a marcia forzata dell'est, voluta da Stalin negli anni '30. L'obiettivo del tiranno del Cremlino era assicurarsi che la cintura di carbone e acciaio dell'impero sovietico fosse presidiata da braccia e schiene affidabili - lavoratori che erano inoltre soddisfatti di vedersi assegnare le case, i possedimenti e le fabbriche che erano appartenuti a nativi ucraini, a tartari, polacchi e altre minoranze mandate nei gulag.

E questa è solo la storia recente. Per secoli i territori ora compresi nei confini più recenti dell'Ucraina (1994) sono stati poco più che tortuose linee di demarcazione, per sempre in cerca di una carta geografica ridisegnata. Ciò era dovuto in parte alla sua posizione quale campo di battaglia di scontri tra imperi costantemente in avanzata o ritirata, inclusi l'Orda d'Oro, i Lituani, i Polacchi, il Khanato di Crimea, l'impero Ottomano, l'impero zarista russo e quello austriaco, tra gli altri; e al fatto che a causa di questi scontri essa divenne inevitabilmente un calderone di conflitti etnici tra cosacchi, polacchi, lituani, ruteni, tartari, russi, turchi e innumerevoli altri.

In tempi più recenti, oltretutto, non era necessaria grande capacità di osservazione per notare che non c'era alcun senso nell'immischiarsi nel caos senza speranza materializzato al confine della Russia. La realtà è che nella sua incarnazione post-sovietica l'Ucraina era divenuta uno stato pateticamente in rovina. La sua linfa economica era stata risucchiata completamente da una vera piovra vampira - la banda di circa 40 oligarchi che hanno letteralmente rubato le acciaierie, le miniere di carbone, le fonderie, le fabbriche di lavorazione dei metalli, la produzione di fertilizzanti, le fabbriche chimiche e anche quelle del cioccolato, che lo stato sovietico si era lasciato dietro.

E questo per non dire niente del fatto che questa terra depredata è ora attraversata dai gasdotti della Gazprom. Questi serpeggianti tubi di acciaio sono vitali per le economie dell'Europa occidentale e forniscono fino al 30% del gas alla Germania e all'Italia - e allo stesso tempo sono il tesoro nazionale del governo moscovita di oggi.

Allora, come mai assistiamo alla politica totalmente idiota di intervento e collisione attualmente perseguita da Washington e dai suoi servi europei? Quali generali in poltrona hanno concluso che l'alleanza militare della NATO dovesse essere spinta profondamente nel corridoio di nazioni ora non più prigioniere, quando non c'era più alcuna minaccia militare dall'ubriaca economia russa dell'era di Yeltsin? Inoltre, quella incursione inarrestabile è avvenuta in un modo palesemente arrogante. All'epoca dell'unificazione tedesca, il Segretario di Stato americano aveva usato parole senza traccia di ambiguità, promettendo a Gorbaciov che la NATO "non sarebbe avanzata di un centimetro verso est".

Quale palazzo di Bruxelles è giunto alla conclusione che il castello di debiti già barcollante noto come UE aveva bisogno di annettere un'altra nazione in bancarotta ai suoi confini orientali? Una nazione con 180 miliardi di dollari di PIL e 350 miliardi di dollari di debito totale pubblico e privato, con un'emorragia di conti esterni e che ha subito un incredibile calo del 50% di PIL reale pro-capite dall'epoca della sua "liberazione" nel 1992.

E in particolare, quali delinquenti minorili nel complesso formato da Dipartimento di Stato/National Endowment For Democracy/NGO hanno percepito che un putsch nelle strade di Kiev - pesantemente rafforzato da ruffiani Banderiti e russofobi nazionalisti - avrebbe reso anche di un soffio più sicuri i cittadini di Danbury (Conecticut), Lincoln (Nebraska) o Spokane (Washington)?

La risposta è facile. E' la stessa gente che ha scelto “Yats” per guidare un paese che aveva già un presidente costituzionalmente eletto. Sono gli stessi guerrafondai come John McCain, che si è fiondato sulle barricate di Maidan per farsi fotografare con i leader neofascisti di Svoboda e Right Sector.

Sono gli stessi strateghi della Casa Bianca che, mentre denunciavano Putin per avere presumibilmente inviato provocatori russi nelle città orientali, hanno inviato il direttore della CIA in missione "segreta" nella capitale ucraina per incontrarsi con i leader del colpo di stato, le cui iniziali azioni anti-russe hanno istigato le proteste ad est allora in corso. Ma cosa ci può aspettare di diverso da un governo che ha già scatenato le competenze di base della CIA - cioè la destabilizzazione di intere regioni - su Libia, Egitto e Siria, per citare i fiaschi più recenti.

E apparentemente sono stati gli stessi geni a paracadutare ora nella polveriera di una nazione che si sta disintegrando "dozzine di specialisti di CIA e FBI per consigliare il governo ucraino".

Da AFP:

Citando fonti anonime della sicurezza tedesca, Bild am Sonntag scrive che agenti della CIA e dell'FBI stanno aiutando Kiev a mettere fine alla ribellione nell'est dell'Ucraina e a stabilire una struttura di sicurezza adeguata.

Gli agenti non sarebbero direttamente coinvolti nei combattimenti contro i militanti filo-Russia. "La loro attività è limitata alla capitale", scrive il periodico.

Gli agenti dell'FBI stanno aiutando il governo di Kiev a combattere il crimine organizzato, aggiunge il Bild. E  un gruppo specializzato in materia finanziaria avrebbe il ruolo di aiutare a rintracciare la fortuna dell'ex-presidente Viktor Yanukovych.

Come può essere mai contemplato qualcosa di così stupido? In una situazione che richiede disperatamente di disinnescare le tensioni e di cessare le tattiche aggressive, il dilettante nell'Ufficio Ovale manda le squadre anti-terrorismo dell'FBI! E precisamente come potrebbero questi esagitati da Quantico [N.d.T.: sede principale dell'FBI, in Virginia] conoscere la differenza tra terroristi russi e miliziani del Right Sector che si atteggiano a “samooborona”?

In soldoni, ecco qui il problema. Washington galleggia in un mare di prosperità reminiscente della Roma imperiale. Riflette il fatto che sul vasto apparato della vecchia guerra fredda è stato aggiunto uno strato di enorme espansione scaturente dalla Guerra al Terrore. Le politiche quindi hanno luogo perché il nostro Warfare State, enormemente accresciuto e totalmente non necessario, ha bisogno di missioni, obiettivi e ragioni di esistere.

Ripubblicato su ronpaulinstitute.com con permesso da David Stockman's Contra Corner.
(Tradotto da me senza permesso, non credo che David Stockman se ne abbia a male! MM)

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[La frase più significativa, di un articolo tutto comunque molto istruttivo, è l'ultima. Una volta costruiti degli apparati militari di enormi dimensioni, difficilmente questi si rassegnano ad essere smantellati e a perdere potere e l'assegnamento di enormi risorse. Il denaro di cui dispongono è utilizzato in buona parte per diffondere la propaganda necessaria ad acquisire il consenso dell'opinione pubblica.
Ed ecco quindi la indicibile ragione alla radice di guerre, morti, sofferenze, sprechi, miserie: un apparato militare deve avere qualcosa da fare per sopravvivere. La ragione, la compassione o l'interesse delle popolazioni non hanno alcun ruolo. MM]